23 novembre 1980 ore 19.34, il terrore, la morte e la distruzione, arrivarono implacabili ed inaspettati nel cuore del meridione d’Italia.
Una domenica, come le altre, la giornata era stata particolarmente mite, nonostante si era alla fine di novembre. Intere famiglie si apprestavano alla cena, molte comunità religiose, ultimavano il rito della messa vespertina, e gli sportivi, seguivano la TV nell’attesa di rivedere i goal della vittoria calcistica dell’Avellino sull’Ascoli.
Ad un tratto, un boato scosse gli animi e per 90 interminabili secondi, un terremoto di magnitudo 6.9 colpì, Campania, Basilicata e Puglia. I comuni più duramente colpiti dall’evento sismico furono quelli a cavallo tra provincia di Potenza, Avellino e Salerno. In un momento circa tremila persone persero la vita, la maggior parte nelle zone dell’epicentro, ma gli effetti devastanti si ebbero anche nelle province di Napoli, Caserta, Benevento e Foggia. Anche Marcianise patì le ferite, e lo spavento, di quell’evento. Molti edifici, comunque subirono dei danni e ancor oggi ad esempio, la chiesa del castello di Loriano è chiusa, anche se non solo per quello, non è stata più riaperta dopo gli eventi sismici.
L’Italia del boom economico e delle austerity non aveva contemplato scenari apocalittici, non aveva tenuto conto della fragilità delle infrastrutture e talvolta della loro completa assenza.
In un territorio, con infrastrutture molto scarse e precarie, in molti casi totalmente devastate dalla scossa tellurica, i soccorsi arrivarono con ritardi paurosi, molte località furono raggiunte solo dopo diversi giorni. In quell’epoca, mancava completamente un’organizzazione di protezione civile e tutto era affidato al caso. Gravi critiche furono scagliate dall’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che volle visitare dall’alto le zone colpite dalla tragedia, Il Mattino di Napoli, il giorno successivo titolava, “Fate Presto”, ma nonostante migliaia di volontari e militari molti paesi furono raggiunti, quando fu davvero troppo tardi per soccorrere la popolazione.
Molti comuni, furono letteralmente spazzati via, un’area di circa 25mila chilometri quadrati, devastata per sempre e decine di paesi, tra cui: Lioni, S. Angelo dei Lombardi, Conza della Campania, Teora, Calabritto, San Mango sul Calore, etc. Una tragedia, mai dimenticata, che è entrata nella memoria collettiva e il 23 novembre di tutti gli anni, riporta inesorabilmente indietro le lancette alle 19,34 di quel giorno infausto.
Il dopo terremoto, fu anch’esso un evento catastrofico, la ricostruzione vide arrivare fiumi di danaro, da ogni parte del mondo, troppo spesso gestito inadeguatamente a vantaggio di pochi e delle loro speculazioni. Chi fece davvero presto, nel terremoto dell’Irpinia, secondo gli atti della “Commissione parlamentare d’inchiesta sull’attuazione degli interventi per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori della Basilicata e della Campania colpiti dai terremoti del novembre 1980 e del febbraio 1981” e della “Commissione parlamentare antimafia”, fu la camorra. Emerge, infatti, un disegno molto chiaro, nella ricostruzione in Irpinia e in Basilicata dopo il 1980. La camorra, grazie ad una duratura trama di complicità e alleanze con imprenditoria e forze politiche, è riuscita a mettere le mani sulla ricostruzione.
Alle 19,34 un minuto e mezzo di ricordo per le vittime innocenti, di quegli interminabili 90 secondi, che cambiarono per sempre la vita di tante famiglie e la geografia del loro territorio. Nella speranza, purtroppo mal riposta, date le tante tragedie, che si sono succedute da quel 1980 ad oggi, sul territorio italiano, affinché simili tragedie non abbiano più da generare tanta sofferenza.
Oggi l’Irpina si fermerà, per ricordare le vittime della tragedia, a distanza di 43 anni dal 23 novembre1980. Numerose le cerimonie, laiche e religiose, che in molti comuni della provincia di Avellino e non solo, che ricorderanno il disastro. Ad Avellino il vescovo Monsignor Arturo Aiello, presiederà alle 10.00 la santa messa in Cattedrale. Ed in Piazza del Popolo, il sindaco Gianluca Festa deporrà una corona per le oltre duecento persone morte nel centro storico di Avellino. A Lioni, uno dei paesi del “cratere”, tra i più colpiti insieme a Conza della Campania e a Sant’Angelo dei Lombardi, il sindaco Yuri Gioino consegnerà al colonnello comandante del 21/o Reggimento Guastatori di Caserta, Andrea Cubeddu, la cittadinanza onoraria per gli aiuti e la solidarietà ricevuti nei giorni e mesi successivi al sisma. Numerose anche le iniziative dedicate alla sicurezza antisismica. A Lioni i ricercatori dell’Istituto di geofisica e vulcanologia incontreranno gli studenti, mentre ad Avellino il Centro studi edilizia reale, presieduto da Giulio De Angelis, dedica l’intera giornata di oggi alla vulnerabilità sismica e alle tecnologie di riqualificazione urbanistica. Alle tavole rotonde in programma partecipano geologi, ingegneri, architetti, geometri e periti agrari.
Anche gli sportivi ricorderanno l’anniversario del sisma dell’Irpinia, per questo motivo gli ultras della Curva Sud si ritroveranno questa sera, alle 19.00, nel piazzale antistante il Duomo, per commemorare le vittime di quell’infausto giorno.