Dietro al bancone del Bar Benefico di Caserta si muove con la grazia e la precisione di un direttore d’orchestra. Camicia nera impeccabile, sguardo concentrato e mani che danzano tra bottiglie, ghiaccio e agrumi, Riccardo T., originario di Lecce ma casertano d’adozione, è un bartender con un’etica professionale ben precisa.
Mixology, la passione di Riccardo
Riccardo, come nasce la tua passione per la mixology?
«È nata quasi per caso, ma poi è diventata un bisogno. Amo l’idea di creare qualcosa che sorprenda chi beve. Per me preparare un cocktail è un gesto quasi intimo: ci vuole tecnica, ma anche cuore. Ho cominciato da giovane e oggi posso dire che dietro ogni drink c’è un pezzo della mia storia.»
Come deve essere un cocktail
Hai detto poco fa a chi ti chiedeva cosa fosse per te un cocktail che “è come una bella donna, deve essere alcolico ma non ubriacare”. Ce lo spieghi meglio?
«Certo. È una questione di equilibrio. Un cocktail deve sedurre, emozionare, ma mai stordire. Non amo gli eccessi, non faccio gare a chi mette più alcol. Un drink ben fatto rispetta chi lo beve. Deve lasciare un ricordo, non un rimorso.»
Questa attenzione alla qualità sembra essere il tuo marchio di fabbrica.
«Lo è. Io servo solo liquori, whisky e vini di qualità. Non si tratta solo di gusto, ma di rispetto. Verso il cliente, certo, ma anche verso il mio mestiere. Ogni bottiglia dietro il banco è scelta con cura. Non potrei lavorare diversamente.»
Le origini e il rapporto con la Città di Caserta
Vieni da Lecce, ma lavori a Caserta da molti anni. Che rapporto hai con questa città?
«Caserta mi ha adottato e io l’ho scelta. Lecce mi ha dato il calore, Caserta mi ha insegnato la disciplina. Qui ho trovato un equilibrio, umano e professionale. Al Bar Benefico ho costruito qualcosa che va oltre il lavoro: è una seconda casa.»
Cosa rende speciale, secondo te, l’esperienza del bar oggi?
«La relazione. Non basta preparare un buon cocktail, devi anche saper ascoltare, interpretare, offrire il momento giusto. Chi entra al bar spesso cerca qualcosa che non è solo da bere. Un bartender deve saper leggere le persone, con discrezione e umanità.»
Hai un cocktail a cui sei particolarmente legato?
«Si, è Terremia, un tributo liquido al Sud. Terremia fonde la dolcezza dello sciroppo di latte di mandorla pugliese con la forza aromatica del gin J.Rose, anch’esso figlio della terra di Puglia. Il tutto viene impreziosito da un tocco frizzante di soda ai limoni di Amalfi. Un drink che sa di tradizione, freschezza e passione mediterranea.
Poi, amo lavorare sui dettagli»
Cosa sogni per il futuro?
«Continuare a migliorare, magari aprire un locale mio, ma senza perdere la mia filosofia. Voglio che chi beve qualcosa preparato da me si senta coccolato, mai sopraffatto.»
Un’ultima domanda: il segreto di un grande cocktail?
«Onestà. Versare solo ciò in cui credi.»