Maffei lascia la Reggia: bilancio di una gestione tra luci e ombre

Sei anni tra successi, errori e occasioni mancate.

Con la conclusione del mandato di Tiziana Maffei alla guida della Reggia di Caserta, è tempo di bilanci. Sei anni alla testa di un patrimonio complesso, tra riconoscimenti internazionali, restauri, una crescita costante dei visitatori, ma anche episodi controversi, ritardi amministrativi e critiche da cittadini ed esperti. Indubbiamente la Reggia è tornata a essere un polo d’attrazione di primo piano: nel 2024 ha sfiorato il milione di ingressi e le visite scolastiche che in alcuni periodi dell’anno costituiscono una fetta importante delle presenze sono aumentate notevolmente. Il sito ha ricevuto il premio City’Scape per la gestione sostenibile del Parco Reale, sono stati completati restauri significativi come quello della Gran Galleria, e avviato il progetto per trasformare l’ex convento dei Passionisti in un hub culturale. Questi risultati testimoniano una visione di medio-lungo termine, supportata da una riorganizzazione dell’organigramma e da una programmazione più trasparente. Nonostante questi riconoscimenti, la gestione del Parco Reale è stata oggetto di osservazioni critiche, spesso costruttive, da parte di agronomi, architetti e storici, che hanno segnalato potature scorrette, piante morte lasciate in loco e un approccio giudicato “inadeguato” alla cura del verde storico. Secondo fonti giornalistiche, una segnalazione formale sarebbe arrivata persino al Ministero della Cultura per denunciare potenziali danni irreversibili al patrimonio. Un capitolo a parte meritano le guide turistiche e gli operatori che ogni giorno promuovono la Reggia nei loro percorsi: sarebbe stato utile, per un bilancio davvero completo, raccogliere anche il loro punto di vista, essendo in prima linea nel verificare orari, chiusure, eventi e programmazione. Sul fronte della comunicazione, la direttrice ha introdotto un rebranding istituzionale, incontri aperti al pubblico e un dialogo costante con media e operatori culturali. Tuttavia, non tutte le scelte si sono rivelate fortunate. Emblematico il caso del nuovo logo, lanciato nel 2020 e subito bersagliato di critiche per la somiglianza con il marchio di Roger Federer. Definito “inadatto” a un sito UNESCO e ribattezzato dalla stampa “logo della discordia” o addirittura “figuraccia”, fu ritirato in fretta dopo una dura campagna mediatica. A pesare sulla percezione generale sono state anche le continue chiusure di spazi iconici: il Teatro di Corte, reso visitabile grazie ai volontari del Touring Club Italiano con il progetto “Aperti per voi”, resta comunque inaccessibile in molti giorni festivi e solo in occasione di mostre, riscontriamo aperture straordinarie. Gli Appartamenti Reali e il Giardino Inglese hanno subito numerose chiusure impreviste per lavori o carenze di personale, generando disagio e delusione tra i visitatori e coloro che promuovono la Reggia nei loro percorsi turistici. Non meno controversa è stata la gestione comunicativa dell’opera  Il Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto, donata alla Reggia e installata nel Bosco Vecchio. Per un intervento di tale rilevanza internazionale, la comunicazione è apparsa carente: limitata alla sola inaugurazione, poco promossa e senza una segnaletica adeguata, tanto che oggi i visitatori devono cercarla e, spesso, chiedere indicazioni ai custodi per poterla trovare. Oggi la Reggia di Caserta resta un capolavoro fragile, che richiede cura costante e un rapporto più saldo con la comunità. La gestione Maffei ha senz’altro lasciato un segno positivo in termini di progettualità e visibilità internazionale, ma ha anche evidenziato una lunga lista di questioni aperte: dalla manutenzione ordinaria al rafforzamento dell’organizzazione interna, passando per un’efficace integrazione con il territorio. Al termine del suo mandato, sarebbe stato auspicabile che la direttrice sapesse riconoscere, con onestà, tre aspetti fondamentali del suo percorso: le cose fatte, le cose rimaste incompiute e le cose che, pur provando, non è riuscita a realizzare. Solo così la Reggia potrà davvero aprire un nuovo capitolo consapevole, imparando dai propri errori e valorizzando i successi per continuare a meravigliare ogni giorno con i fatti, non solo con le parole. Resta tuttavia una domanda che continua a pesare, senza trovare risposta: perché i direttori della Reggia non riescono a fare davvero sistema con la città? Perché non partire, ad esempio, dall’apertura del meraviglioso Giardino della Flora e dal coinvolgimento pieno del territorio? Sfide ancora tutte da raccogliere