di GESUALDO NAPOLETANO
CASERTA. Di seguito è riportata l’intervista rilasciata in esclusiva ai microfoni di Belvederenews, da parte di don Sergio Adimari, parroco della chiesa di San Bartolomeo Apostolo di parco Cerasola. Una varietà di temi trattati. Dal rapporto dei giovani casertani con la comunità della chiesa all’evulozione tecnologica che attraverso i social network porta sempre più i ragazzi ad allontanarsi dalla realtà circostante. Per poi rivolgere l’attenzione ai senza tetto, al Vescovo e alla soppressione del mercato coperto di parco Cerasola.
Come i giovani casertani vedono la Chiesa al giorno d’oggi?
“Dire che i giovani casertani hanno una visione propria sulla chiesa sarebbe un azzardo. I giovani sono giovani in qualsiasi contesto culturale e sociale sono inseriti. Certo è che i giovani a Caserta vivono i disagi di chi per anni studiando ha proiettato la vita in un contesto lavorativo. Ma come in molti giovani del sud, questo sogno si è infranto davanti alla dura realtà. È certo che per molti giovani la Chiesa rimane distante perché parla un linguaggio poco appropriato, prospetta un impegno di coerenza di fronte alle scappatoie che la società liquida offre. Ma quando attraverso formatori, associazioni e comunità trova spazio nella vita dei giovani il più delle volte gli stessi interloquiscono con sincerità e ponendo sfide alternative ad uno stile di vita scialbo”.
I giovani costituiscono una parte attiva della Chiesa, intesa ovviamente come comunità aggregante, oppure i vari social network, il progresso tecnologico hanno portato ad un allontanamento dal sociale?
“Un dato oramai assodato è che i giovani fanno uso dei social in maniera sempre più predominante nella loro vita. Associare l’uso dei social come fattore che allontana questo dalla vita ecclesiale non è a mio avviso un’equazione chiara. Sta di fatto che la Chiesa, sia a livello generale che a livello locale, dovrebbe essere più presente nel campo della comunicazione. Le chiese locali che hanno investito il messaggio evangelico utilizzando i social hanno potuto raggiungere e sollecitare nei giovani le domande di senso. È evidente che oltre al social le comunità parrocchiali non devono rinunciare all’incontro interpersonale fondamentale a suscitare la fede e l’impegno nella vita ecclesiale e sociale”.
Cosa cerca di fare nella sua Chiesa per coinvolgere i giovani? Visto che stando in periferia tendono ad uscire fuori.
“Nella parrocchia c’è una tradizione di gruppi giovanili quali gli Scout e l’oratorio don Bosco. Vi è una costante attenzione alle fasce di età compresa dai 8 ai 25 anni. Attraverso un percorso formativo che non è esclusivamente teso alla ricezione dei sacramenti, ma la riscoperta di diversi valori, quale il gruppo, l’amicizia, la partecipazione, il tempo libero, lo sport. Tutti questi valori tendono a formare il cittadino di domani chiamato a impegnarsi in famiglia nella società è nella politica. Dopo i 25 anni un giovane dopo aver percorso questo itinerario di fede e formazione culturale presso le università, è in cerca di un lavoro, che il più delle volte lo porta lontano”.
Com’è la comunità di Parco Cerasola? Quanti senza tetto e quanti senza lavoro ci sono?
“Se devo parlare del quartiere la vivibilità è buona, non ci sono grossi problemi di convivenze, ma è come molti quartieri abitati da persone che non hanno radici. Stiamo tentando in questi anni di avvicinare i vari parchi, ma la gente vive la dimensione del lavoro e ritorna a casa solo dopo. La sera dopo che gli esercizi commerciali chiudono transitano solo le auto che si spostano da una parte all’altra della città. Invece per quanto riguarda la comunità prettamente parrocchiale, la partecipazione alla vita di fede posso dire che è soddisfacente. Le persone si conoscono, sostano a parlare, hanno desiderio di confrontarsi con le realtà della vita ecclesiale. È inevitabile che la crisi ha segnato anche questo quartiere, diverse persone si rivolgono al centro di ascolto per trovare un nuovo impiego, pochi poi sono quelli che riescono a rimodulare la propria vita. Circa la perdita della casa si sono verificati pochi casi e sono stati indirizzati a strutture per un periodo temporaneo. Grazie alla sinergia del centro di ascolto parrocchiale con quello della Caritas diocesana abbiamo affrontato alcune emergenze”.
L’intera diocesi , il Vescovo vi sono vicini? Aiutano la comunità di Parco Cerasola?
“Credo che si debba sfatare un pensiero ricorrente nel modo di pensare di molti. Pensando che ogni parrocchia sia qualcosa di diverso dalla Diocesi. Il vescovo è a Parco Cerasola perché c’è un parroco! Quando un Prete viene nominato parroco in una comunità parrocchiale viene “mandato” non per organizzare una porzione di fedeli ma perché renda presente la persona del vescovo in tutto è per tutto. Il dialogo che intercorre tra il vescovo è il parroco il più delle volte tende a presentare la realtà di quella parrocchia ma allo stesso tempo come quella parrocchia vive la fede, la comunione e la carità, in sintonia con il territorio. L’aiuto poi non è solo materiale, ma una condivisione di un progetto di vita che l’intera Diocesi pone in essere”.
In che modo la sua parrocchia si pone di fronte alla condizione non facile di Parco Cerasola? Visto che ultimamente è stato soppresso anche il mercatino coperto.
“La parrocchia vive il territorio nella misura in cui il territorio si pone in una dialettica di partecipazione. Il mercato coperto non è mai stato un luogo di frequentazione per via dei molti esercizi commerciali presenti sul territorio. Ma la decisione di chiuderlo ed affidarlo a un ipotetico ente o gruppo non è mai stato oggetto di discussione con chi ne è il proprietario. Non vi sono state proposte da esaminare”.