Ieri sono stato al Ricciardi di Capua per assistere alla proiezione del film “Felicità” di Micaela Ramazzotti. I commenti negativi su questo film sono tanti, in molti traspare un senso di fastidio perché il film è angosciante. Ecco, questo è un punto. Il film è angosciante, e lo è perché affronta temi fondanti, quelli che toccano il centro della vita di tutti. Il rapporto con i genitori, l’effetto su di noi delle zone d’ombra che ci portiamo dentro, il non detto, la sensazione di non essere in grado di governare la propria vita. Il messaggio di fondo è positivo, cambiare si può, si può provare, ma il percorso, raccontato con toccante realismo, è difficile e accidentato, il risultato finale non è scontato. Poco consolante, insomma, forse non quello che chiediamo ad una serata di svago. Diversi hanno lamentato il modo in cui è tratteggiata la figura dei genitori: poco più di una macchietta, ma quelle figure trovano una definizione soprattutto nel loro reciproco rapporto. Si rafforzano l’un l’altro in una alleanza di chiusura al mondo, a cui sacrificano anche i figli. Non c’è niente di più solido di una coppia disfunzionale, in cui i malesseri si incastrano e questa alleanza diventa un vero tritacarne per i figli. Questo è uno degli aspetti più difficili da ‘vedere’ e pochi film hanno affrontato così apertamente un tema tanto scomodo nel paese del familismo imperante e spesso retorico.
Un film che fa pensare e anche un po’ soffrire, semplice (all’apparenza: la naivete’ di Desire’ si rivela una strategia di evitamento, disfunzionale anch’essa, ma con radici complesse), ma coraggioso.