Dopo due anni di guerra, Israele e Hamas firmano la prima fase del piano di pace.

L’annuncio di Trump: “Gli ostaggi presto liberi, Israele ritirerà le truppe”

Gaza, 9 ottobre 2025 — Dopo due anni di devastazione, lutti e silenzio, la parola “pace” torna a pronunciarla anche chi non ci credeva più. Israele e Hamas hanno raggiunto un accordo che segna la fine della guerra nella Striscia di Gaza, aprendo la via a un cessate il fuoco immediato e alla liberazione degli ostaggi.

A dare l’annuncio è stato il presidente statunitense Donald Trump, che su Truth Social ha scritto:

“Sono molto orgoglioso di annunciare che Israele e Hamas hanno firmato la prima fase del nostro piano di pace. Tutti gli ostaggi saranno rilasciati molto presto e Israele ritirerà le sue truppe secondo una linea concordata.”

Parole che, nel giro di poche ore, hanno fatto esplodere la gioia nelle strade di Gaza. Dopo mesi di distruzione, la popolazione è tornata a riempire le piazze, abbracciandosi, pregando, piangendo. Un silenzio diverso — quello del sollievo — ha preso il posto delle sirene.


L’accordo e le prossime mosse

Il piano, mediato da Qatar, Egitto e Turchia, prevede il ritiro delle forze israeliane entro 24 ore dalla ratifica parlamentare e il rilascio di almeno 20 ostaggi israeliani entro 72 ore.
Segue uno scambio di prigionieri e l’apertura dei valichi per far entrare aiuti umanitari.

Fonti della Casa Bianca hanno confermato che Trump si recherà personalmente nella regione “entro il weekend”, e che gli Stati Uniti “saranno coinvolti nella ricostruzione e nel mantenimento della pace”.


La gioia e la prudenza

“Con l’aiuto di Dio, riporteremo tutti a casa,”
ha dichiarato Benjamin Netanyahu, che ha ringraziato Trump per la mediazione e ha convocato il parlamento per l’approvazione dell’intesa.

Da parte sua, Hamas ha definito l’accordo “la fine della guerra a Gaza”, ringraziando i paesi mediatori e chiedendo garanzie internazionali sul rispetto dei termini.

Nelle parole del Patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, c’è tutta la misura e la speranza di chi conosce il dolore di questa terra:

“La strada verso la normalità è lunga, ma bisogna cominciare. Questa prima fase aprirà le altre e creerà un clima nuovo, necessario per ricostruire la vita.”


Le ferite di Gaza

La guerra, cominciata nell’ottobre 2023, ha causato oltre 67 mila morti secondo il ministero della Sanità di Gaza, tra cui più di 20 mila bambini.
Quartieri cancellati, scuole rase al suolo, ospedali senza energia.
Ma oggi, tra le rovine, qualcuno rialza la testa.
Le famiglie degli ostaggi hanno inviato un video di ringraziamento al presidente americano. In molte case palestinesi si accendono candele, non più per mancanza di luce, ma come simbolo di rinascita.


L’Italia e la comunità internazionale

“Dal Medio Oriente arrivano ottime notizie: la pace è vicina,” ha scritto su X il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
L’Italia si dice pronta a “partecipare alla ricostruzione e, se necessario, a una forza internazionale di pace per garantire la stabilità”.

Dalla BBC arriva invece la notizia che Israele avrebbe rifiutato di includere Marwan Barghouti nello scambio dei prigionieri, nonostante la richiesta di Hamas — segno che la pace, pur avviata, resta delicata.


Il valore umano di questo momento

Due anni di orrore non si cancellano in un giorno.
Ma oggi, da Tel Aviv a Rafah, da Gerusalemme al Cairo, si respira un’aria nuova: quella di chi vuole smettere di odiare per poter vivere.

Il suono delle bombe si spegne, e al suo posto si leva un canto antico: quello della vita che ricomincia, del diritto alla speranza.