La Formula Uno ha scritto pagine indelebili ed incredibili nel cuore di tifosi ed appassionati, rimonte da sogno, coronate non sempre con la prima piazza, i treni impazziti passateci il termine che innestano la Prima, ed attaccano, quando la strategia studiata magari a tavolino nella 3 giorni di weekend, risulta inutile, l’imprevisto, la sanzione l’ incidente in extremis durante le prove oppure il problema allo start, la ripartenza o partenza n. 2 che rimischia le carte, G. Villeneuve, l’aviatore rosso in tuta Giacobazzi diceva “Il punto di svolta può avvenire in ogni momento della gara”.
Proviamo ad analizzarle alcune di queste grandi rimonte culminati in inseguimenti tutta rabbia grinta e determinazione e che hanno mandato in visibilio tifosi sia sulle tribune LIVE che davanti alla tv e che magari avranno anche fatto sobbalzare lo spettatore.
Nigel Mansell, all’Hungaroring, Budapest parte dalle retrovie, con la sua Ferrari n. 27 con l’avantreno rinominato cd ‘ a becco di papera’, in una giornata di sole, quindi senza la variabile pioggia capace di sconvolgere le edizioni 2006 e 2011, Mansell centrò una prestazione eccellente che gli permise di portare la sua Ferrari sul gradino più alto del podio dopo essere scattato dal 12° posto in griglia. L’inglese conquistò la seconda vittoria stagionale, dopo quella di apertura in Brasile, e fu anche la seconda delle tre vittorie conquistate nelle due stagioni disputate dal Leone inglese in Ferrari. Il 1989 fu l’anno di esordio di Nigel Mansell con la scuderia di Maranello. Una stagione in cui l’inglese chiuse a podio tutti i Gp in cui vide la bandiera a scacchi: purtroppo per lui, e per le ambizioni della Rossa, Mansell riuscì a concludere solo 6 delle 15 gare in calendario, con 2 vittorie, 2 secondi e due terzi posti. Lasciata la Williams al termine di una frustrante stagione 1988 (12 ritiri su 14 gare!, e anche allora furono due podi), il Leone si presentò ai tifosi italiani vincendo subito nella gara di esordio in Brasile; l’inglese infilò poi quattro ritiri consecutivi (per problemi al rivoluzionario cambio semiautomatico introdotto quell’anno dalla Ferrari) e una squalifica nelle successive cinque gare, dovendo dire subito addio alle speranza di giocarsi il Mondiale.
A partire dal Gp di Francia, la Ferrari permise a Mansell di infilare una sequenza di 5 gare senza ritiri, che l’inglese ripagò con altrettanti podi: dopo un 2° posto a Le Castellet e Silverstone, e il 3° a Hockenheim, si arrivò in Ungheria per il 10° appuntamento della stagione. Era il 13 agosto, e il Solleone portò bene all’altro Leone che si aggirava per il circus di Budapest. Il fine settimana si inaugurò subito sotto il segno dell’Italia: non il rosso Ferrari, ma il tricolore di Riccardo Patrese (Williams) che conquistò la pole position precedendo Senna (McLaren) e l’altro azzurro Alex Caffi (Dallara). Nei 10 anche Nannini (7° con Benetton) e Martini (10° con Minardi). La Ferrari non andò oltre alla sesta piazzola di Berger e alla 12esima di Mansell, alle prese con il traffico e a oltre 2” dal poleman. Su una pista come quella dell’Hungaroring, il weekend volgeva così per Maranello verso una gara difficile, in mezzo al traffico e senza grandi prospettive. Ma così come già in Brasile, la 640 del Cavallino stravolse tutti i pronostici. Dopo una partenza regolare, mentre i primi tre mantengono le loro posizioni e Berger supera sia Prost che Boutsen, Mansell alla prima curva è già 8°.
Tempo pochi giri, e la Dallara di Caffi mostra i suoi limiti, non riuscendo a mettere in campo la velocità mostrata il giorno prima. Sia Berger che Prost lo passano, mentre alla sue spalle si forma un trenino guidato da Boutsen e che comprende anche Nannini, Mansell e Warwick. L’inglese della Ferrari risale in settima posizione approfittando del primo pit stop di Nannini e in breve si porta al 5° posto infilando Boutsen e Caffi in rapida successione. A questo punto della gara, Mansell è a 17” da Patrese, che continua a guidare il gruppo. La rimonta della Rossa numero 27 è impressionante: Mansell lima giro dopo giro il gap che lo separa dal podio: dopo la sosta di Berger (29° giro), Mansell sale al 3° posto quando al 41° passaggio si mette alle spalle la McLaren di Prost, con i primi quattro racchiusi in pochi secondi. Dieci giri dopo Patrese inizia ad accusare un problema al radiatore che permette a Senna e Mansell di infilarlo nel corso del 53° giro. Due giri dopo, l’italiano deve ritirarsi.
La gara è ora un testa a testa tra Senna e Mansell. L’inglese, nettamente più veloce, è negli scarichi di Ayrton ma il suo V12 deve pagare qualcosa al più performante Honda della McLaren. Le schermaglie proseguono per altri 3 giri, durante i quali Berger deve ritirarsi, per il 10° gp consecutivo!, tradito per l’ennesima volta dal cambio mentre Prost si ferma a cambiare le gomme rientrando 6°. Al 57° giro Senna e Mansell raggiungono la Onyx di Stefan Johansson: alla curva 3 Senna esita un attimo di troppo e non trova il varco per superare lo svedese. È l’occasione che Mansell stava aspettando e con una manovra eccezionale scarta la McLaren infilando in colpo solo i due davanti. Il sorpasso chiude il Gran Premio: Mansell si invola e con venti giri ancora da percorrere allunga costantemente su Senna che taglierà il traguardo con 26” di ritardo davanti a Boutsen (+38”), Prost (+44”), Cheever (+45”) e Piquet (+1’12”). È l’ultima vittoria per Mansell in quella stagione: quindici giorni dopo ottiene il 3° posto in Belgio alle spalle di Senna e Prost, mentre nelle restanti 4 gare sarà sempre costretto al ritiro. Andrà un po’ meglio al compagno di squadra Berger e alla Ferrari che conquisteranno il 2° posto a Monza e vinceranno in Portogallo.
Altra rimonta da sogno culminata con un ritiro però Jean Alesì , nell’otto nipponico di Suzuka si congeda da Maranello, lasciando un regalo di addio ai suoi tifosi nonostante i suoi tanti, spesso troppi problemi tecnici lo abbiano appiedato (uno su tutti il disco freno a Monza che gli tolse la vittoria dinanzi al suo pubblico a soli 7 giri dal termine). I tifosi che più vedevano Jean francese con origini italiane (il nonno eera Avignonese, ossia siciliano) in difficoltà più lo incoraggiavano e che nè apprezzavano capacità e tenacia quel suo gettar il cuore oltre l’ostacolo, Alesì guiderà Ferrari mediocri che dopo il mondiale sfiorato e perso da Alain Prost, a Suzuka speronato da Senna alla curva uno subito dopo lo start, infatti l’altro francese più famoso detto il professore dopo la disastrosa annata 1991 dichiarerà la Ferrari ha la giudabilità di un camion, dichiarazioni che gli valsero il licenziamento in tronco una mancanza di rispetto nei confronti della Ferrari ma anche della sua squadra, che comunque nonostante una vettura partorita e venuta su male si impegno al massimo per soddisfare il suo pilota che se nè ando in malo modo sbattendo la porta (o forse è meglio dire si mise nelle condizioni lui stesso volontariamente di farsi cacciare).
Ma torniamo al 1995, Jean Alesì nel suo ultimo anno in rosso con la sua monoposto n. 27 (l’ultimo numero di G. Villeneuve, l’aviatore che rese leggendario appunto il n. 27 dopo la sua tragica fine a Zolder), ottiene qualche soddisfazione la vettura è competitiva in alcuni tracciati e migliora durante l’anno, in Canada sul circuito G. Villeneuve (coincidenza, destino fate voi….), il franco italiano ottiene la sua prima ed unica vittoria, rimanendo appiedato e facendosi dare uno strappo da Kaieser Schumacher su Benetton che lo accompagnò durante il suo giro d’onore (I due poi a fine annata si scambieranno le vetture, quando dai uno strappo a un collega spesso il tuo ‘passegero prende il tuo posto , accadde anche a Silverstone, annata 1992, Nigel Mansell, d uno ‘strappo’ al nemico amico Senna appiedato dalla sua McLaren biancorossa, qualche anno dopo, il 1994 Senna, va alla Williams dove correrà gli ultimi tre gran premi della sua sfavillante carriera). Ma veniamo a Suzuka 1995 Jean Alesì parte in prinma fila ottimo piazzamento al suo fianco sua maestà il due volte campione del mondo M. Schumacher che proprio in quella gara otterrà la matematica certezza del titolo n. 2 con la squadra tutta italiana della Benetton di Flavio Briatore. La partenza sotto l’acqua è buona Jean Alesì molto abile sul bagnato tiene la sua posizione e ritmo del tedesco senza problemi mantenendosi a 2/3 secondi dal battistrada con vettura grigio azzurra ma arriva la punizione che non ti aspetti per il 27 rosso, 10 secondi penalità per Alesì, dovuti ad una partenza anticipata (Jump Startt) con le monoposto ancora a mò di serpentone la mazzata è enorme infatti, dopo qualche giro Jean Alesi sconta la sua penalità al suo box e riparte nelle retrovie, forse l’innesto all’ultimo secondo della prima necessaria per partire ha causato un piccolo sbalzo avanti della rossa attivando i sensori presenti nell’asfalto che hanno rilevato l’irregolarità.
Jean Alesi a Suzuka una gran corsa in regalo ai suoi tifosi per l’addio alla rossa
A questo punto la strategia salta l’imperativo è uno attaccare, tutti i dati i i rilievi il lavoro fatto oramai non serve più veloce richiamo del francese ai box cambio gomme slick per lui, che si trasforma in un treno impazzito percorrendo disciplinatamente la traiettoria asciutta proprio come un treno sul binario con la pista che dopo la pioggia iniziale con il passaggio delle monoposto si asciuga giro dopo giro, l’azzardo è premiato Jean Alesì si trasforma in un missile inanella una serie di giri veloci la sua rossa è messa alla frusta a ferro e fuoco giri veloci ad ogni passaggio è sempre la rossa n. 27 ad avere il casco rosso ( giro veloce Jean Alesì, passaggio successivo, giro veloce , Jean Alesi su Ferrari) nonostante un imprevisto un mezzo incidente all’ingresso del rettilineo dopo il triage il franco avignonese su Ferrari risale la china velocemente, sorpasso da urlo a ì Damon Hill di forza ed all’esterno poco prima del curva del triage (il triangolo l’ultima curva prima del rettilineo), insomma per non tirarla troppo a lungo a metà gara Jean Alesi riappare di nuovo negli specchietti retrovisori del battistrada tedesco Schumacher che a quel punto inizia a tirare anche lui dato che il ferrarista lo stava raggiungendo attaccando ad ogni giro, purtroppo però la solita SFIGA proverbiale del francese che non lo lascia si ricorda di lui (la fortuna è cieca si dice, la sfiga spesso si ricorda di Alesì quando lo vede o rivede) la Rossa dal posteriore emette una nuvola bianca leggermente azzurra, il motore è andato, il pilota samurai n. 27 deve accostare nella ghiaia e parcheggiare (forse il troppo sforzo è costato caro alla sua rossa), una gara che poi come detto sarà vinta da Schumacher che porterà a casa il titolo n. 2 su Benetton prima di andare a fine anno in Ferrari indossando anch’egli la tuta rossa.
Sotto qualche scatto della gara di Suzuka dove il samurai Alesì compierà una rimonta che poche volte si è vista in F1 nonostante il ritiro e qualche altro scatto del ferrarista più uno scatto di Alesì e Schumacher a macchine invertite (il tedesco su Ferrari il francese su Benetton).
Ma non solo piloti in rosso hanno compiuto grandi rimonte, un giovanissimo Jenson Button, anno 2011, compie l’impresa sul circuito intestato a Gilles Villeneuve a Montreal in Canada la rimonta folle, da ultimo a primo (sì avete capito bene da ultimo a primo).
Dopo quattro ore, il silenzio. Dopo il diluvio e il caos, Jenson Button non sembra credere ai suoi occhi. Ha vinto il suo decimo gran premio, il più lungo di sempre, e firmato l’impresa che lo porta nella storia. Perché Button è il pilota che ha corso più gare di tutti fra gli iscritti al Mondiale 2015, ma quando smetterà, lo ricorderanno per il titolo di campione del mondo e per il GP del Canada del 2011.
Le qualifiche – Al gran premio si arriva con la crescente incertezza sul calendario. Il 3 giugno, 10 giorni prima della corsa, viene reinserita in calendario la tappa del Bahrain per il 30 ottobre, che però verrà definitivamente cancellato il 9. In qualifica, Sebastian Vettel centra la prima pole position sul circuito dedicato a Gilles Villeneuve, la sesta stagionale, davanti a Alonso e Massa, secondo e terzo: per la Ferrari è il miglior piazzamento in griglia del Mondiale. Webber, sull’altra Red Bull, non può usare il KERS e chiude quarto, a 4 decimi da Vettel. Le McLaren lamentano la poca trazione su un circuito a medio-basso carico: L. Hamilton parte quinto, J. Button settimo. Le Mercedes di Rosberg e Michael Schumacher si piazzano al sesto e all’ottavo posto con le Renault di Heidfeld e Petrov a completare la top-10.
Scontro Button-Hamilton – Si parte per 5 giri dietro la safety car, per motivi di sicurezza visto il maltempo. Al rientro, Alonso attacca Vettel, che difende la prima posizione. Ma il vero protagonista è Hamilton, che qui ha vinto il suo primo GP nel 2007. Prima tenta un sorpasso al limite a Webber, che perde qualche posizione. La manovra finisce sotto investigazione, ma senza esito, anche perché il britannico esagera ancora. Va largo al tornante per provare un sorpasso ambizioso su Rosberg, e soprattutto, all’ottavo giro, dopo il rettilineo d’arrivo cerca di infilarsi dove spazio non c’è. “Che sta facendo?” grida via radio il compagno di squadra Button che prende la traiettoria migliore. Al campione del mondo 2008 non resta che allargarsi troppo e finire la corsa con la posteriore contro le barriere con la posteriore sinistra danneggiata. “Le condizioni erano al limite, ho fatto del mio meglio per tenere la macchina in pista. Credo che in quel momento avevo un buon ritmo, ho cercato di passare Button all’esterno ma continuava a allargarsi all’ultima curva. Non credo che l’abbia fatto apposta a mandarmi fuori, comunque” dice Hamilton. Niki Lauda, però, la vede in maniera molto diversa. “Lewis ha superato tutti i limiti, non puoi guidare così”. Per il team principal Martin Whitmarsh, “sapeva che doveva mettere pressione su Sebastian Vettel e ha commesso un errore. Jenson non sapeva che Hamilton era lì e stava cercando di guadagnare una posizione. Forse qualcuno ci criticherà, ma è così che gestiamo la squadra. Lewis è un pilota straordinario e appassionato, sarebbe un errore per noi frustrare la sua passione”.
Gara sospesa – Rientra la safety car e le Ferrari ringraziano: nei primi quattro giri lanciati hanno perso 4 secondi da Vettel. Button, che deve scontare una penalità per violazione dei limiti di velocità in regime di safety car, si ferma ai box per montare le intermedie. È un rischio che sembra pagare, gira 3 secondi meglio dei primi. Al 18° giro il Cavallino si adegua e richiama anche Alonso. Ma due passaggi più in là, la pioggia si fa più forte, l’inglese e l’asturiano devono di nuovo montare le full wet, aiutati dal nuovo ingresso della safety car. Al 25° giro, la direzione gara ferma la corsa per due ore. Chissà se in quei lunghi minuti di attesa, a Button tornano in mente i suoi inizi a Frome, il primo test per la patente fallito perché è andato troppo vicino a una macchina parcheggiata, la via che gli hanno dedicato, l’accoglienza nella sua vecchia scuola dopo il titolo mondiale e quelle uniformi ancora sempre uguali, sempre quelle. Chissà se ripensa al Beetle di papà John che correva nei rallycross degli anni ’70 e l’ha chiamato Jenson in onore del suo grande rivale, Erving Jensen (la e diventa o per non essere confuso con la Jensen Motors). Finalmente si riparte, ancora tutti dietro la safety car per sei giri. La pista intanto si asciuga e molti si fermano per passare alle intermedie.
Il miracolo di Button – Al 37° passaggio, Alonso attacca Button all’esterno. Lo spagnolo tocca la McLaren e, tradita da un cordolo scivoloso, deve ritirarsi: un finale amaro, il primo zero del Mondiale, dopo la miglior qualifica della stagione, registra il primo zero del Mondiale. L’inglese torna ancora ai box, e quando rientra in pista è ultimo. Nell’alternanza dei pit stop e nei cambi di strategia, chi sembra pagare di più è Massa. A lungo secondo, il brasiliano viene superato da Webber, Button e Schumacher, mentre tenta l’attacco a Kobayashi. Al 54° giro, poi, dopo aver cambiato le gomme, scivola sul bagnato nel doppiaggio a Petrov e rovina il muso: nuova sosta e addio podio. Tre passaggi più in là il gruppo si compatta di nuovo, l’incidente di Heidfeld richiama ancora in pista la safety car. Si riparte al giro 60, ma stavolta la pista è asciutta. Button si lancia in un duello spettacolare, supera Webber e Schumacher e si lancia all’inseguimento di Vettel quando mancano 4 tornate all’arrivo di una gara unica. All’ultimo giro il tedesco commette il primo vero errore della stagione, sbaglia la frenata e consegna a Button la decima vittoria in carriera dopo 4 ore e 4 minuti di corsa a Notre Dame. “E’ stata una gara fantastica, mi sarei divertito anche se non avessi vinto. È stata una battaglia immensa, una rimonta straordinaria” dice Button a caldo, “non so che altro dire”. Una vittoria la sua che però, non cambia gli equilibri nel Mondiale, Vettel rimane avanti con 60 punti e in Giappone diventerà il più giovane bi-campione del mondo nella storia della F1. Ma questa è la notte di Button, che non ha dimenticato la lezione che tutti i ragazzi di Frome imparano presto. “Devi essere in forma per crescere qui” spiegava al Telegraph la responsabile dell’ufficio turistico, “non ci sono strade dritte”. Solo uno così poteva vincere il gran premio più lungo di sempre.
Sotto qualche scatto del treno impazzito Button
E’ domenica 30 ottobre 1988, siamo a Suzuka, in Giappone. La stagione di Formula 1 sta volgendo al termine: siamo infatti al 15^ e penultimo Gran Premio dell’anno.
Questa però è una di quelle mattine diverse dalle altre. I piloti si sono svegliati dall’altra parte del mondo, in Oriente. Devono fare i conti con il fuso orario, il freddo. E, come se non bastasse, piove.
Ma ce n’è uno a cui questa situazione non dispiace affatto, anzi. E’ il protagonista di questa rimonta. Il suo nome, ovviamente, è Ayrton Senna da Silva. Detto Magic.
Suzuka 1988: “falsa” partenza
Il pilota brasiliano è ad un passo dal suo primo titolo mondiale in Formula 1. L’unica cosa che lo separa dalla gloria è il suo acerrimo rivale e compagno di squadra della McLaren, il francese Alain Prost.
Alla vigilia del GP di Suzuka, la classifica piloti dice: Senna 75, Prost 72. La regola degli scarti dell’epoca impone di considerare validi per il campionato solo i migliori 11 risultati stagionali di ogni pilota. Ciò significa che vincendo in Giappone, il brasiliano sarebbe per la prima volta campione del mondo!
Proprio loro occupano le prime due posizioni sulla griglia di partenza. Nelle qualifiche, Senna ha ottenuto l’ennesima pole position (la 12^ su 15 gare), mentre Prost è subito dietro di lui. Tra i due c’è stima e rispetto, ma anche grande rivalità. Il francese è ben intenzionato a fare di tutto per negare il primo posto al compagno. Tuttavia, non ha fatto i conti con quest’ultimo: quel giorno, infatti, Senna ha un appuntamento col destino.
Magic è convinto di farcela: a Suzuka vincerà la gara davanti a Prost e si laureerà campione. Sembra un film già scritto. Tutto pare apparecchiato per la festa del brasiliano, certo di salire sul gradino più alto del podio anche stavolta. Anche nell’aria si respira un’atmosfera particolare. C’è tensione, e pare ovvio che questo sarà un Gran Premio da tramandare ai posteri.
Così sarà.
Ai semafori verdi, ecco che accade l’imprevisto.
Senna non parte male. Parte peggio. Anzi, non parte proprio. Il motore della sua monoposto gli gioca infatti un pessimo scherzo, abbandonandolo sulla linea di partenza. Al suo fianco, quindi, Prost ha vita facile, così come tutti gli altri. La macchina del brasiliano praticamente non si muove, e quasi tutti i piloti che gli stanno alle spalle gli sfrecciano a lato senza difficoltà, tra lo stupore generale.
In un attimo, ecco la tragedia: doveva essere la giornata della vita per Senna, ma si è subito trasformata in un incubo. Il pilota scivola così in 14^ posizione, riuscendo a riavviare il motore per miracolo solo grazie alla leggera pendenza su cui è disegnata la griglia di partenza. La sua gara, quindi, inizia a dir poco in salita.
La rimonta impossibile di Magic Senna
Davanti a tutti c’è ovviamente Prost, che ha colto l’occasione al volo; dietro di lui l’austriaco Berger (Ferrari) e l’italiano Capelli (March). Il francese ha ora nelle sue mani la possibilità di riaprire definitivamente la corsa per il titolo, che si deciderebbe quindi all’ultimo Gran Premio della stagione. Finisse così, Prost si ritroverebbe momentaneamente primo nella classifica del mondiale.
Fatto sta che Senna non si perde d’animo e, malgrado la sfortuna, riprende in mano il volante e la gara. “Pensavo fosse finita perché ero troppo indietro per sorpassare tutti. Però ho cercato di ‘raffreddare’ la testa e poi andare, più veloce, più veloce possibile“, dirà lui dopo la corsa.
Logico no? Sì, ma di certo più facile a dirsi che a farsi. Soprattutto a 300 km/h.
Mentre i piloti di testa si danno battaglia, Senna inizia quindi la sua personale rimonta. Ayrton si aggrappa alla sua forza interiore, al suo coraggio, alla sua fede. Al 4^ giro ha già recuperato 3 posizioni. In pochi minuti aggancia una manciata di piloti che andava ad una velocità nettamente inferiore rispetto alla sua McLaren.
Dal 15^ giro, la pioggia comincia ad accompagnare la gara. Senna ne risente. Sì, ma in meglio.
Uno dopo l’altro, gli avversari vedono sfrecciargli affianco la sua monoposto, increduli. Senna sorpassa Patrese, poi Nannini, Boutsen e Alboreto. Intanto, Capelli dà filo da torcere là davanti a Prost, superandolo: il fato però sembra essere ancora una volta tutto dalla parte del francese, che vede il pilota della Lotus rallentare per un problema alla macchina.
Più la gara entra nel vivo e più Senna recupera posizioni, fino ad arrivare a quelle di vertice. Il brasiliano scavalca ogni auto che si trova davanti, anche Berger: il 28enne di San Paolo è letteralmente su un altro pianeta. Suo sarà ovviamente il giro veloce del circuito a fine Gran Premio.
Dopo essersi lasciato alle spalle anche il pilota della Ferrari, Senna “mette nel mirino” Prost.
Lo scrivo tra virgolette perché, sebbene sia già al 2^ posto, il suo compagno di squadra ha ben 11 secondi di vantaggio.
E’ chiaro che un sorpasso non basta più. Una rimonta non basta più. Forse neanche un miracolo basta più. Serve qualcosa di irreale, qualcosa di magico. Ma se c’è uno che può riuscirci è proprio lui, Ayrton Magic Senna.
Senna campione del mondo!
Inizia quindi un’altra gara per lui, un’altra battaglia. Davanti a lui c’è una montagna da scalare in poco tempo. La pista è bagnata e la distanza troppa, e come se non bastasse fra i due ci sono anche diversi doppiati. Proprio loro però creano qualche problema a Prost, che perde secondi importanti nel superarli. Poi, la Dea Fortuna decide di “pareggiare” i conti: anche il francese deve infatti fare i conti con un problema, nel suo caso alla manopola del cambio. E altro tempo se ne va: vitale per Senna.
Il brasiliano si avvicina sempre più, ormai sente l’odore dell’altra McLaren. Lo riconosce. Primo posto vorrebbe dire mondiale vinto, e per giunta al primo anno in un top team. Già, ma quello davanti a lui è comunque un campione esperto come Prost: impossibile che butti via tutto il vantaggio accumulato. La sorpresa è sempre dietro l’angolo, ma i più sono certi: il titolo mondiale del 1988 si deciderà il 13 novembre al Circuito di Adelaide, in Australia.
Ma Senna non è d’accordo.
Il momento clou avviene al 28^ giro. Senna ha recuperato i secondi di svantaggio e si avvicina pericolosamente alla posizione occupata da Prost. Il brasiliano è carichissimo, ed ora non è più lui quello in difficoltà. Ecco il rettilineo, proprio affianco ai box. Senna vede uno spiraglio all’interno e ci si butta con violenza e tanta – tanta – classe, come solo lui sa fare. E’ dentro! E’ davanti!
Prost è incredulo. Senna no.
Ed ecco che la magia è servita.
Da lì in poi sarà un controllo totale, una gestione con calma olimpica della parte restante di gara. Il pilota brasiliano amministra fino alla fine, mantenendo ben salda la prima posizione. Impossibile per il francese, in quelle condizioni, con la pista bagnata ed il morale a terra, tentare il controsorpasso sul compagno. Se anche ne avesse ancora, il “problema” non sarebbe lui: è l’altro – Senna – ad andare ad una velocità sovrumana.
Ed è finita! Senna vince ed è campione del mondo! 1’41″853 il suo tempo: in ritardo di appena 324 millesimi Prost, consapevole di aver appena visto passare qualcuno – o qualcosa – che non ripasserà mai più sulle 4 ruote.
Rimonta impossibile del “Mago”, che può così alzare le braccia al cielo.
A Suzuka, quel giorno, è nata una stella! Una stella, di colore verdeoro.
Sempre Suzuka Michael Schumacher si gioca il mondiale con Mika hakkinen Annato 1998 i due riviali nemici amcii che però si stimano molto partono davanti, la rossa n. 5 del tedesco è davanti per l’occasione il tedesco sfoggia un casco nuovo che conserva il suo disegno di base, la bandiera tedesca con il cerchio blù in testa con le stelle all’interno, ma sui lati del casco c’è disegnata la bandiera del traguardo, su uno sfondo argentato, celebrativa di questo finale di stagione.
Lo start offre subito cotto e mangiato il primo colpo di scena che sarà decisivo per le sorti nonchè l’assegnazione del mondiale, ebbene sì, da non credere, il tedesco si fa spegnere la vettura (come un automobilista distratto al semaforo che fa scendere i giri del motore) forse l’emozione per il suo primo titolo in rosso, il regolamento però parla chiaro, la gara parte lo stesso, per il barone rosso tedesco c’è l’ultima casella dello schieramento.
Anche qui rimonta furiosa strategia che ovviamente salta può essere bruciata tranquillamente già al via Schumacher salta 4 vetture, più lente ma comunque con una partenza fulminea si lancia all’inseguimento folle di Hakkinen che sotto sotto magari ride sotto al suo casco bianco azzurro che riporta i colori della sua amata Finlandia per questo regalo inaspettato che proprio il suo rivale gli ha servito su un piatto d’argento (guarda caso il colore della sua McLaren). La gara rimonta di Schumi a parte non offre emozioni anzi, risulta noiosa con il finlandese che davanti conduce, comanda e porta a termine senza patemi portandosi a casa il suo primo alloro con i colori dell’arcobaleno,
Nell’ultima parte di gara anzi arriva anche la beffa per il tedesco in Ferrari la sua gomma posteriore destra quando era terzo al giro numero trentuno, cede e si schianta di botto anche per il tedesco fermata obbligata nella ghiaia a bordo pista con tutta delusione che traspare sul volto, del campione di Kerpen dopo che si toglierà casco e sottocasco (un copione per certi versi simile a quello di Alesi nel 95 dove la rossa troppo spremuta come un arancia rossa nel senso letterale del termine dal pilota cede appiedando il suo conducente o fantino passateci la metafora).

Infine l’ ultima rimonta degna di essere menzionata che sarà anche un punto di svolta cruciale per l’annata 2018 i duellanti al titolo sono il ferrarista tedesco (come Schumacher corsi e ricorsi) Seb Vettel e l’anglo caraibico Lewis Hamilton, che scatterà dall’ ultima posizione a causa di un problema tecnico (stranamente) alla propria Mercedes che costringe il pilota su monoposto n. 44 a saltare l’ultima tranche di prove la III praticamente escludendolo dalle prove. Sembrava un regalo perfetto per Vettel in lotta per il titolo, partenza in pole, circuito di casa, il ferrarista teoricamente deve portare la vettura al traguardo gestendo, ma tutto cambia la domenica, sembrava tutto pronto per la festa in casa tedesca per la rossa, ma invece ci sarà il point break (famoso film sui surfisti degli anni 90) cd punto di rottura e la svolta stagionale.
Il Mondiale 2018. Uno dei campionati che ha segnato il duello tra Ferrari e Mercedes. In Gran Bretagna, 18 luglio, Vettel si prende la vittoria ed eguaglia le 51 vittorie di Alain Prost. Ma nel gran premio successivo in casa del tedesco, la vendetta è servita. Il tutto per un errore però grossolano del pilota della rossa, che al 51° giro e con la Safety Car in pista, finisce fuori alla curva Sachs, mentre Hamilton – non penalizzato per essersi rimesso mentre stava rientrando ai box per il cambio gomme – conquista la vittoria numero 63 e si riprende la vetta della classifica, che poi non lascerà più fino al termine della stagione CON IL TITOLO che prenderà la via della casa della stella a tre punte, non indifferente infatti la botta dal punto di vista psicologico, la ‘mazzata che subirà il ferrarista’ che durante il prosieguo della stagione risulterà più ‘moscio’.
La gara che non ti aspetti. Quando tutto sembrava portare alla vittoria di Sebastian Vettel arriva a sorpresa l’errore del tedesco. Ne approfitta Hamilton, che completa una rimonta incredibile dal 14° posto in griglia di partenza e festeggia la quarta vittoria stagionale davanti al compagno di squadra Valtteri Bottas e alla Ferrari di Kimi Raikkonen.
ARRIVA LA PIOGGIA – Quando siamo a 43 giri Hamilton entra ai box e monta le ultrasoft. Rientra al quinto posto, ma due giri dopo la pioggia tanto attesa finalmente si palesa sul circuito. Leclerc e Alonso sono i primi a entrare ai box, i piloti di testa invece temporeggiano anche perchè a 21 giri dalla fine piove solo su alcuni tratti della pista, in particolare la curva 6. Un giro dopo punta sulla pioggia la Red Bull, con Verstappen che rompe gli indugi e monta le gomme da bagnato, ma tre tornate più tardi deve tornare sui suoi passi e rimettere le slick.
VETTEL OUT – Mentre sulla pista ancora continua a regnare l’incertezza atmosferica e la pioggia torna a bagnare il circuito, al giro 51 Bottas attacca Raikkonen e lo passa, complice un fuoripista di Magnussen che ha costretto il ferrarista a finire lungo. Ma il disastro in casa Ferrari arriva due giri dopo: Vettel esce clamorosamente di pista in curva 13 e va a sbattere contro le barriere dicendo addio a una gara che stava dominando. Bottas rientra ai box, poi tocca alla safety car compattare il gruppo, con Hamilton al comando davanti al compagno di scuderia e a Raikkonen, reduce da un’altra sosta ai box per montare le ultra soft.
IL RUSH FINALE – La safety car esce quando mancano dieci giri e la battaglia per la vittoria può riprendere. Ne approfittano subito le due Mercedes che allungano su Raikkonen. Inizialmente è però una parata verso il traguardo, perchè Bottas tenta alla prima occasione il sorpasso su Hamilton. L’inglese tiene duro, non cede la posizione e anzi nei due giri successivi incrementa il suo vantaggio sul compagno di scuderia, con Raikkonen che prova a farsi sotto per la piazza d’onore. Davanti Hamilton continua a far registrare tempi da record e legittimare una rimonta che, complice l’errore di Vettel, ha un valore enorme in chiave classifica iridata. L’inglese ora comanda con 17 punti di vantaggio sul tedesco della Ferrari.
Sotto scatti della gara di Hockeneim in terra tedesca