a cura di G.V.
Antenna sì, antenna no. Della necessità di un’antenna nessuno discute. Ovviamente il discrimine è dato sempre dal ‘come’. Il ‘come’ è un ostacolo insormontabile in qualsiasi tipo di discussione; basti pensare alle discussioni politiche, dove dato il problema A, ci si accapiglia sul come rendere lo stesso.
Questa premessa è importante, in quanto il problema dell’antenna va visto nella sua interezza e non solo sotto il profilo dell’inquinamento. Del resto pare che a tutt’oggi non vi sia un’adeguata letteratura scientifica che dimostri quanto, come e perché le fonti elettromagnetiche inquinino. Orbene se ci limitiamo a ciò, ogni discorso potrebbe ammettere l’utilizzo e l’installazione delle antenne dovunque. Un esempio: se l’antenna non emette inquinamento perché non installarla su Palazzo Reale, o sul Belvedere o sul Duomo di Casertavecchia?
Ma il problema è proprio in questo, per meglio dire proprio nell’installazione, la quale, anche per eventuali altri strumenti e/o per la costruzione di immobili o manufatti vari, pare non tenere conto di altre esigenze; anche se l’esigenza cardine è il suolo, che, è meglio ricordarlo, non è illimitato ed anzi, oggigiorno, ci troviamo a dover affrontare anche i problemi derivanti dall’insensato consumo dei suoli messo in atto dalla fine degli anni Cinquanta ad oggi, consumo, che, volendo limitarci al territorio della città di Caserta ed a quello dei comuni limitrofi, ha visto scomparire terreni di altissima qualità agricola, di cui c’è traccia tanto negli scrittori classici quanto negli scrittori del Grand-Tour (un nome per tutti Goethe). Tra l’altro il consumo dei suoli non è nemmeno avvenuto in modo razionale o, per meglio dire, rispettando i requisiti richiesti da qualche piano regolatore (ce lo ricordiamo che il PRG di Caserta è stato attuato solo nella prima metà degli anni Ottanta?), ma si è pensato solo a costruire capannoni (gran parte dei quali dismessi a seguito della riduzione delle attività industriali) e soprattutto a costruire case su case, facendo scomparire ovunque le vie Gluck di celentaniana memoria, con tutti i problemi che l’urbanizzazione comporta (ad es. il traffico è figlio o no anche e soprattutto di questa?).
L’antenna di Monte Cerrito per il modo (e ‘l modo ancor m’offende, poetava qualcuno) in cui è stata finora gestita sa tanto di pressapochismo, di incuria, di dilettantismo, uniti questi ad un’arroganza del potere (e non basterebbero a questo punto i vari studi dei grandi sociologi e studiosi di dottrina dello stato) che, purtroppo, nell’attuale società la sta facendo sempre più da padrone, atteso che tanto gli uomini politici che quelli che lavorano nelle istituzioni non hanno la benché minima preparazione. L’installazione di un’antenna o di altro richiede una conoscenza ‘altra’, perché occorre individuare le varie parti che si intersecano: la storia, la tradizione, gli usi socio-economici, il diritto, eventuali aspetti archeologici, sanitari, di relazioni, etc., questi elementi devono stare a monte di qualsiasi scelta, invece, noi li trascuriamo con scelte insensate, di cui tutti, nessuno escluso, pagano le amare conseguenze.
Il problema principale dell’antenna di monte Cerrito è il problema del paesaggio. Vogliamo tutelare o no il paesaggio? E questo lo dice la Costituzione, che non deve essere brandita solo all’inizio dell’inaugurazione dell’anno giudiziario o contro questo o quel nemico (ma esiste l’avversario?) politico. Il paesaggio va tutelato sempre, in qualsiasi momento ed in qualsiasi spazio. Non basta partecipare a convegni, a sfilate, a proclami sui siti, farsi bellini, se poi non si ha la coerenza culturale di aderire fattualmente ad una visione di tutela, perché la tutela del paesaggio, come la proclamazione di qualsiasi principio valoriale va attuato quotidianamente.
Se continuiamo a mettere antenne su antenne su monte Cerrito e sui vari monti Tifatini, tra poco i Tifatini saranno di nuovo boscosi, ma… di antenne. E’ forse così che vogliamo attualizzare l’etimologia del termine Tifata, che, per l’appunto, significa boscoso?
Il paesaggio è la sommatoria di varie anime e di diversi periodi storici; in sintesi il paesaggio è l’elemento identificante della popolazione che insiste sul suo territorio. Se non vogliamo o possiamo capire, questo di strada non se ne fa, come non se n’è fatta finora. Dovremmo, però, essere coerenti: non lamentarci più!