NUNZIO DE PINTO
L’incredibile gaffe del brand H&M, puro razzismo, non sono sufficienti le scuse dell’azienda svedese
CASERTA – Bufera sulla pubblicità dell’azienda di abbigliamento svedese H & M Hennes & Mauritz AB, comunemente conosciuta come H&M, la più famosa catene di abbigliamento nel Mondo. Un poster mostra un bambino nero che indossa una felpa con cappuccio e la frase “La scimmia più cool della giungla”. Non si tratta di una semplice gaffe ma di una forma di razzismo bello e buona che, pur di vendere, si affidano a campagne pubblicitarie che invece di essere politically correct sono invece beceramente e vergognosamente razziste. Lo spot ha scioccato gli utenti del brand svedese ma anche gli internauti che non hanno mancato di sommergere il sito ufficiale dell’azienda nordica. Secondo gli utenti, e questa volta concordiamo con loro, il termine “scimmia” sarebbe spesso utilizzato in termini discriminatori e come un vero e proprio insulto, basta vedere quello che succede sui campi di calcio italiani dove i nostri connazionali, molto spesso, usano questo termine in maniera assolutamente offensiva, associata a volte dal lancio di “banane” in campo. Immediata è stata la reazione del web che – infatti – ha duramente contestato l’iniziativa della multinazionale. Di fronte alle polemiche ed alle migliaia di post indignati inviati, la società si è giustificata rilasciando le proprie scuse: “Ci scusiamo sinceramente per questa immagine”, ha detto H & M in una dichiarazione inviata all’emittente statunitense “CBS”. “È già stato rimosso da tutti i siti e il prodotto non sarà commercializzato negli Stati Uniti. Crediamo nella diversità e nell’inclusività in tutto ciò che facciamo e rivedremo le nostre attività quotidiane”, ha affermato la società nella dichiarazione. Siamo convinti che le scuse non siano sufficienti ad assolvere la catena di abbigliamento svedese da questa bruttissima storia. Anche in Italia c’è chi ha sottolineato lo scivolone clamoroso, come Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”: “In Italia il monitoraggio della pubblicità è affidato all’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria. Il codice dello IAP stabilisce, tra l’altro, che essa deve: “rispettare la dignità della persona in tutte le sue forme ed espressioni”. Partendo da questo principio, lo Sportello dei Diritti quando individua uno spot manda una mail allo IAP affermando che esso contraddice quella norma.