Il libro ” Lo Stato del potere – Politica e diritto ai tempi della post-libertà” e’ una gemma da custodire per tutti coloro che in questo tempo vocato a fake news e alla lettura approssimativa di ogni accadimento volessero conoscere con dettagli e riferimenti storici lo stato di profondo disfacimento del rapporto tra democrazia e capitalismo. L’autore e’ Carlo Iannello, professore di Diritto dell’ambiente e Diritto pubblico presso l’Università degli Studi di Napoli “Luigi Vanvitelli”. Giovedì 20 febbraio presso il Dipartimento di Scienze politiche della stessa Università l’autore ha presentato il testo a dottorandi e dottorande, in un interessante e serrato confronto seminariale con il professore Diego Giannone, il ricercatore Adriano Cozzolino, l’Assegnista di ricerca Fabio Carbone.
Il grande contributo del testo di Carlo Iannello risiede, oltre che nell’offrire una lettura inedita e audace nelle sue tinte radicali del tramonto del costituzionalismo moderno, nel linguaggio accessibile a tutti e nella ricchezza notevole delle fonti con cui quella lettura viene offerta al grande pubblico e non solo ad accademici.
Il pregio di una periodizzazione accurata delle fasi di trasformazione della sovranità statuale si coniuga con una limpida focalizzazione della contemporanea metamorfosi della sovranità popolare, logorata dall’esplosione di nuovi poteri indiretti, dalla perdurante crisi dei partiti politici e degli stessi corpi intermedi, dall’indebolimento dello Stato sociale. Si assiste pertanto più che ad una crisi del neoliberalismo, ad un suo salto di qualità in termini totalitari.
Lo Stato non e’ “scomparso” ma si è trasformato: non adempie più alla tutela di quello che un tempo venivano chiamati i diritti naturali dei cittadini (quelli individuali del primo costituzionalismo o anche quelli sociali del costituzionalismo novecentesco), ma diventa stampella nella creazione dell’ordine giuridico del mercato.
In sostanza si consolida “una inedita forma di neodirigismo” (diverso da quello di fattura socialdemocratica) che punta alla centralizzazione dei capitali e alla simultanea neocentralizzazione dei luoghi decisionali. Il liberalismo non piú solo sistema economico, ma un vero e proprio progetto di ingegneria sociale che rende ogni struttura politica performante per il mercato, degradando ogni intermediazione democratica. Cosa rimane allora della democrazia rappresentativa?Le origini e gli sviluppi della distanza sempre piú grande tra professionisti della politica e cittadini sembrerebbe alimentare la nascita di movimenti e governi di stampo populista che, in ultima analisi, esprimono tuttavia prospettive illusorie e contraddittorie. Al centro della riflessione a cui conduce il testo l’amara constatazione di quanto pregnante sia uno dei maggiori punti di forza del neoliberalismo, infarcito di emergenzialismo: aver condotto l’individuo ad introiettare la logica del mercato e a comportarsi in accordo ad essa tramite l’impiego di tecnologie disciplinari che non si presentano agli occhi di chi le subisce come limitazioni della propria libertà ma come strumenti di difesa e garanzia della libertà individuale. Così emerge una spietata descrizione della inevitabile condizione di sfruttamento della libertà imposta agli individui dal dominio della razionalità neoliberale contrapposta purtuttavia alla natura umana che si vede assoggettare al principio della massimizzazione delle risorse non solo economiche, ma biologiche, cognitive ed emotive dell’individuo in base agli standard posti dall ‘ambiente competitivo in cui la sua vita si svolge. La premessa e l’esito di questo perenne stato di concorrenza e’ la diseguaglianza. La vera sfida sarà per il capitale umano riappropriarsi della sua dimensione di demos nella declinazione di solidarietà sociale ed uguaglianza.
“La riemersione del conflitto sociale potrebbe rappresentare un terreno fertile affinché i partiti ricomincino a interpretare i bisogni delle persone in carne ed ossa, le finalità sociali e gli interessi collettivi – ha sostenuto Carlo Iannello – invertendo il dominio dell’economia e il processo di corrosione della democrazia”.