REGIONE: 36,5 milioni di euro per gli “LSU” della Campania. Inps: operazione trasparenza, in Italia ci sono 15mila lavoratori socialmente utili

a cura di Iole Vaccaro

È stata sottoscritta la convenzione per 36,5 milioni fra la Regione Campania e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, per garantire la continuazione dell’attività degli LSU presso gli enti locali della Campania.

La cifra, a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione, coprirà per l’intero 2016 le spese per tutte le 4.607 unità impegnate in lavori socialmente utili.

La convenzione prevede  anche un impegno costante della Regione Campania nel monitoraggio del bacino regionale degli LSU.

“L’obiettivo – ha dichiarato l’Assessore al Lavoro Sonia Palmeri – è quello di segnalare al Ministero del Lavoro, con scadenza semestrale, il numero dei posti vacanti nelle dotazioni organiche di tutti gli enti pubblici della regione al fine di ipotizzare forme condivise di stabilizzazione”.

L’iniziativa si raccorda con i 2 bandi di esodo incentivato degli LSU della regione Campania, finalizzati allo svuotamento del bacino, che con uno stanziamento totale di circa 13 milioni hanno permesso ai primi 156 LSU di essere accompagnati al trattamento pensionistico. Attenzione e tutela verso le fasce deboli dei lavoratori: continua l’azione della Giunta De Luca.

Dal canto suo l’Inps  informa, continuando nell’opera di trasparenza “Inps a porte aperte” , che oggi vi sono circa 15.000 lavoratori socialmente utili per un costo di circa 70 milioni annui.

I lavori socialmente utili (LSU) sono stati istituiti nel 1981 con l’obiettivo dichiarato di offrire ai lavoratori temporaneamente sospesi dal lavoro un’attività con fine di pubblica utilità. Negli anni il bacino di questi lavoratori è fortemente cresciuto fino a raggiungere 170.000 persone a fine anni ’90.  La legge 390 del 1981, che ha introdotto i lavori socialmente utili, prevedeva che i lavoratori in CIGS delle regioni del Mezzogiorno potessero essere utilizzati in servizi di pubblica utilità. Dal 1984 questa possibilità è stata estesa a tutto il territorio nazionale.

Fra il 1991 e il 1994 è stata ampliata la sfera dei lavoratori utilizzabili, che è arrivata a comprendere anche i lavoratori in mobilità, i disoccupati iscritti da più di 24 mesi nelle liste di collocamento, i lavoratori iscritti alle liste di mobilità con o senza indennità, le categorie di lavoratori individuati dalle CRI (commissioni regionali per l’Impiego) e i lavoratori in disoccupazione speciale edile. Con il Decreto Legislativo n. 81/2000 e l’articolo 50 della Finanziaria 2003 si comincia a svuotare progressivamente il bacino di lavoratori socialmente utili. Le procedure che consentivano l’utilizzo di lavoratori in attività socialmente utili sono state abrogate, ma è stata mantenuta la possibilità di impiego diretto di lavoratori titolari di trattamenti previdenziali da parte delle pubbliche amministrazioni. Pertanto nel 2000 cessa la possibilità di approvare nuovi progetti di attività socialmente utili e viene disciplinata la prosecuzione di quelli già in corso.

Si possono distinguere due categorie di lavoratori socialmente utili: i cosiddetti “transitoristi” ovvero i LSU che continuano le attività con oneri a carico del Fondo sociale occupazione e formazione (FSOF) e i lavoratori cosiddetti “autofinanziati” che continuano le attività con oneri a totale carico delle Regioni o enti utilizzatori. Attualmente le Regioni che hanno ancora attivi i Lavoratori socialmente utili a carico del FSOF sono soltanto sette (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia e Lazio). Pertanto il Ministero sta ponendo in campo misure di politica attiva mirate allo “svuotamento” del bacino dei LSU a carico del FSOF, attraverso la stabilizzazione dei lavoratori presso gli stessi Enti utilizzatori o attraverso l’erogazione di incentivi regionali finalizzati all’attività autonoma o alla micro-imprenditorialità.