Spiccioli di spiritualità/ Breve storia del Natale

A cura di Pietro Salvatore Reina

In aggiunta all’appuntamento domenicale con la rubrica “Spiccioli di spiritualità”, diretta dal prof. P. Vitale e curata dal prof. Michele Pugliese, pubblichiamo questo articolo del prof. Pietro Salvatore Reina sulla storia del Natale

La nascita di Gesù è di fondamentale importanza, non solo dal punto di vista religioso ma anche storico. Per collocare qualunque evento, si iniziano a contare gli anni dalla sua nascita. Gesù è posto al centro del tempo. La sua nascita ha «spezzato» in due il corso della storia dell’umanità. Santo Mazzarino, il più brillante storico dell’antichità classica, nel primo volume de L’impero romano (p. 164) scrive: «l’esistenza storica di Gesù̀, nel quadro e nell’ambiente che abbiamo delineato sopra (l’epoca giulio-claudia), è in verità̀ innegabile».

Ma cos’è davvero, in profondità, il Natale cristiano? Le sue origini sono antichissime. I seguaci e i discepoli di Gesù, ancora prima di essere chiamati «cristiani» – è questo per la prima volta avvenne nella città di Antiochia (Atti degli apostoli, 11) – scelsero un giorno «simbolico e significativo» per celebrarne la nascita. Nei primi due secoli la data non era ancora la stessa per tutti i luoghi: in Oriente alcuni la celebravano il 20 maggio, altri il 20 aprile; in Occidente in alcune zone il 28 marzo, in altre regioni già il 25 dicembre, il giorno della festa del solstizio d’inverno e dell’approssimarsi della primavera. Una festa caratterizzata da un’incontenibile gioia.

Solo dopo il Concilio di Nicea (325), e più precisamente tra il 325 e il 354, la Chiesa antica fissa la solennità del Natale. L’esistenza della festa dedicata al Sol invictus e il cambiamento del tempo, apportato dal solstizio d’inverno, spiega, in Occidente, la fissazione della data del Natale.

Nei primi secoli dellera cristiana o volgare la solennità più importante è la Pasqua, la festa cristiana per eccellenza.

La crisi economica, sociale e politica del III secolo genera un senso di insicurezza generale che accelera la ricerca di nuove esperienze filosofiche e religiose. Grande successo riscuotono i culti orientali, che offrono una salvezza, un’idea di salvezza, individuale oltre la morte. Dall’Egitto si diffondono il culto di Iside e Osiride, dall’area mesopotamica quello di Mitra. In questo clima inizia a diffondersi il Cristianesimo che in breve tempo acquista una travolgente risonanza.

L’imperatore Eliogabalo (218-222) tenta di imporre il culto del dio del Sole di cui è sacerdote. Nell’anno 271 l’imperatore Aureliano proclama il culto del Sol Invictus come religione ufficiale di tutto l’Impero romano. È il 25 dicembre del 274 gli dedica un tempio. Ma è l’imperatore Costantino a decretare la nascita del Natale in Occidente. Nel mondo cristiano forte è il riferimento alle profezie di Malachia (3,20): «Per voi invece, cultori del mio nome, sorgerà il sole di giustizia con raggi benefici e voi uscirete come vitelli di stalla».

Nella Depositio Martyrum scritta nel 336, un primo tentativo di calendario liturgico, si legge espressamente che a Roma la festa del Natale viene celebrata il 25 dicembre. La stessa notizia si rileva nel Cronografo dell’anno 354 (Chronographus anni CCCLIIII. Ferialae Ecclesiae Romanae) nel quale si legge che Gesù Cristo nasce nell’«VIII Kal. Ian. (Die Octavo ante Kalendas Ianuaris) in Betleem», cioè il 25 dicembre. Un’altra conferma ci viene data da un discorso di papa Liberio (352- 366).

Questa data fu scelta perché già vi si festeggiava la festa del Sol invictus, il «sole mai vinto», che proprio nei giorni successivi al solstizio d’inverno sembra riprendere le forze e ricomincia a salire l’orizzonte. Infatti, non è un caso che uno tra i più antichi mosaiciscoperti sotto la basilica di san Paolo a Roma e nella basilicacostantiniana di san Pietro si rappresenti Cristo-Helios, Cristo/Sole sul carro trionfale (cfr. vedasi mosaico allegato).

Alla fine del V secolo il Natale già segnava l’inizio dell’anno liturgico. Nel 529 l’imperatore Giustiniano lo dichiara giorno festivo, senza lavoro. È da allora che la solennità del Natale si è diffusa progressivamente in tutta Europa e non solo. Una diffusione che accompagna, contestualmente, l’evangelizzazione. Anche la Riforma protestante lo mantiene tra le sue feste, anche se con una diversa liturgia rispetto a quella cattolica. Invece, l’Oriente cristiano sposterà l’accento sull’Epifania (ἐπιφάνεια, «manifestazione»), di Gesù ai pagani, una solennità collocata sempre nel tempo liturgico del Natale.

Fu, poi, papa Gregorio Magno (540 ca – 604) a stabilire in quattro settimane il tempo di Avvento in modo da racchiuderlo nel mese di dicembre.

Ma cosa dicono i Vangeli dell’evento fondante questa festa? È soprattutto il racconto di Luca a parlarci della nascita avvenuta a Betlemme attorno al 7 a. C., quando Giuseppe assieme alla sua promessa sposa Maria risale al paese di cui è originario, per ottemperare al censimento ordinato da Quirino, procuratore della Giudea. Un censimento di cui ci parla anche lo storico ebreo Giuseppe Flavio (37-100 ca), nelle Antichità giudaiche (XVIII). La redazione scritta dei Vangeli ha una «preistoria» almeno orale che a partire dalla Pasqua dell’anno 30 prende forma in una tradizione volta a salvaguardare e trasmettere la memoria del Gesù terreno» (R. Penna, Le prime comunità cristiane, p. 14).

In ebraico il toponimo Betlemme (Beth-Lehem) – che dista solo 10 km a sud di Gerusalemme – significa, in ebraico, «casa del pane», invece, in arabo «casa della carne». Gesù è nato qualche tempo prima della morte di Erode in un arco di tempo compreso tra il 7 e il 5 a.C infatti secondo l’errato computo degli anni del monaco Dionigi il Piccolo, originario della Scizia ma vissuto lungamente a Roma, Gesù sarebbe nato il 25 dicembre dell’anno 753 mentre in realtà si tratterebbe dell’anno 749.

È nel IV secolo che la Chiesa sceglie come data il 25 dicembre. Quattro giorni dopo il solstizio di inverno (21 dicembre) durante il quale nell’antica Roma si celebrava la festa del Sole invictus, una festa, questa del Natale del Sol invictus, fissata, nel 274 a.C., dall’imperatore Aureliano.

La più antica o una delle più antiche rappresentazioni iconografiche del presepe e/o della Natività si trova in Sicilia, al Museo Archeologico «Paolo Orsi» di Siracusa: il sarcofago di Adelfia (IV sec. a.C.), si veda allegato. In uno dei due lati di questo sarcofago che accoglie le spoglie mortali di Adelfia, la moglie del conte Valerio, si riconoscono i tre Re Magi che visitano il piccolo Gesù avvolto in fasce tra il bue, l’asinello, Maria e Giuseppe.

Il primo presepio napoletano, realizzato con figure di legno a grandezza quasi naturale, è opera dei fratelli Giovanni e Pietro Alemanno nel 1470. È san Gaetano di Thiene, che all’inizio del Cinquecento, immette nel presepe personaggi secondari, vestititi secondo le fogge dell’epoca.

Il «messaggio di pace del Natale ci costringe a fare i conti con la violenza delle nostre civiltà» (René Girard). Il significato religioso prima dell’Incarnazione e poi della Natività reggono e possiedono l’evoluzione artistico-letteraria della nostra cultura fin da quel primo affresco della Natività, del III secolo, che riluce nelle Catacombe di Priscilla a Roma. Da allora non c’è artista (Giotto, Botticelli, Leonardo, Caravaggio, Rubens, e tantissimi/e altri/) che non abbia rappresentato questi due ««momenti» – appunto l’Incarnazione e la Natività – di Grazia. Nell’opera dantesca – Convivio (IV, V, 3) e Monarchia (I, XVI, 2) – ma soprattutto nella Commedia l’evento e mistero dell’Incarnazione riveste un ruolo fondamentale. L’atto d’amore dell’Incarnazione (Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis, Gv 1,14) viene delineato nel canto VII del Paradiso, v. 30:

«al Verbo di Dio discender piacque».

Un altro riferimento al Natale è nel canto XX (vv. 22-24) del Purgatorio: «

Povera fosti tanto,                                                                                                                                                                 quanto veder si può per quello ospizio                                                                                                 dove sponesti il tuo portato santo».

Nell’inno sacro Il Natale, Alessandro Manzoni riprenderà il vocabolo «portato» per indicare il «bambino» della partoriente.

Il primo presepio napoletano, realizzato con figure di legno a grandezza quasi naturale, è opera dei fratelli Giovanni e Pietro Alemanno nel 1470. È san Gaetano di Thiene, che all’inizio del Cinquecento, immette nel presepe personaggi secondari, vestititi secondo le fogge dell’epoca.

La nascita di Gesù «realizza il miracolo dell’Incarnazione e in esso dovremmo imparare a vedere una promessa di salvazione del mondo dalla brutalità e dalla violenza della morte».