Successo di pubblico al Ricciardi per “La bella estate”

Ieri sera in una sala gremita è stato proiettato il film di Laura Lucchetti “La bella estate”, liberamente tratto dal racconto omonimo di Cesare Pavese (i cui scritti raramente hanno avuto una trasposizione cinematografica) Presente in sala l’attrice  Yile Vianello, la protagonista del film. Il Ricciardi ci ha oramai piacevolmente abituato ad incontrare registi e attori, che si interfacciano con il Direttore artistico Francesco Massarelli, le cui interviste diventano spesso anche un modo per compiere una vera e propria immersione nella storia del cinema.
La bella estate narra  il passaggio dall’adolescenza alla maturità attraverso  volontà della protagonista di liberarsi dalle costrizioni del mondo rurale da cui proviene e che detta i valori su cui si basa il dolcissimo rapporto con il fratello (Severino, interpretato dal bravo Nicolas Maupas)
La regista fa uscire gradualmente la protagonista dal suo stato di verginità attraverso vari step. Il primo è quello della prima sigaretta che Ginia fuma con il desiderio di una nuova scoperta; il secondo è il disorientamento conseguente al primo incontro sessuale con il pittore; il terzo è rappresentato dal turbinio delle passioni provocate dal bacio con Amelia (la sensualissima Deva Cassel, la figlia di Monica Bellucci). È sintomatico come la regista abbia ripreso spesso l’attrice protagonista in ambienti che non la contengono (come la piccola vasca) per stabilire un parallelo con l’attrice stessa che è troppo piccola per contenere il suo mondo interiore e i suoi desideri. Su questo mondo interiore è basato l’intero film, al punto che il mondo esterno del fascismo è tagliato fuori attraverso la chiusura della finestra dalla quale provengono i rumori dei proclami di Mussolini. Si tratta di un bel film di una promettente regista, che in questo caso ha però troppo indugiato sulle descrizioni a danno forse dello slancio emotivo che avrebbe potuto indurre nello spettatore. La protagonista intervistata da Massarelli ha subito ammesso che si è trattato di un film difficile in cui  tutti gli attori e la regista “hanno messo tanto cuore”. La prima domanda del Direttore artistico all’attrice è stata incentrata sul rapporto tra il film e il libro. La protagonista ha fatto notare, a tal proposito, come la trasposizione sia stata molto libera e personale. La regista è molto legata ai temi dell’adolescenza e della post adolescenza e in questo senso ha voluto sottolineare aspetti di questa fase della vita  non sempre presenti nel racconto di Pavese.  Un punto su cui racconto e testo si discostano è poi la rappresentazione delle figure maschili, che nel film risultano ingentilite. L’uomo degli anni ‘30 è ,in effetti, molto diverso da quello che si vede nel film, anche nel racconto i protagonisti maschili sono molto più violenti. Alla domanda su come Yile abbia lavorato per modellare il suo personaggio, la protagonista ha risposto in questo modo:

Ho cercato di distaccarmi da me e ho pensato alla postura che le donne dell’epoca avevano davanti agli uomini. Per la parte emotiva di Ginia mi sono rifatta alle mie esperienze cinematografie precendenti, anche perché non ho un background accademico

Del resto, gli attori non hanno avuto tanto tempo per girare il film, La bella estate è un film prodotto con poche risorse e per questo è stato girato in soli trenta giorni. Ma, come ha ricordato Massarelli, c’è stata una pre-produzione, gli attori infatti sono stati chiusi in una casa per dieci giorni per conoscersi attraverso una serie di laboratori. I costumi e gli arredi, ha affermato la protagonista, sono il risultato di un compromesso, infatti sono stati confezionati abiti di scena che si indossano ancora oggi, al fine di avvicinare l’epoca in cui è ambientato il film alla nostra. Ricordiamo, a tal proposito, che i costumi sono opera di Maria Cristina La Parola, la fotografia di Diego Romero Suarez Llanos, le musiche di Francesco Cerasi, le scenografie di Giancarlo Muselli. Nel film, tra l’altro, molte scene sono state girate all’interno dell’atelier in cui lavora Ginia (è stata, a tal riguardo, scelta una palazzina diroccata vicino Torino) che nel libro raramente è nominato. Una parte molto interessante dell’intervista ha riguardato il tema dell’immagine. Nel film Amelia è una modella che si fa ritrarre nuda, quest’esposizione della corporeità, induce la protagonista verso l’emulazione.  Proporre il proprio corpo per farne un ritratto ha tratti molto moderni. A tal riguardo, Yile ha sottolineato come ieri come oggi
“Vogliamo che ci veda un altro e ci dica chi siamo”