Spiccioli di spiritualità/ Focus sulle reliquie cristiane

A cura di Michele Pugliese

Per il consueto numero domenicale della rubrica “Spiccioli di spiritualità” diretta dal prof. Pasquale Vitale, il prof. Michele Pugliese ci parla delle reliquie cristiane

Secondo il vocabolario on-line Treccani le reliquie sono i resti mortali del corpo dei martiri della fede, gli strumenti del loro martirio e quelli della passione di Gesù. Così abbiamo la lingua di Sant’Antonio da Padova, il dente di Sant’Apollonia (che non a caso è patrona dei dentisti), il sangue di San Gennaro, la testa di San Giovanni Battista (conservata nella chiesa di San Silvestro in Capite a Roma, ma manca la mandibola, che è nella cattedrale di San Lorenzo a Viterbo). Ci sono poi anche i corpi interi dei santi, come quello di Santa Caterina da Bologna, la monaca appartenente all’ordine delle Clarisse Francescane morta nel 1463 e il cui corpo intatto siede nella Chiesa del Corpus Domini di Bologna, come se si fosse assopita su una sedia.
Poi ci sono gli oggetti, come il bastone di San Giuseppe, custodito sulla collina di San Potito a Napoli. Sarebbe il famoso bastone che Giuseppe portò con sé quando andò a chiedere in sposa Maria il quale per incanto fiorì nel momento in cui Giuseppe chiedeva la sua sposa.
Nella cattedrale di Sant’Agata a Catania è custodito il velo che una donna avrebbe steso per preservare il corpo della santa dal martirio sulle braci ardenti, così pure è custodita una delle sue mammelle. L’altra è a Gallipoli.
Nella Basilica di S. Anastasia al Palatino sono custodite da oltre 1600 anni il velo della Madonna e un pezzo della veste di San Giuseppe. Sarebbe stato San Girolamo a portarle a Roma, di ritorno da uno dei suoi viaggi apostolici in Terra Santa.
A volte la reliquia è costituita da un’intera casa, come quella della Madonna, che miracolosamente è giunta nella città marchigiana di Loreto, portata in salvo, secondo la leggenda, dagli angeli mentre gli infedeli imperversavano in Terra Santa.
L’elenco delle reliquie è sterminato e, al di là della veridicità storica delle stesse, stanno a testimoniare la fede di tanti cristiani che hanno manifestato in questo modo la loro devozione. Ma mi voglio soffermare su delle reliquie molto particolari, quelle ritrovate da Sant’Elena, la madre dell’imperatore Costantino, che, già molto anziana, s’imbarcò per Gerusalemme. Prima di morire voleva andare a pregare nei luoghi dove Gesù era nato, era vissuto, era morto ed era risorto. Sant’Ambrogio scrive di lei: “Si recò dunque sul Golgota, i soldati videro quella vecchia donna aggirarsi e inginocchiarsi tra le macerie. Disse Elena: Io sono sul trono e la croce del Signore nella polvere? Io sono in mezzo all’oro e il trionfo di Cristo tra le rovine”.
Ritrovata parte del legno della croce di Cristo e altre reliquie della passione, Elena volle che fossero portate a Roma e poste nel Palatium Sessionarium, la sua residenza imperiale, parte della quale fu trasformata in Basilica, da cui il nome di Basilica Sessoriana. A fondamento della basilica fece porre la stessa terra del Golgota. All’interno della basilica ancora oggi sono visibili in un’urna di vetro tre frammenti del legno della croce, parte dell’iscrizione che Pilato fece apporre sopra la croce e uno dei chiodi della crocifissione. La basilica – chiamata anche Sancta Hierusalem – è stata per secoli in Occidente il luogo privilegiato delle celebrazioni liturgiche della settimana santa. Fino all’esilio avignonese dei Papi, il Pontefice in persona, a piedi scalzi, si recava in processione dalla Basilica Lateranense alla Basilica Sessoriana per adorare le reliquie.
Ma come avvenne il ritrovamento della croce? Dai Vangeli risulta che il corpo di Gesù venne deposto in un sepolcro di un certo Giuseppe d’Arimatea. I testi sacri però non fanno cenno a tutti gli strumenti della crocifissione che, secondo l’usanza degli ebrei, vennero sotterrati in un luogo vicino al sepolcro, perché disonorati dell’uso che ne era stato fatto. Però, su quella terra i primi cristiani venivano a inginocchiarsi e a pregare. Allora – come ricorda lo storico Rufino – l’imperatore Adriano volle cancellare il luogo della Redenzione e ne decretò la profanazione facendo costruire due templi: uno dedicato a Giove sul santo sepolcro e uno dedicato a Venere sulla fossa della croce, per cui in questo modo contrassegnò in modo preciso e indelebile i due luoghi santi per i cristiani. Molti anni dopo, per intercessione della madre Elena, l’imperatore Costantino, quello che concesse la libertà di culto ai cristiani, fece demolire i due templi pagani e fece erigere sul posto una Basilica, che fu consacrata nel 335. Fu durante i lavori di demolizione dei due templi, che Elena giunse a Gerusalemme e ritrovò le sante reliquie. Così parte della croce e altre reliquie furono portate a Roma, città che da pagana divenne “santa”, anche per l’intervento di una donna.