Flotilla in dirittura d’arrivo verso Gaza

Si temono attacchi israeliani

Mentre in Italia si assiste come sempre a vergognosi siparietti in tv, alla radio e nei vari comizi in giro per l’Italia e per i quali non spendiamo ulteriori parole, il gruppo di barche componenti la Global Sumud Flotilla si avvicina gradualmente alla zona rossa. Dopo che negli ultimi giorni si è assistito ad una serie di consigli (non richiesti) volti a far desistere il prosieguo delle operazioni con l’apertura di un corridoio umanitario e chiedendo di depositare gli aiuti a Cipro, poi invitando a tornare indietro o a sbarcare comunque, la Flotilla ha tirato dritto verso Gaza e nelle ultime ore si sono moltiplicati anche i segnali di allarme per un possibile attacco da parte della marina israeliana. Nel momento in cui pubblichiamo la Flotilla è a circa 100 miglia da Gaza.

Ovviamente le cancellerie di mezza Europa e non solo sono in guardia per capire l’evolversi degli eventi.

Intanto c’è da ribadire che, volendo ragionare in punta di diritto, qualsiasi attacco o minaccia tramite blocco navale a danno della Flotilla può costituire una violazione del diritto internazionale,  e per vari motivi: innanzitutto il blocco navale è illegale se non anticipato da una dichiarazione di guerra (Risoluzione ONU n. 3314 del 1974) ma nel caso in esame non ci sono eserciti che si fronteggiano ma solo l’esercito israelo-sionista che cerca di impedire il passaggio di navi con a bordo aiuti umanitari e questa è (l’ennesima) palese violazione del diritto internazionale; inoltre stando alla Convenzione di Montego Bay del 1985 le acque territoriali si estendono fino a 12 miglia nautiche dalla costa, e al massimo si arriva a 300 miglia ma solo per la cosiddetta zona economica esclusiva, il resto sono acque internazionali e ciò che accade lì è normato dal diritto internazionale in primis. Inoltre c’è la diatriba territoriale: a quale territorio appartengono le acque dinanzi Gaza? Teoricamente alla Palestina ma praticamente sono occupate da Israele che le considera una sorta di prolungamento delle proprie (senza mai dimenticare che Israele è uno Stato abusivo su molti di quei territori). Ovviamente la problematica territoriale, l’autodeterminazione del popolo palestinese, il loro diritto ad avere un apparato che possa chiamarsi Stato nella forma di quelli che si sono affermati dal 1648 in poi è di fondo altrimenti non staremmo qui, chi a scrivere e chi a leggere!

Nel frattempo dall’altra parte dell’Oceano il diffamatore di giornaliste, aggressore sessuale, fautore delle rivolte di Capitol Hill, amico del pedofilo Epstein ed ora aspirante al Nobel per la pace Trump insieme al ricercato dalla Corte Penale Internazionale per Crimini contro l’umanità Netanyahu hanno vergato il nuovo progetto di pacificazione (leggasi nuova colonizzazione), in 20 punti, per il territorio palestinese. Ovviamente tutto ciò è stato deciso senza la partecipazione dei rappresentanti palestinesi, i quali dovranno solo ubbidire.

Ciò riporta alla mente le critiche che il professor Keynes fece a riguardo di come vennero condotti i Trattati di Versailles che misero fine alla Prima Guerra Mondiale: anche allora le potenze vincitrici si riunirono in assenza della Germania sconfitta e stabilirono le sanzioni da comminarle. I rappresentanti tedeschi vennero convocati solo a cose fatte e non poterono obiettare nulla. Keynes mise già allora in guardia che ciò, unito alle pesantissime sanzioni impossibili da ripagare, avrebbe solo esacerbato ulteriormente la crisi tedesca con possibili conseguenze violente. Infatti pochi anni dopo scoppiò il bubbone nazista. Corsi e ricorsi storici dunque.

Ad ogni modo il piano per Gaza è una nuova colonizzazione in cui siederanno ai posti di comando l’aspirante al Nobel Trump e Tony Blair, vecchia conoscenza guerrafondaia e a questo giro collegato alla ricostruzione edilizia tramite la sua fondazione Tony Blair Institute che già nei mesi scorsi aveva promosso l’idea Riviera Gaza o Trump Riviera, ovvero il progetto di ricostruzione di resort di lusso nella striscia di Gaza. Insomma la realtà è sempre più distopica come aveva anticipato qualche mese fa l’ISPI.