CASTELPORZIANO OSTIA DEI POETI e la visione Politica di Pier Paolo Pasolini.

Un omaggio al poliedrico Pier Paolo Pasolini raccontando "la vita" nelle sue opere artistiche.

All’interno della programmazione della Festa del Cinema di Roma, presso la Casa del Cinema di Villa Borghese, è stato celebrato l’omaggio al grande Pasolini con l’opera cinematografica di Andrea Andermann. Un docufilm intenso che ci parla della Woodstock della poesia italiana nella location di Castelporziano. Un film particolarissimo per la struttura narrativa, il raccont o del montaggio, un’opera audiovisiva girata in 3 giorni e3 notti con 7 macchine da presa.  Una storia che si estroflette lungo tre filoni narrativi, l’ idroscalo di Ostia, la sua spiaggia e le vicende direttamente collegate a Pier Paolo Pasolini. È il racconto di quanto è avvenuto sopra e sotto il palcoscenico eretto sulla spiaggia di Castelporziano, in occasione del Festival internazionale dei poeti. Un film “documento” su una generazione che dalle periferie avanzava verso un luogo allora imprecisato, dove emerge tutta la volontà di una generazione di esprimere un disagio e di avere una visione differente della società, attraverso il mezzo poetico. «Recitare poesie davanti a 4.000 persone, per la prima volta in Italia, dopo 4 anni senza concerti e tre senza Parco Lambro non è poi così facile come sembra» cosi riportava il piccolo inserto a «Lotta continua» che ci restituiva, in presa diretta, il clima del Primo Festival dei Poeti di Castelporziano. Un racconto davvero emozionante e reale dell’appuntamento del 28 giugno1979, dove abbiamo visto una spiaggia del litorale romano, tradizionalmente poco frequentata da eventi culturali, trasformarsi per tre giorni nell’inedito palcoscenico di un grande raduno collettivo. Una squadra quasi anarchica, ben organizzata, un tutti contro tutti ma in armonia per sorreggere un racconto di una visione differente dalla società. Un evento “anomalo” che porta in una versione macro una pratica culturale da sempre svolta in casa, “in cantina” o in situazioni più intime.  In presenza oltre 30.000 giovani sul litorale di Ostia ad assistere a un vero e proprio caleidoscopio poetico. Giganti della beat generation come Allen Ginsberg, William Burroughs, Amiri Baraka, Lawrence Ferlinghetti, Peter Orslovsky, poeti dissidenti come Evgenij Evtušenko, futuri premi Nobel per la letteratura come Peter Handke ed ancora esponenti del Gruppo 63 come Vittorio Sereni, Mario Luzi, Andrea Zanzotto, Edoardo Sanguineti, Elio Pagliarini, Alfredo Giuliani, Nanni Balestrini, fino agli emergenti come Dario Bellezza, Giuseppe Conte e Valentino Zeichen. In quegli anni, soprattuto in quel periodo, si sentiva la necessità di lanciare varie provocazioni tra ciò che era conosciuto come “Istituzione” nelmondo della poesia e ciò che con unpercorso differente, ma con un grande peso specifico, rappresentava il nuovo, l’avanguardia, il valore emergente. Infatti la sfida di quell’anno era mettere a confronto Roberto Benigni e i poeti in ottava rima che sono, diciamo, i poeti di strada, gli improvvisatori.

Una sala piena, quella della casa del cinema, dove il regista Andrea Andermann ha salutato i numerosissimi presenti e spiegato le motivazioni della sua opera filmica cosi particolare e curata nel minimo dettaglio per ben raccontare la vicenda di questo straordinario protagonista del 900. Interessantissima la lectio del Prof. Alfonso Amendola dell’Università degli Studi di Salerno, nell’ambito degli incontri “Le mie mille voci”, dove sono emersi i tratti più importanti del poliedrico Pier Paolo Pasolini. Nell’incontro del 4 Novembre, presso la Biblioteca dell’Università degli Studi di Salerno, si è indagato, molto nel dettaglio, sulla figura di Pasolini Politico. Tantissime le sfaccettature emerse del grande ed eclettico borghese, dove abbiamo visto personalità affermate, con una collocazione nel mondo dello spettacolo e della politica ben definita, incasellati in canoni ben precisi, schierarsi e riconoscere una visione apparentemente opposta e quasi sempre borderline. Questo era un bisogno che il Pasolini, sempre e continuamente in discussione con se stesso, sentiva e riusciva con tutto se stesso a veicolare, attraverso i tanti linguaggi che la cultura ci offre. Una bellissima citazione di Eduardo De Filippo diceva “Anche gli oppositori capiranno la potenza” infatti era da lui definito come una figura angelica della poesia, un fuoriclasse del racconto poetico. Una vita piena di grandi successi induscussi ma con qualche”scivolone” che poi comunque volge sempre a lieto fine. Un lavoro continuo dove emerge con forza la figura dell’intellettuale, il definirsi oggi così sembra quasi un mortificare il lavoro svolto, che un pò tende a smarcarsi dall’omologazione da un lato, invece dall’altro lato della medaglia custodisce un arduo compito necessario e di responsabilità. Un’artista che amava la vita e della sua ne ha fatta operazione artistica infinita, così dimostrato nelle sue opere dove è sempre presente il medesimo concetto estrinsecato in ogni suaforma. Nel raccontare in modo così crudo e reale alcuni spaccati del suo quotidiano è incappato in qualche “urto” con il “buon costume” infatti possiamo citare la questione accaduta attorno ai “I racconti di Canterbury”. Si tratta del film che valse a Pasolini l’Orso d’oro al festival di Berlino del 1972 e che fin da subito acquisì, per ciò, un certo grado di celebrità nel panorama cinematografico internazionale. Un film davvero impattante, nel senso più positivo del termine, che ha suscitato forti critiche e addirittura posto sotto censura. Questo “incidente” causato al Pasolini trova risoluzione solo a pochi anni dalla sua scomparsa grazie all’illustre giurista Irpino Alfredo De Marsico. Ma l’attenzione del giurista ricade fatalmente sul processo di Benevento per una più specifica ragione: in quell’occasione, infatti, Pasolini fu difeso da uno dei più illustri esponenti del pensiero giuridico del Novecento italiano. Riporto parte dell’arringa del processo al Pasolini “Non sono qui, in quest’aula, uomini di lettere e artisti, poeti e pittori e drammaturghi che vengono a controllare se la loro stessa libertà di artisti non sia in pericolo e ad invocarne in muta ma tesa solidarietà la liberazione? Oseremo ancora retrocedere verso il medioevo, verso le tenebre di una ignoranza e di una barbarieanche più fitta di quelle medievali? E voi siete giudici o aguzzini e tiranni? Rappresentate lo Stato o un fideismo conventuale da respingere? Rappresentate la coscienza sociale e politica e morale del secolo o gli spettri assurdamente risorti dagli ipogei di una reazione che minaccia le conquiste più elementari ed essenziali del sapere e della libertà?” La difesa guidata da De Marsico propone allora ricorso in Cassazione contro l’ordinanza, che viene accolto e permette il dissequestro della pellicola. Il 9 gennaio 1973, il film può finalmente tornare nelle sale cinematografiche grazie ad una nuova ordinanza del tribunale di Benevento. Questa circostanza che vede il giurista irpino protagonista al fianco del personaggio di Pier Paolo Pasolini è stata ben esplicitata nel convegno di studi dal titolo “A 40 Anni dalla scomparsa di Alfredo De Marsico Omaggio dell’Irpinia” organizzato dall’Associazione Irpini per l’Irpinia guidata dalla straordinaria Presidente Egle Bianco. Un caso analogo siverificò all’inizio del secolo breve, per citare Hobsbawm, con Gabriele D’Annunzio contro Eduardo Scarpetta per l’opera “Il figlio di Iorio”. Il grande commediografo e capocomico napoletano fu inquisito da Siae per il plagio della sua opera teatrale “La figlia di Ioriuo”, attaccato da tutti gli intellettuali napoletani e straordinariamente difeso dal Professor Benedetto Croce. Questo per dire che c’è bisogno di voci fuori dal coro che offrono semplicemente una sguardo differente della stessa situazione. Pasolini mette sempre in gioco il suo corpo facendolo diventare un altare, un pezzo sacro dell’opera artistica diventando un vero e proprio dispositivo culturale. Un lavoro continuo su se stesso affrontando continuamente temi forti esprimendo costantemente una posizione netta e ben definita che fa emergere una sorta di perduta purezza di fondo e una perduta innocenza nel esporsi verso temi politici di rilievo. E’ il caso di citare il pensiero di Edgar Morin sulla complessità politica dove è incastonata la sfida a superare l’approccio riduzionista e settoriale, riconoscendo che la politica è intrinsecamente legata agli ambiti economici, sociali e culturali. Per Morin, la politica deve abbracciare il “tutto” e le connessioni tra le parti (come l’ordine e il disordine), valorizzando la transdisciplinarietà e l’etica della solidarietà per gestire i problemi globali emergenti, anziché cercare soluzioni semplicistiche. Di seguito il saggista e giornalista Massimiliano Amato ci parla del rapporto con Aldo Moro, un cattolico democristiano difronte ad un intellettuale comunista, che criticavano la crescente corruzione e l’omologazione sociale del paese. Opposti ma complementari, Moro e Pasolini rappresentavano due facce opposte della società italiana. Poi il passaggio di Pasolini a Pietro Nenni citando una poesia, “Nenni 1960”e la citazione  “la lotta senza vittoria inaridisce”. Un Pasolini sempre presente nella storia, talmente presente, da determinarla, borghese come Habitus e come modo di essere. Una biografia densa di esperienze ed emozioni ricche di unicità che possiamo ben spiegare con una sua citazione aderente al suo modus operandi “Solo nell’attimo in cui si è a tu per tu con la regola da infrangere si può sfiorare la rivelazione della verità“.