Italia alle urne: cinque quesiti per ripensare lavoro e cittadinanza

L’8 e il 9 giugno 2025 gli italiani saranno chiamati a pronunciarsi su cinque quesiti referendari. Si tratta di consultazioni abrogative, ovvero mirate a cancellare norme in vigore. Quattro riguardano il mondo del lavoro, uno tocca la normativa sulla cittadinanza. Il quorum – il 50% più uno degli aventi diritto – è essenziale per rendere validi i risultati.

I quesiti in breve

1. Licenziamento e reintegro (scheda verde)

Il primo quesito punta a reintrodurre il diritto al reintegro nel posto di lavoro per chi è stato licenziato senza giusta causa, superando le limitazioni introdotte nel 2015 con il cosiddetto Jobs Act.

2. Indennità nelle microimprese (scheda arancione)

Attualmente, chi lavora in aziende con meno di 16 dipendenti ha diritto a un indennizzo limitato in caso di licenziamento illegittimo. Il referendum propone di eliminare questo tetto, lasciando maggiore margine ai giudici nel determinare l’indennità.

3. Stop al lavoro precario (scheda grigia)

Il terzo quesito vuole limitare la possibilità di utilizzare contratti a termine e somministrazione tramite agenzie, imponendo vincoli più rigidi per durata e rinnovo, con l’obiettivo di favorire la stabilità lavorativa.

4. Sicurezza negli appalti (scheda rossa)

Si chiede di estendere la responsabilità per infortuni e violazioni sul lavoro anche ai committenti e non solo ai datori di lavoro diretti, in particolare nel settore degli appalti.

5. Cittadinanza per stranieri (scheda gialla)

Il quinto quesito propone di ridurre da dieci a cinque anni il tempo minimo di residenza richiesto agli stranieri non comunitari per ottenere la cittadinanza italiana.

Le motivazioni del “Sì”

I promotori, tra cui spiccano sindacati come la CGIL e varie realtà sociali, puntano il dito contro un sistema che – a loro dire – ha sacrificato le garanzie dei lavoratori in nome della flessibilità. I sostenitori del “Sì” vedono nel voto un’occasione per:

  • Restituire tutele reali ai lavoratori, riportando in auge il diritto al reintegro e un giusto risarcimento;
  • Combattere la precarietà, riducendo l’abuso di contratti brevi e incerti;
  • Garantire maggiore sicurezza, responsabilizzando anche i committenti in caso di incidenti sul lavoro;
  • Rendere più equo l’accesso alla cittadinanza, riconoscendo il contributo degli stranieri residenti da tempo in Italia.

Le riserve del fronte del “No”

Chi si oppone al cambiamento, seppur meno presente nel dibattito pubblico, solleva alcune preoccupazioni:

  • Il ripristino del reintegro, secondo alcuni imprenditori, potrebbe scoraggiare le assunzioni;
  • L’eliminazione dei limiti alle indennità potrebbe aumentare la conflittualità legale;
  • L’estensione della responsabilità negli appalti, temono alcune imprese, potrebbe appesantire i costi gestionali;
  • Infine, la riforma sulla cittadinanza viene ritenuta prematura da chi teme una concessione troppo rapida, senza adeguati percorsi di integrazione.

Una scelta che riguarda tutti

Al di là delle posizioni, il referendum rappresenta un banco di prova per la democrazia partecipativa. Il quorum richiesto è alto, e l’astensione può risultare determinante quanto un voto. Per questo, l’invito è uno solo: informarsi, riflettere e andare a votare.