Caserta, BIODIGESTORE di PONTESELICE . MORETTA , SILVESTRE e RIVEZZI: ” Nessun metodo di partecipazione da parte del Comune “

Se oggi si parla sempre più spesso di partecipazione è perché se ne sente la mancanza, si avverte il bisogno di un rinnovamento della tradizione civica, dei rapporti tra le istituzioni e tra queste e i cittadini.

Negli ultimi dieci anni si sono sviluppati alcuni buoni esempi: dalle Agende 21 locali ai piani della salute, dall’urbanistica al bilancio partecipativo, dai Consigli comunali dei ragazzi all’e-democracy; ancora insufficienti e sporadici per dare il senso di un nuovo rapporto cittadini-ammistrazioni.

Siamo ancora lontani dal praticare effettive forme partecipative e anche sul significato del termine stesso “partecipazione” non c’è condivisione.

Da evitare la confusione, gli accenti ideologici e retorici, nonché gli interventi “fai da te” poiché la promessa di partecipazione resterebbe tale, perchè non coerenti e conseguenti le scelte e gli strumenti che si adottano. L’amministrazione che attiva e gestisce un processo partecipativo prevede un maggiore coinvolgimento e inclusione di cittadini e diversi stakeholder per stimolare parallelamente responsabilità differenziate ma condivise, per raggiungere obiettivi orientati a una maggiore sostenibilità trasversale, economica, sociale e ambientale. Pertanto il coinvolgimento dei diversi attori non è il fine, ma uno strumento per giungere a decisioni migliori e maggiormente condivise.

La recente scelta del Comune di Caserta di un biodigestore in località Ponteselice, al di là del merito che non vogliamo qui affrontare riservandoci di farlo in altro comunicato, è stata accompagnata, a nostro giudizio, dal grave limite di uno scadente coinvolgimento di stakeholder e cittadini e di una scadente comunicazione. La sindrome cosiddetta DAD (Decido-Annuncio-Difendo), che indica una modalità di consultazione “a valle” del ciclo di vita del processo decisionale, sembra aver trovato favorevoli gli amministratori responsabili del procedimento se, dopo un recente convegno del partito di maggioranza tenuto all’hotel Europa di “presentazione” alla città della scelta, nei prossimi giorni sono stati convocati presso Palazzo Castropignano le singole associazioni selezionate per incontri bilaterali. Non è chiarito il livello di partecipazione proposto a monte dell’iniziativa: informazione, consultazione o progettazione partecipata considerato che l’oggetto in discussione è uno studio di fattibilità di uno dei possibili impianti per lo smaltimento dell’umido? Entrare in un processo che ha per scopo il raggiungimento di soluzioni condivise può dare un risultato deludente se una o più parti pongono e mantengono veti sui risultati.
La convinzione di poter conseguire l’obiettivo deve essere alimentata con un processo di costruzione del consenso basato contemporaneamente sulle due modalità di ascolto e domanda, attraverso l’esplorazione delle necessità, piuttosto che sulla difesa delle posizioni acquisite.

Se la diversità di punti di vista viene vista non come arricchimento ma come conflitto, sarà inevitabile da parte dell’ente promotore del processo il voler ad ogni costo “limitare i danni” costruendo interazioni non trasparenti nè allargate.
In un’ottica di partecipazione strutturata, che sia articolata in una singola assemblea pubblica o in una serie di workshop tematici e forum plenari, focus group o altri momenti interattivi di discussione e confronto, c’era da chiedere evidentemente un’adesione formale ai partecipanti, dal singolo cittadino alla grande organizzazione, per poter garantire una democrazia deliberativa intesa come un percorso di discussione che preceda la decisione.

Mena Moretta e Francesco Silvestre (Protocollo Coheirs)
Gaetano Rivezzi (ISDE Campania)

Nella foto Mena Moretta