Natale, festa delle luci, che spesso offuscano gli invisibili.

Alza gli occhi, e guarda lassù è Natale non soffrire più...

Alza gli occhi, e guarda lassù è Natale non soffrire più”, così scriveva nel lontano 1940 Irving Berlin, un compositore figlio di una coppia ebrea, nato in Bielorussia, da dove i suoi genitori furono costretti ad emigrare verso l’America, quando lui aveva solo cinque anni. Irvin il cui vero nome era Izrail, è ricordato per la sua celeberrima canzone di Natale White Christmas, (in italiano Bianco Natale), ma fu un compositore molto prolifico, che scrisse quello, che è considerato il secondo inno americano, ovvero God Bless America, per questo, l’America gli ha tributato due importanti onorificenze, prima che morisse nel 1989, all’età di 101 anni. Nel 1954, il Congresso degli stati uniti l’ha omaggiato della Medaglia d’oro e nel 1977 della Medaglia Presidenziale della Libertà «Per il contributo dato alla musica e alla cultura degli Stati Uniti d’America».

Ritorniamo agli utopistici versi della canzone di Berlin, “è Natale non soffrire più”, ma nel prosieguo scrive anche di “è Natale spunta la Pace Santa”, purtroppo sono trascorsi più di 80 anni da quel 1941 in cui il celebre, Bing Crosby rendeva famosa questa lirica nel film “La Taverna dell’Allegria” film, che era in proiezione nelle sale cinematografiche, nello stesso periodo in cui gli stati uniti d’America subivano il più alto affronto militare; l’attacco di Pearl Harbor da parte dei giapponesi. Si narra, che nei giorni successivi all’attacco l’esercito statunitense, mandò diverse volte in diffusione “White Christmas” per dare una sorta di atmosfera di casa ai superstiti e in ricordo dei caduti dell’attacco.

Purtroppo, come spesso accade la storia non insegna, non dirime l’egoismo, non attenua, i rancori, l’odio e non sfama la sete di potere degli uomini. Oggi come allora la barbarie regna sovrana nel mondo, con le tante, troppe guerre ancora in corso nel modo per la sete di potere di pochi, come quelle in Africa, in Ucraina o quella in medio oriente. L’odio razziale la fa da padrona e spesso anche in popoli che hanno tanto sofferto, come quello tedesco, ungherese, polacco, francese e non ultimo quello italico, si tende ad alimentare la prevaricazione e l’odio, soprattutto verso chi ha avuto la sfortuna di vedere la luce in terre diverse dalle nostre. Ritengo anacronistico anche l’offesa e la denigrazione, che gli ultrà perpetrano nei confronti di tifosi avversari o chi in nome di una diversa fede politica, attua delle forme violente nei confronti di quanti hanno idee contrapposte. Grave, è diventare violenti o intolleranti per una diversa fede religiosa, ma ancor di più nel nome di un falso buonismo, divenire intolleranti alla storia alle tradizioni e alle culture del posto.

Sembra, che ogni momento e ogni occasione sia buona cosa, per far manifestare una presunta superiorità, che si traduce spesso, troppo spesso, in violenza. Anche la violenza di genere, deriva da una esaltazione delle proprie idee, che i prepotenti ritengono legittima in nome di una mera superiorità muscolare. Esiste poi un’altra forma di intransigenza e di settarismo, che molti attuano anche senza una volontà diretta. Spesso, restiamo ciechi alle evidenze, tante persone vivono ai margini della società, consumano la loro vita nelle strade, aiutati a volte da persone caritatevoli o da un volontariato invisibile a molti. Ci sono poi casi che fanno riflettere, pochi giorni fa mi sono imbattuto per caso in una situazione paradossale e drammatica allo stesso tempo, che mi ha lasciato sconcertato, un uomo di 35 anni, origini tunisine, vive e dorme letteralmente in un vano contatore del gas, si avete letto bene, nel vano, che contiene un grande contatore del gas nelle adiacenze di uno stabile pubblico. Da un buco nel muro di una strada periferica, mi sarei atteso l’uscita di un ratto, ma non la richiesta dell’orario.

Tanti invece si accucciano avvolti dalle loro coperte sotto, tettoie o in angoli poco frequentati. Ogni giorno ci passiamo accanto, ma è come se fossero invisibili ai nostri occhi, che spesso, puntando allo schermo di uno smartphone non ne rilevano neppure la presenza. Spero, che un giorno, come dice la canzone, tutti possano alzare gli occhi e sperare di non soffrire più, in un mondo privo di sopraffazione e di egocentrismi, privo di cattiveria e finalmente pieno di generosità.