Cinque giornalisti di Al Jazeera uccisi nell’attacco mirato dell’esercito israeliano

In un raid devastante nei pressi dell’Ospedale al‑Shifa a Gaza City, cinque giornalisti di Al Jazeera hanno perso la vita, vittime di un attacco che il network definisce preordinato, volto a zittire le voci libere che documentano la tragedia del territorio.

Una tenda adibita a postazione stampa ieri è stata colpita a Gaza da un bombardamento dell’esercito israeliano. L’attacco ha causato la morte di Anas al‑Sharif, corrispondente di 28 anni noto per la sua copertura instancabile dal nord di Gaza. Con lui sono rimasti uccisi altri quattro giornalisti, i suoi colleghi Mohammed Qreiqeh, Ibrahim Zaher, Mohammed Noufal e Moamen Aliwa, più due altre persone presenti sul luogo.

Le accuse israeliane e la risposta della comunità

L’esercito israeliano (IDF) ha ammesso di aver colpito Al‑Sharif, accusandolo di essere un legame attivo con Hamas e di orchestrare attacchi missilistici. Gruppi per la libertà di stampa come il CPJ, la relatrice ONU per la libertà di espressione Irene Khan e Al Jazeera stessa hanno prontamente denunciato la mancanza di evidenze in tal senso e dunque il tentativo di delegittimare una figura giornalistica scomoda come quella di Al-Sharif.

Il retaggio di una voce silenziata

Anas al‑Sharif non era solo un cronista, ma un simbolo di resistenza. Poche ore prima del suo assassinio, aveva condiviso un video sul suo canale X, documentando la furia dei bombardamenti su Gaza City. In un post destinato a essere pubblicato in caso di sua morte, aveva lasciato un messaggio toccante: “se queste parole ti raggiungono, sappi che Israele è riuscito a uccidermi e a zittire la mia voce.” 

Un attacco alla libertà di stampa

Da ottobre 2023, il conflitto ha già causato la morte di oltre 200 giornalisti e professionisti dei media nella Striscia di Gaza. Al Jazeera, a tal proposito, ha più volte accusato l’IDF di intraprendere una campagna sistematica contro i propri cronisti.

Il contesto politico e il destino dell’informazione

Questo attacco s’inserisce in un contesto più ampio di escalation militare. Il Premier israeliano Netanyahu ha infatti dichiarato l’intenzione di prendere rapidamente il controllo di Gaza City. Questa decisione suscita profonde preoccupazioni a livello internazionale; si teme che essa possa provocare un’ulteriore escalation umanitaria.

Questa ulteriore tragedia rappresenta un simbolo potente della lotta per la verità in un conflitto devastante. L’assassinio di Al-Sharif e dei suoi colleghi non è solo la fine di voci coraggiose, ma un monito sulla fragilità della libertà di stampa nei teatri di guerra contemporanei.