Il successo di Tre ciotole – un film malinconico e forte, un inno alla vita.

Il dolore come rito: dalla trasposizione dei libro di Michela Murgia la regia di Isabel Coixet con Alba Rohrwacher ed Elio Germano

In sala dal 9 ottobre, “Tre ciotole”, tratto dal libro omonimo di Michela Murgia, ha superato 1.600.000 euro di incasso con oltre 240.000 spettatori, risultando il titolo italiano più visto dell’attuale stagione cinematografica.

E’ un film che attraversa il dolore con passo silenzioso e sguardo lucido, proprio come la scrittura dell’autrice sarda. Isabel Coixet firma un adattamento rispettoso e delicato, che conserva il tono malinconico e forte del testo originale, facendo del lutto e della crisi non solo un tema, ma un rito di passaggio: un inno alla vita, pur nel suo disfarsi.

Il romanzo di Murgia, edito da Mondadori il 16 maggio 2023 , era una raccolta di racconti legati da un filo sottile – la perdita, la trasformazione, la consapevolezza che “una sera ti metti a tavola e la vita che conoscevi è finita”. La trasposizione nel film, come sempre, traccia ad occhio fedele molte differenze, ma concentra quel mondo frammentato in una narrazione più lineare, affidando alla protagonista – interpretata da Alba Rohrwacher – il compito di incarnare il dolore e la rinascita. Rohrwacher offre una prova intensa, ma nel bene e nel male resta sempre un po’ se stessa: la sua cifra espressiva, riconoscibile e fragile, non riesce del tutto a restituire la complessità del personaggio murgiano, più terreno, più disarmato.

A spiccare, invece, è Elio Germano, che regala un’interpretazione autentica e profonda, capace di tenere insieme vulnerabilità e forza, rendendo il suo personaggio il vero baricentro emotivo del film.

Un plauso va anche alla fotografia, che disegna una Roma sospesa, intima e dolente, splendida nelle luci del mattino e nelle ombre della sera. La città diventa un personaggio a sé: vive e respira insieme ai protagonisti, testimone silenziosa delle loro metamorfosi.

“Tre ciotole” non è un film perfetto – soffre talvolta di lentezze e di un’eccessiva compostezza emotiva – ma resta un’opera sincera, coerente e piena di grazia. Come il libro, è una riflessione sul mistero della vita che resiste al dolore, un atto di fede laica nella possibilità di ricominciare.

Malinconico e forte, “Tre ciotole” è, nel cinema come nella scrittura di Michela Murgia, un canto sommesso ma tenace alla bellezza dell’essere vivi.