Le migrazioni sono il risultato congiunto dell’interazione fra potenti forze di espulsione, che agiscono nei luoghi di origine dei migranti, e altrettanto potenti forze di attrazione, che agiscono nei luoghi di arrivo. Colui che decide di lasciare la propria patria di origine (il migrante), nella maggior parte dei casi, lo fa per lasciarsi dietro di lui delle condizioni di vita che non sono facili da affrontare: povertà, guerra, persecuzioni politiche e religiose, assenza di opportunità, negazione della libertà. In poche parole spera di trovare nel paese di arrivo un mondo migliore.
Nonostante ciò sembra che per il migrante la situazione non muti rispetto a quella che lui si trovava a dover affrontare nel suo paese di origine.
È quasi come se per lui il tempo si fosse fermato nell’istante preciso della sua partenza. Egli si trova a pagare le conseguenze di tutto. Paga le conseguenze nel suo paese di origine (dove sopravvive a situazioni che metterebbero alla prova qualsiasi essere umano); paga le conseguenze durante il viaggio della speranza verso la terra promessa (le condizioni che affronta durante lo spostamento).
Giunto alla fine del suo lungo viaggio (nel paese di arrivo) inizia a dover fare i conti anche stavolta con una situazione non si può definire del tutto differente a quella che egli pensava essersi lasciato definitivamente alle spalle.
Si trova a dover fare i conti con la domanda della forza di lavoro in quei settori dove le popolazioni autoctone non desiderano impiegarsi3. Non solo, egli trova la società presso la quale è giunto con delle ulteriori forti spaccature al suo interno.
Gli obiettivi (di cui riporto una sintesi) sono questi:
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Intensificare gli accordi e i rapporti tra gli stati dell’Unione Europea e i Paesi Terzi da cui partono o transitano i migranti;
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Creare dei centri di protezione internazionale nei Paesi di transito;
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Rafforzare le frontiere esterne;
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Superare l’accordo di Dublino (secondo il nostro Presidente Conte il sistema Comune Europeo d’Asilo oggi è fondato su un paradosso: i diritti vengono riconosciuti solo se le persone
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Superare il criterio del Paese di primo arrivo;
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Responsabilità comune tra gli Stati membri sui naufraghi. Non può ricadere tutto sui Paesi di primo arrivo;
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L’Unione Europea deve contrastare, con iniziative comuni e non affidate ai singoli Stati membri, la “tratta di esseri umani” e combattere le organizzazioni criminali che alimentano i traffici e le false illusioni dei migranti;
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Occorrono centri di accoglienza in più Paesi europei per salvaguardare i diritti di chi arriva e evitare problemi di ordine pubblico e sovraffollamento;
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Contrastare i movimenti secondari;
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Ogni Stato stabilisce quote di ingresso dei migranti economici. Vanno previste adeguate contromisure finanziarie rispetto agli Stati che non si offrono di accogliere rifugiati.
Dopo aver esaminato, sia le posizioni di coloro che sono favorevoli, sia le posizioni di coloro che sono contrari posso affermare che arrivare a trovare una risposta unitaria corrisponde ad un’impresa davvero ardua.
Di una cosa sono davvero convinto, in questa discussione e in questo confronto tra posizioni diverse, sul fenomeno delle migrazioni, mi sembra che i poteri cosi detti forti (i poteri economici per intenderci) stanno giocando con la vita di esseri umani.
Tutto ciò è davvero moralmente inaccettabile. Ogni essere umano dovrebbe mostrare il massimo rispetto nei riguardi dei propri simili. Non tocca a noi impedire o consentire chi può o meno entrare nel nostro Paese. Dal mio punto di vista non ci è consentito giudicare nessuno senza conoscere fino in fondo la sua storia, le sue emozioni, il suo vissuto precedente.
Sul fenomeno della migrazione ci sono posizioni diverse: a favore, contrarie e neutre. Spesso queste posizioni vengono prese anche in modo molto veloce (a cuor leggero), senza andare a considerare chi è il soggetto, quale è la sua storia, e quali sono le motivazioni che lo spingono a decidersi per un viaggio della speranza.