C’è un’Italia che si racconta con le mani infarinate, con il sugo che sobbolle piano e con il profumo del pane appena sfornato. È l’Italia che vive nella sua cucina, quella che oggi guarda al mondo e si prepara a ricevere un riconoscimento senza precedenti: l’Unesco ha espresso il primo parere favorevole alla candidatura della cucina italiana come patrimonio culturale immateriale dell’umanità.
Un passo decisivo in un cammino iniziato con il dossier “La cucina italiana tra sostenibilità e diversità bioculturale”, promosso dal Ministero della Cultura e dal Ministero dell’Agricoltura, che racconta l’anima di un Paese attraverso i suoi gesti più quotidiani: impastare, condividere, celebrare.
Un patrimonio che nasce dal quotidiano
La candidatura non celebra un singolo piatto, ma un modo di vivere.
La cucina italiana è un intreccio di sapienza, territorio e convivialità: il pranzo della domenica, la tavola apparecchiata con semplicità, la ricetta che passa di generazione in generazione come un segreto di famiglia.
Come ha spiegato Pier Luigi Petrillo, professore alla Luiss Guido Carli e curatore del dossier, «il documento è ben fatto e coerente con gli obiettivi dell’Unesco», ma invita alla cautela: il parere tecnico non è ancora vincolante. La decisione definitiva arriverà a New Delhi, tra l’8 e il 13 dicembre 2025, quando il Comitato intergovernativo dell’Unesco si riunirà per valutare le candidature provenienti da tutto il mondo — dallo Yodel svizzero al Son cubano, fino agli Origami giapponesi.
L’Italia dei patrimoni: un mosaico di identità
L’Italia è già prima al mondo per numero di patrimoni iscritti all’Unesco, e ognuno di essi racconta un volto diverso del Paese: la dieta mediterranea, modello di equilibrio tra uomo e natura; l’arte dei pizzaioli napoletani, simbolo di comunità e condivisione; la Transumanza, il Canto a tenore sardo, la Vite ad alberello di Pantelleria, la Perdonanza Celestiniana.
Sono tasselli di un mosaico che unisce territori, saperi e tradizioni in una narrazione collettiva. Un racconto in cui la cucina italiana trova oggi la sua voce più universale.
Made in Italy: la cultura del bello e del buono
Dietro ogni piatto italiano c’è un modo di pensare e di stare al mondo.
È l’essenza del Made in Italy: un equilibrio tra creatività e radici, tra innovazione e memoria, tra gusto e bellezza.
Dalla pasta fatta in casa ai formaggi di montagna, dai vini delle colline alle conserve artigianali, tutto parla la lingua di chi trasforma la terra in cultura e il cibo in relazione.
Il valore della cucina italiana non risiede solo nei sapori, ma nella ritualità e nella socialità: cucinare insieme, sedersi a tavola, condividere il tempo. È un atto culturale, un gesto identitario, una forma d’arte popolare che si rinnova ogni giorno.
Verso dicembre: l’attesa di un sogno condiviso
Se a dicembre 2025 arriverà il sì definitivo, la cucina italiana sarà la prima al mondo a essere riconosciuta nel suo insieme come patrimonio immateriale dell’umanità.
Un traguardo che consacrerebbe non solo l’eccellenza gastronomica, ma l’arte del vivere all’italiana: quella che trasforma ogni pasto in un’esperienza di bellezza, comunità e gratitudine.
E forse, nel momento in cui il Comitato si riunirà a New Delhi, l’immagine che meglio racconterà questo riconoscimento sarà quella di una tavola imbandita: un luogo dove il gusto incontra la memoria e dove il mondo intero può assaporare — almeno per un istante — l’anima più autentica dell’Italia.