Napoli ha una nuova icona. Non ha un volto, non ha un nome, ma le sue Madonne in reggiseno stanno incendiando il dibattito culturale e religioso della città. C’è chi la chiama blasfema, chi la considera una rivoluzionaria, chi vorrebbe vederla bruciare all’inferno. Lei? Se la ride, mentre affigge i suoi poster tra i vicoli del centro storico. Perché l’anonima artista dietro OgniDonnaUnaMadonna
non cerca lo scandalo fine a sé stesso. Vuole cambiare la percezione della femminilità. E lo sta facendo nel modo più potente possibile: sbattendola in faccia ai pregiudizi.
L’arte che divide, l’arte che innalza
Le sue Madonne non sono quelle delle chiese. Sono audaci, sfacciate, mangiano pizza, bevono vino, fumano sigarette. Alcune hanno le fattezze di Sophia Loren, Nina Simone, Frida Kahlo. “Scandalose”, urlano i più conservatori. Ma la vera domanda è: perché? Perché una donna con un décolleté è oltraggiosa? Perché la sensualità è incompatibile con la sacralità?
L’artista lo chiede senza mezzi termini: “Se creo una Madonna con un reggiseno, sto bestemmiando? No. Porto lei a livello terreno? No. Innalzo tutte quante.” E qui sta la rivoluzione: la sua arte non vuole dissacrare la Madonna, ma rendere sacra ogni donna. Anche quella con la scollatura profonda, anche quella che ride sguaiatamente, anche quella che manda al diavolo chi la giudica.
Dietro l’arte, la ferita
Questa non è solo una provocazione estetica. OgniDonnaUnaMadonna nasce da una ferita vera, profonda. Un’esperienza di abuso, di violenza sottile ma devastante. Un’amicizia tradita da un uomo che ha pensato che un vestito valesse più di un “no”. “Negai il consenso dolcemente, all’inizio,” racconta l’artista. “Dopo la sua grave insistenza, reagii brutalmente.” Il giorno dopo, lui si giustificò: “Ma tu eri vestita in quel modo.”
Quelle parole sono diventate una miccia. Da quel momento, il catcalling non è stato più un fastidio passeggero, ma un’umiliazione. Il peso dello sguardo altrui è diventato insopportabile. OgniDonnaUnaMadonna è la risposta. Un grido di ribellione stampato su carta, un pugno contro il muro del patriarcato.
L’anonimato come arma
L’artista resta anonima. Non per paura, ma per strategia. All’inizio, tutti pensavano che fosse un uomo. E questo dice già tutto: se fosse stata un’artista maschio a realizzare le stesse immagini, sarebbe stato definito un innovatore, un genio. Invece è una donna, e quindi è solo “una che vuole provocare”.
Ma c’è di più. “Il mio anonimato permette alle donne di vedere se stesse nelle mie immagini,” spiega. E il risultato è potente. I suoi poster diventano specchi. Ogni donna ci si riflette dentro, ci trova una parte di sé. E l’effetto è dirompente.
Il fastidio come specchio della società
Le sue opere dividono. Chi si scandalizza non lo fa per caso. “Una Madonna sexy”è la peggiore bestemmia, per alcuni. Perché l’amore per se stesse e la sensualità come appropriazione non sono contemplate,” dice l’artista. E questo è il vero nodo della questione: la libertà femminile continua a fare paura.
Le sue Madonne non sono vittime. Non sono sante da piangere o eroine da idolatrare. Sono donne vive, con tutta la loro complessità. E la società non è pronta. “Purtroppo, ci vogliono morte per riconoscerci sacre,” dice amaramente. “Un giorno prima di morire siamo stronze, puttane, esuberanti. Poi, all’improvviso, diventiamo angeli.”
Arte, rabbia e rivoluzione
Il progetto OgniDonnaUnaMadonna non è solo un’operazione artistica. È un manifesto, un’esplosione di consapevolezza che non chiede il permesso. L’artista non vuole essere amata da tutti. Non cerca l’approvazione dei moralisti. Vuole solo che la gente si fermi a guardare e si chieda: perché mi disturba?
E la risposta, per molti, sarà scomoda. Perché il vero problema non sono i suoi poster, ma il riflesso che mostrano della nostra società. Una società che, ancora oggi, fatica ad accettare che una donna possa essere libera e sacra nello stesso momento.
Ma il cambiamento è già iniziato. E passa da quei muri di Napoli, dove una Madonna con il rossetto rosso e un sorriso beffardo continua a sfidare il mondo.
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