La “tregua” israeliana e i mancati aiuti

Gli aiuti non entrano, i bombardamenti riprendono...

Gli aiuti non entrano in Palestina. La realtà è questa: non entrano né cibo, né tende. I prezzi sono alle stelle, gli ospedali al collasso, spesso mancano farmaci.

La situazione attuale vede la Striscia di Gaza divisa in due: la parte orientale controllata da Israele e costituisce circa il 58% del territorio, la restante parte occidentale resta sotto il controllo di Hamas.

Israele, intanto, ha votato per annettersi West Bank, cioè la Cisgiordania. Secondo fonti egiziane, la delegazione egiziana ha lasciato Israele senza una risoluzione con le autorità palestinesi coinvolte nel futuro di Gaza.

E gli aiuti?
Israele aveva annunciato che non avrebbe riaperto Rafah fino a quando Hamas non avesse restituito tutti i corpi: crudele scusa per poter continuare ad affamare i gazawi. Oggi entrano meno di 200 camion e quelli con aiuti effettivi sono meno di 30, per una popolazione di circa due milioni di persone.

Nei messaggi audio, intanto, continuano a sentirsi incursioni aeree e ambulanze.

C’è una nota positiva, in tutta questa miseria: i dipendenti di Leonardo, l’azienda italiana che produce armi (e le invia a Israele), hanno sottoscritto un appello per bloccare l’invio di armi in Israele.

Come vive la popolazione tutto ciò? Per avere un’idea, oggi una famiglia mangerà pollo “dopo due anni di riso, lenticchie, riso e lenticchie“.
Festeggiare per un pollo: ecco l’esatta misura della tragedia umanitaria che continua a consumarsi a Gaza.