Una sentenza del Tribunale di Novara ha stabilito un precedente significativo. Una Rsa è stata condannata a risarcire con 5mila euro una donna alla quale, nel pieno della pandemia, era stato impedito di vedere per l’ultima volta il marito ricoverato nella struttura. I fatti risalgono a gennaio 2021, quando l’emergenza sanitaria aveva imposto rigide misure di contenimento, spesso applicate in modo uniforme e senza margini di flessibilità.
L’azione legale e la decisione del Tribunale
La donna aveva citato in giudizio la struttura sanitaria non ospedaliera, sostenendo di aver subito un grave danno affettivo. Le era stato impedito di dare l’ultimo saluto al coniuge morente. Il Tribunale ha accolto la sua domanda. Ha, infatti, riconosciuto il cosiddetto “danno da mancato commiato”, ovvero la lesione del diritto relazionale e affettivo che accompagna il momento della perdita.
Un precedente con valore simbolico
Il giudice ha ritenuto che la struttura avesse il dovere di contemperare le esigenze sanitarie con il rispetto dei diritti fondamentali della persona e dei legami familiari. La sentenza assume una portata simbolica importante. La sofferenza umana viene così riconosciuta non solo per la malattia e dal lutto, ma anche per le limitazioni imposte in modo rigido e, talvolta, disumano.
Il danno da mancato commiato
Con questa espressione la giurisprudenza individua una particolare forma di danno non patrimoniale. Ed è quello che deriva dalla violazione del diritto di poter accompagnare e salutare un proprio congiunto in punto di morte. È riconducibile ai principi costituzionali di tutela della dignità umana e dei rapporti familiari. La mancata possibilità di un commiato rappresenta così una lesione autonoma, distinta dal dolore per la perdita. Il risarcimento, come in questo caso, non mira a “compensare” la perdita, ma a riconoscere il torto subito per l’impedimento ingiustificato di un gesto umano fondamentale.
(Foto IPA)