Lo svuotamento medico-amministrativo della prestazione essenziale di accesso a un aborto sicuro registra nel nostro Paese nuovi tentativi di rinvigorimento, mentre il 4 marzo la Francia è diventata il primo paese al mondo a inserire l’interruzione volontaria di gravidanza nella sua costituzione e gli eurodeputati hanno chiesto pochi giorni fa che il diritto all’aborto sia aggiunto alla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue con una risoluzione approvata con 336 voti favorevoli, 163 contrari e 39 astensioni. La modifica, con un emendamento del deputato di FdI Lorenzo Malagola, dello scorso 12 aprile del decreto-legge “Pnrr-quater”, su cui il governo ha messo la fiducia e che contiene una serie di misure per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), ha sollevato numerose proteste, delle forze di opposizione e associazioni. L’emendamento chiedeva di inserire nel decreto il seguente articolo: «Le regioni organizzano i servizi consultoriali nell’ambito della Missione 6, Componente 1, del Pnrr e possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità». Il provvedimento approvato e inserito all’articolo 44-quinquies del disegno di legge dovrà ora passare all’esame del Senato. Per fare chiarezza diciamo subito che i favorevoli sostengono che il coinvolgimento delle realtà del Terzo settore con «una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità» rientrerebbe proprio nelle finalità previste dall’art. 2 della legge 194 del 1978 quando si stabilisce che i consultori familiari attivino “direttamente o proponendo all’ente locale competente, o alle strutture sociali operanti nel territorio, speciali interventi, quando la gravidanza o la maternità creino problemi per risolvere i quali risultino inadeguati i normali interventi”, oppure contribuiscono “a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza”. Secondo i contrari la modifica del decreto-legge vuole invece favorire l’ingresso delle associazioni che si oppongono all’aborto nei consultori. La frase di andreottiana memoria ” a pensar male degli altri si fa peccato ma spesso ci si indovina” risulta in questa circostanza alquanto attinente se alziamo appena il sipario su certe dichiarazioni nel passato del deputato Malagola. Sul suo sito ufficiale c’è una sezione dedicata alla famiglia dove si argomenta sulle azioni possibili per incentivare la natalità e in un’intervista del 2022 ha dichiarato espressamente la volontà di sostenere i Centri di aiuto alla vita (associazioni di volontari che aiutano le donne che vivono una gravidanza difficile o indesiderata) che fanno parte del Movimento per la vita italiano di ispirazione cattolica e da sempre sostenitore dell’abrogazione della legge 194. La neonata Rete nazionale dei consultori ha tenuto un presidio sotto Montecitorio protestando contro i contenuti dell’emendamento approvato. “Siamo già in un contesto in cui 7 medici su 10 sono obiettori – ha dichiarato Eleonora, una delle fondatrici di Obiezione Respinta presente al presidio – Sono anni ormai che vengono avanti questi attacchi ……… la differenza è che ora le “associazioni pro-life” possono usufruire di fondi pubblici per la loro attività all’interno dei consultori”. L’Unione donne italiane in una nota stampa diffusa giudica il provvedimento come segue: “Tale precetto consentirà alle associazioni antiabortiste di presidiare i consultori pubblici, dove le donne si recano per avviare la pratica per l’interruzione di gravidanza. Ben si conoscono i metodi di tali associazioni che si rivolgono alle donne che stanno andando ad abortire chiamandole “mamme” e danno informazioni errate e fuorvianti sulla procedura dell’interruzione volontaria di gravidanza. Si ingenera così un’azione colpevolizzante per la donne, sia per quelle che avevano scelto di interrompere la gravidanza, magari in seguito a una diagnosi prenatale patologica di anomalia del feto, sia per quelle che avevano avuto un aborto spontaneo, sia per quelle che non se la sentivano di divenire madri per svariati motivi. L’Unione Donne in Italia – continua il comunicato – esprime la sua ferma disapprovazione per una norma del genere, che considera una vera e propria minaccia alla libertà delle donne ed un attacco ben specifico alla laicità delle istituzioni pubbliche. Fa oltremodo riflettere che, mentre il Parlamento europeo pochi giorni fa abbia votato a favore dell’inserimento dell’interruzione di gravidanza nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, il governo italiano inverta la rotta. Fa ancora di più adirare che questa norma consenta l’utilizzo dei fondi del Pnrr per finanziare queste associazioni e non per attuare ben altre scelte politiche a favore delle donne in Italia”.