Spiccioli di spiritualità, i veli islamici

A cura di Michele Pugliese

Per il consueto numero domenicale della rubrica “Spiccioli di spiritualità”, diretta dal prof. P. Vitale, il prof. Michele Pugliese ci parla dei veli islamici

È notizia di pochi giorni fa che il sindaco di Trino, piccolo comune in provincia di Vercelli, in Piemonte, ha emanato un’Ordinanza che introduce, con effetto immediato, il divieto di indossare qualsiasi indumento o accessorio che renda irriconoscibile il volto nei luoghi pubblici o aperti al pubblico sull’intero territorio comunale. Il divieto riguarda, a titolo esemplificativo: niqab, burqa, passamontagna, maschere integrali, caschi con visiera oscurata (salvo durante la guida).
A questa ordinanza ha fatto riscontro un comunicato dell’Associazione Culturale Islamica Trinese ‘Al Ferdauss’ che ha lamentato non il merito dell’ordinanza, in quanto non fa altro che ribadire una normativa che già esiste livello nazionale, quanto il tono della stessa, che ne giustificava l’emanazione anche per motivi di carattere discriminatorio verso le donne musulmane, in particolare quando si fa riferimento alle donne che indossano il niqab o il burqa come a soggetti ‘segregati’ o ‘privati della dignità’, ignorando il fatto che molte di esse scelgono liberamente e consapevolmente di indossare determinati abiti per motivi religiosi, identitari o culturali.
La notizia mi dà il destro di fare chiarezza sui numerosi tipi di velo islamici che usano le donne. Sono di vari tipi e alcuni coprono solo i capelli (hijab), altri tutto il viso tranne gli occhi (niqab), e altri ancora coprono anche gli occhi lasciando solo una piccola grata per vedere (burka). Vi è poi il ‘chador’, un ampio mantello che copre il corpo, indossato principalmente in Iran, lasciando il viso scoperto, l’al-amira’, un velo a due pezzi, composto da un cappuccio aderente e un foulard tubolare, lo ‘shayla’, una lunga sciarpa rettangolare avvolta intorno alla testa e fermata con una spilla sulla spalla.
Il velo islamico può avere diversi significati. Per alcune donne, è un modo per adempiere a un precetto religioso, per altre rappresenta un elemento importante della propria identità culturale e tradizionale. Alcuni interpretano il velo come un modo per preservare la modestia e il pudore, ma per molte donne musulmane indossare il velo è una scelta personale e un atto di autodeterminazione. Infatti, il velo non è obbligatorio per tutti i musulmani, ma è una pratica diffusa in diverse comunità e culture, con diversi gradi di costrizione e velatura più o meno integrale.
Il velo islamico è spesso oggetto di dibattito e controversie, sia in paesi a maggioranza musulmana che in Occidente. Alcune persone lo vedono come un simbolo di oppressione e sottomissione femminile, mentre altre lo considerano una scelta personale e un’espressione di identità religiosa. Il dibattito è spesso legato a questioni di libertà religiosa, integrazione culturale e diritti delle donne.
Ma il velo c’entra qualcosa con la religione islamica? Praticamente niente. Il Corano e la Sunna, le principali fonti del diritto islamico, non impongono esplicitamente l’obbligo di indossare il velo, ma richiedono sia agli uomini che alle donne di vestirsi in modo modesto e decoroso, coprendo le parti del corpo considerate sacre. Alcuni credono che il velo sia un comandamento religioso, ma abbiamo visto come non lo è, a meno di una interpretazione molto estensiva del concetto di decoro stabilito nel Corano e un po’ in tutte le religioni, mentre altri lo vedono come una pratica culturale o una scelta individuale. Esso può essere interpretato come un simbolo di modestia, rispetto, identità religiosa e appartenenza alla comunità musulmana.
Del resto anche nella tradizione cattolica, il velo, indossato dalle donne, è un simbolo di rispetto, modestia e devozione, con radici che affondano nella Bibbia e nella tradizione della Chiesa primitiva. Per molti ordini religiosi femminile è obbligatorio e nel passato molte donne entravano in chiesa coprendosi il capo, in segno di rispetto per Dio, perché la capigliatura femminile era vista come simbolo di vanità che poco si addiceva entrando in un luogo sacro.
Il velo è menzionato nell’insegnamento di San Paolo (1 Corinzi 11,2-10), che lo considera un segno di rispetto per Dio e per gli angeli durante la preghiera. I primi cristiani, seguendo l’insegnamento dell’apostolo, usavano il velo come segno di modestia e rispetto per la sacralità della liturgia simboleggiando la riverenza verso Dio, la protezione e la purezza, ed è anche legato alla figura della Vergine Maria, spesso raffigurata velata. Molte donne ancora oggi, soprattutto in contesti liturgici tradizionali, continuano a indossare il velo, come segno di rispetto e partecipazione alla liturgia.
In conclusione possiamo dire che il velo nella tradizione cattolica e musulmana esprime un segno di devozione verso la divinità e il luogo, oggi in ambiente musulmano anche un segno di appartenenza culturale. Siccome abbiamo visto che esistono diversi tipi di velatura, occorre distinguere tra quelli che esprimono un semplice segno di appartenenza e devozione, tra quelli che impongono una velatura più o meno totale del viso, che contrastano con le leggi dei sistemi normativi occidentali, e che spesso sono lesivi della dignità delle donne. In ogni caso si tratta di segni esteriori che possono essere motivo di devozione e di appartenenza, ma forse la cosa più importante è la purezza del cuore, cioè a quello stato interiore di integrità e rettitudine, caratterizzato da intenzioni sincere e amore per Dio e per il prossimo, che va al di là delle manifestazioni esteriori della propria religiosità. E questo vale sia per il cristianesimo che per l’islamismo.