Benvenuti lettori nel solito Editoriale satirico di una democrazia in stand-by
C’è chi va a votare. C’è chi non ci va. E poi c’è Giorgia Meloni, che ha inventato una nuova categoria politica: il voto Schrödingeriano. C’era ma non c’era. Ha votato ma non ha votato. Una performance da teatro dell’assurdo che farebbe impallidire Pirandello.
La presidente del Consiglio si è recata al seggio con tanto di fotografi, sicurezza, sorriso istituzionale e, ovviamente, il look “donna del popolo che non risponde mai alle domande dirette”. Poi, una volta davanti all’urna, ha deciso: niente schede. Non le ha ritirate. Una comparsata, insomma. Un “voto selfie”, senza impegno, come chi va in palestra per postare la storia e poi scappa prima di sudare.
E quindi?
Quindi nulla. Non ha votato. Non verrà conteggiata. Il suo gesto è servito solo a una cosa: non far raggiungere il quorum. Una strategia? Certo. Elegante? Neanche un po’. Democratica? Solo se nel senso medievale del termine.
Ma il punto non è solo Meloni. Il punto è: chi ce l’ha messa lì?
Bravi, italiani. Davvero.
Abbiamo consegnato il Paese a una donna che, pur di non prendere posizione, preferisce entrare in una cabina elettorale per non fare nulla. E tutto questo in una giornata simbolica come quella dei referendum su temi fondamentali: cittadinanza, lavoro, diritti. Non bruscolini. Ma niente. La regina del “parlo alla pancia del popolo” stavolta ha parlato… col nulla.
E una parte del popolo? Ha applaudito. Ha giustificato. Ha detto: “Eh ma è una strategia politica”. Certo. Anche mangiare spaghetti con le mani lo è, se vogliamo, ma non per questo lo troviamo geniale.
Il voto performativo: nuova moda?
Siamo passati dalla democrazia partecipativa a quella passivo-aggressiva. Giorgia inaugura la stagione del “ci sono ma non mi espongo”, del “faccio finta di”, del “l’importante è apparire, non agire”. E se questo è il modello a cui ispirarsi, prepariamoci: domani andrà in Consiglio dei Ministri ma non parlerà. Dopodomani firmerà una legge ma con l’inchiostro invisibile.
E il popolo sovrano?
Una parte, ahinoi, si accontenta. Basta che parli di Dio, famiglia e sicurezza, ed è già statista. Che poi non legga le proposte, non rispetti le regole costituzionali, o trasformi il voto in una fiction — dettagli. Chi l’ha votata spesso lo ha fatto per “mandare un messaggio”. Ma a chi? E soprattutto: quale messaggio? Che anche l’incoerenza può diventare programma di governo?
Conclusione amara (ma non troppo)
In un Paese normale, una premier che si rifiuta di votare su temi cruciali verrebbe incalzata, criticata, forse persino ridicolizzata. Da noi, invece, viene protetta. Come un panda. Una specie rara: quella del politico che riesce a governare evitando sistematicamente ogni responsabilità concreta.
E voi, cittadini lucidi e informati, vi siete accorti di cosa avete messo al potere?
No? Be’, tranquilli.
Non siete i soli a non aver ritirato la scheda della consapevolezza.