OTGL, in scena “Big Ben ha detto stop”

Ieri sera presso l’Officina Teatrale Generazione Libera (Caserta) è stato rappresentato lo spettacolo Big Ben ha detto stop! frase pronunciata dal Enzo Tortora quando, durante la trasmissione Portobello, annunciava la fine delle telefonate dal pubblico. Prima dello spettacolo Claudia Buono ha ricordato agli spettatori le attività di Generazione Libera che, attiva sul territorio dal 2011, si occupa di problematiche giovanili e aiuto alle fasce più deboli con attività culturali, doposcuola e teatro. Ha un centro polifunzionale a Tuoro (Caserta), dove è presente un piccolo teatro off, che offre una ricca stagione teatrale e settimanalmente laboratori teatrali. Inoltre all’interno del carcere di Carinola ha un laboratorio di panificati e pasticceria, denominato “I farinati”, che offre formazione e possibilità di lavoro ai denetuti. Al centro di Caserta ha una riciclofficina per la riparazione di biciclette, in cui è impiegato un ragazzo extracomunitario che offre un servizio alla comunità a prezzi popolari. Dopo il suo intervento ha avuto inizio lo spettacolo di Nicola Maiello, con Giovanni Allocca, regia di Massimo di Matteo, che si pone il proposito di ricostruire dal basso la triste e paradossale vicenda giudiziaria di Enzo Tortora. All’ingresso del teatro lo spettatore è accolto da una macchina da scrivere ricolma di intagli di giornale (Corriere della sera, Gente, Gazzetta dello sport), appoggiati anche sulle poltrone, che annunciavano l’arresto del celeberrimo conduttore televisivo. Sul palco una televisione da riparare, un fornello per preparare il caffè e sullo sfondo un dipinto ad acquarello suggeriscono allo spettatore di trovarsi a Genova alla fine anni ‘80. Dalle quinte appare un radiotecnico (il bravo Giovanni Allocca, che è riuscito a tenere la scena da solo per ben 70 minuti) che, amico di infanzia del presentatore Enzo Tortora, decide di ricostruirne la storia e la vicenda giudiziaria. Attraverso il suo filtro sono ripercorsi gli eventi più controversi del dopoguerra italiano e soprattutto dell’avvento della televisione. Un intenso odore di caffè avvolge la sala, l’attore scende dal palco per offrirne una tazza agli spettatori ai quali pone la domanda spiazzante “e voi ci avete creduto?”. L’ordinarietà e la serenità si incrina e lascia così spazio alla narrazione di eventi che hanno dell’incredibile. In questo preciso istante la mente immagina lo stato d’animo di Enzo Tortora che, da una situazione di assoluta normalità, si vede proiettato in una bolgia infernale. Tutto ha inizio negli anni ‘50 , gli spettatori sono allietati dalla dolce melodia di “Aprite le finestre” di Franca Raimondi, che dopo gli anni della guerra sembra ricordare a tutti il diritto di restare bambini il più a lungo possibile. Tortora e il suo amico radiotecnico hanno conosciuto “il ferro dei proiettili e delle bombe” che piovevano dal cielo, ma dopo tanto calvario Tortora riesce nell’impresa di diventare presentatore televisivo. Il protagonista in scena ricorda lo stupore di averlo visto in Tv, con la giacca color verde pisello, a presentare un concorso di bellezza, con Silvana Pampanini. Erano quelli anni in cui si aveva fame di normalità, quiete e voglia  di distrarsi anche attraverso il ciclismo. La televisore diviene una nuova religione e presto segna limite tra persone comuni e personaggi. Attraverso un salto temporale si giunge poi agli anni ‘70 , Tortora è critico nei confronti del servizio pubblico e così inizia il suo esilio nelle televisioni private, da Tele Biella ad Antenna 3, che dava voce alle persone comuni. È questo il periodo in cui si montano antenne ovunque e lo spettatore si ritrova nuovamente di fronte all’immagine del ferro (da quello caduto delle bombe a quello lanciato per piantare antenne). Dopo otto anni di esilio nelle reti private e locali, Tortora ritorna sulle reti nazionali con “Portobello”, ma durante il momento più alto del suo successo è letteralmente “strappato dal suo letto” ed è arrestato  per camorra e traffico di droga (dal ferro caduto e a quello lanciato si passa a quello freddo e vergognoso delle manette) Quest’evento era stato presagito da un’agenzia dell’Ansa a cui Tortora aveva replicato con l’ironia che lo caratterizzava:

credo che la notizia sia leggermente esagerata”

Le parole, le fesserie venivano anche dalle persone che avevano lavorato con lui. Le prove erano totalmente inconsistenti (in un’agenda di un camorrista si ritenne che il nome Tortona rimandasse a Tortora). Tutti i pentiti (ben 19) si iscrissero al Festival della bugia. Enzo Tortora avrebbe controllato anche i soldi della ricostruzione degli anni 80, avrebbe avuto voti della camorra quando si candidò alle Europee. A questo punto sulla scena, mentre racconta al pubblico questi fatti, il radiotecnico si ostina ad aggiustare un televisore

E allora è necessaria una ricostruzione-riparazione dei fatti, dei danni e quando non si trova il guasto, bisogna ricontrollare tutto: ogni valvola, ogni transistor, alimentatore, tubo catodico, altoparlante”

Riparare il televisione allude anche alla necessità di ricostruire i fatti, ripristinare la verità, ridare giustizia a chi ha subito solo torti, permettere una visione chiara dell’affaire Tortora.

Tortora sarà condannato in primo grado a 10 anni, ma prosciolto da ogni accusa in Appello con sentenza confermata in Cassazione.

L’opinione pubblica si spaccò. A tal riguardo, suonano profetiche le parole di Leonardo Sciascia:

“Quando l’opinione pubblica appare divisa su un qualche clamoroso caso giudiziario – divisa in “innocentisti” e “colpevolisti” – in effetti la divisione non avviene sulla conoscenza degli elementi processuali a carico dell’imputato o a suo favore, ma per impressioni di simpatia o antipatia. Come uno scommette su una partita di calcio o su una corsa di cavalli. Il caso Tortora è in questo senso esemplare: coloro che detestavano i programmi televisivi condotti da lui, desideravano fosse condannato; coloro che invece a quei programmi erano affezionati, lo volevano assolto

Tortora riprese a ricondurre Portobello e rivolgendosi ai suoi spettatori esclamò

Dove eravamo rimasti”

Nulla sarà però più come prima. Tortora morirà a causa di un tumore un anno dopo la sua assoluzione.

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