Di Michele Ventrone
Nel 1935 si registra la costruzione dello stadio “Alberto Pinto”, che farà da cornice alle partite casalinghe della Casertana fino ai giorni nostri. L’autore fu il podestà di Caserta per il PNF Ludovico Ricciardelli. Dopo alcuni anni di anonimato, sostanzialmente la squadra gioca campionati regionali di poco conto alternati a periodi di inattività. Nel 1936 la società prende il nome di Associazione Calcio Caserta, poi l’anno dopo Unione Sportiva Casertana giocando comunque discreti campionati regionali. In particolare, il terzo posto del torneo 1940/41 fornisce ai “falchetti” l’ammissione alla serie C nazionale per ripescaggio, dopo rinuncia all’iscrizione del Gladiator. Il tempo di partecipare ai due campionati 1941/42 e 1942/43, conclusi a metà classifica, e arriva anche per il calcio la sospensione delle attività per la guerra, la follia più brutta che arriva così a rovinare il gioco più bello. Alla ripresa, parliamo del 1945, i rossoblù hanno la possibilità di giocare il campionato campano a cui partecipano anche Napoli e Salernitana. Proprio contro gli acerrimi rivali granata avviene un evento increscioso. A Caserta, sul campo di via Roma, sul punteggio di 3 a 1 per gli ospiti e dopo l’annullamento di un gol ai “falchetti”, il rossoblù Mario Fusco arriva a schiaffeggiare l’arbitro. Non contento, chiede l’invasione dei propri tifosi. Risultato? Fusco squalificato a vita, anche se poi la squalifica verrà ridotta ad un solo anno.
Prossimo appuntamento con “Quella volta che…” il 15 novembre.