Firenze, la domenica sta per finire, e con lei tutte le feste, che questa volta non le ha portate via la befana, ma la generica domenica del 7 gennaio. Santa Maria novella, brulica di arrivi, l’indomani si accenderà di nuovo la quotidianità interrotta dalle festività natalizie. Appena fuori dalla stazione, la fermata della tramvia, come chiamano affettuosamente il tram i fiorentini, la folla dei viaggiatori viene smaltita dalle frequenti corse del mezzo pubblico su rotaia. Studenti, lavoratori, turisti e famiglie, ognuno aspetta la corsa giusta per raggiungere la destinazione finale. È già buio sono le 20,00 la temperatura è ancora gradevole nonostante la pioggia appena terminata. A pochi metri dalla fremente vitalità della fermata di via Alamanni, poco prima, che la biforcazione smisti i mezzi di trasporto verso le giuste destinazioni, l’esterno dell’ufficio postale, è quasi deserto. Un ragazzo di colore armeggia con il suo Postamat ad uno dei due sportelli automatici esterni degli uffici chiusi, mi accingo all’altro sportello libero e il trafficare del ragazzo di colore con le treccine, mi fa venire il dubbio, che stesse cercando di operare fraudolentemente ma, scoprirò dopo, che era lo sportello ad essere fraudolento, anzi semplicemente non perfettamente funzionante. Gli aggeggi, da cui si può prelevare il contante sono due, io da quello di sinistra di sottecchi, osservo il ragazzo accanto a me allo sportello con un occhio, e con l’altro perlustro i radi passanti facendo attenzione che nessuno si avvicini, tra uno sguardo e l’altro eseguo la mia operazione, ma come comunicatomi ad inizio operazione la macchina non fornisce lo scontrino, pertanto effettuato il mio prelievo e pensavo di utilizzare l’altro sportello, per la stampa del resoconto, perché nel frattempo il ragazzo che lo occupava era andato via. In effetti la macchina ha dei problemi, infatti, dopo aver ingurgitato la mia carta elettronica, mi dice di attendere senza andare oltre, dopo diversi secondi inizia a farsi strada in me il timore, che la carta andasse perduta nelle viscere dei condotti dell’aggeggio. Sempre in vigile allerta, sento un rumore alle mie spalle, mi volto, vedo una giovanissima donna che si siede su un gradino di accesso all’ufficio postale, nel voltarmi, lei cerca di rassicurarmi della sua innocua presenza, mi dice che si è seduta lì al coperto, solo per fumare, a questo punto gli mostro, che sono in attesa che, la macchina infernale mi restituisca il maltolto, ovvero il mio pezzo di plastica magnetico, a video ancora vige la scritta attendere operazione in corso. Alla fine l’apparecchio sputa finalmente fuori la mia tesserina con un laconico messaggio di “operazione non disponibile”, ovviamente sono felice, per aver recuperato la mia carta. Mi volto, la ragazza mi appare minuta di fisico e deperita nell’aspetto, gli occhi grandi e tiene un foulard azzurro arrotolato tra i capelli, gli mancano gli orecchini di perla per ricordare il famoso dipinto di Vermeer. Nonostante la giovanissima età, i denti rivelano tutta la devastazione delle sostanze che ha assunto e cosa molto preoccupante le parti delle braccia che spuntano dalla camicia presentano dei grandi ed estesi eritemi, forse vittima di parassiti per la precaria igiene, anche se mi avrebbe confidato nel discorso successivo, che si era appena lavata ad una fontanella di strada.
Mi guarda e sorridendo mi dice di stare attento, perché a lei rubano tutto, anche se mi domando cosa mai possa avere di valore con sé, di fatto si vede ad occhio che è tossicodipendente. Gli chiedo cosa stia facendo, intinge continuamente una sigaretta accesa in una specie di pipa al cui centro si nota una piccola pallina biancastra. Lei con naturalezza, mi dice che sta per farsi di crack, non sono pratico e non ho le conoscenze necessarie per capire se la cosa sia reale, ma da come è messa le credo sulla parola. Le chiedo perché lo faccia, se per bisogno fisico e lei mi risponde che il bisogno ce l’ha nella testa non tanto nel fisico, è divenuta un’esigenza, che la porta a fumare ogni giorno, oramai la sua dipendenza va avanti da un ventennio, la sua prima volta è avvenuta all’età di appena sedici anni. Il discorso prende per me la piega dello sconcerto, cerco di instaurare un dialogo cercando di capire cosa l’abbia portata a questo punto. Essendo ancora lucida, inizia a parlare della sua vita e in poco tempo mi racconta di essere stata sposata e di aver distrutto il matrimonio per causa delle droghe, aver avuto due bambine, l’ultima sei mesi fa, che regolarmente i servizi sociali visto il suo stato gli hanno tolto e che ha cercato per due volte di disintossicarsi in strutture preposte, ma poi la voglia di libertà, come lei purtroppo la definisce, ha prevalso sullo scopo ed è ritornata per strada. Nella sua vita è stata anche cameriera, ma la dipendenza l’ha sempre ostacolata, ora per procurarsi il necessario, l’unica cosa che riesce a fare è la “zoccola” come si autodefinisce.
Non ha più nulla, e mi confida con una calma agghiacciante, che attende solo la morte. Non so cosa dirle, posso solo dirgli che è ancora troppo giovane per arrendersi, che ci deve almeno riprovare, magari avvalendosi di un familiare. A quel punto mi riferisce che, gli unici familiari, erano la mamma e una sorella tragicamente morti in un incidente stradale qualche anno fa, e ovviamente il resto della famiglia in gran parte residente in altra regione, non vuole sentirne neppure parlare di lei. D’improvviso, mi sembra di essere stato catapultato in una di quelle trasmissioni d’inchiesta dove scavano nella vita delle persone, ma io anche da giornalista non riesco a restare completamente freddo davanti ad una tragedia di vita così grande. Non so cosa dire, provo ad immaginare, che non sia tutto vero quel che mi abbia riferito ma, come un padre, l’unica cosa che riesco a chiedergli è se avesse mangiato, alla sua risposta negativa gli propongo di offrirgli, non soldi ma, qualcosa da mangiare, gli si illuminano gli occhi e il Vermeer che è in lei si accende per un momento ripagandomi inconsapevolmente per la mia offerta. È presente nei pressi uno dei tanti paninari di origine asiatica, che animano le notti di molte città italiane, la rivolgo a lui per la scelta, decide subito per una piadina con hamburger, provvedo a pagare, mi accerto che il paninaro prepari quanto richiesto e la saluto, mentre sceglie i contorni da abbinare alla piadina. Ritorno alla mia vita, felice della mia condizione, ma con tanta amarezza nel cuore.