Michelangelo espone a Napoli

Il capoluogo campano si riconferma come palcoscenico dell'arte moderna

Michelangelo espone a Napoli

Il capoluogo campano si riconferma come palcoscenico dell’arte moderna

Negli ultimi tempi pare che l’arte moderna abbia scelto Napoli come luogo d’esposizione.

E’ recentemente balzato alle cronache il “caso” della “Venere degli stracci” che, al di là del giudizio sui fatti e della valutazione sull’opera (in verità piaciuta a pochi e definita “un’accozzaglia cromatica disomogenea e disarmonica), ha rivelato come una parte del mondo artistico consideri Napoli uno scenario adeguato alla valorizzazione delle proprie composizioni.

Chi è Jacopo Cardillo, conosciuto con lo pseudonimo di Jago?

Un giovane scultore , classe 1987, di 36 anni, nato in provincia di Frosinone, definito da The Guardian come “il nuovo Michelangelo”, che ha deciso di impiantare a Napoli, alla soglia del Borgo dei Vergini, nella chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi, il primo museo destinato alla mostra delle sue creazioni.

Così si esprime l’artista sulla città che lo ospita, definita da lui una casa in cui “si scolpisce l’umanità” :

“Se dovessi racchiudere in una sola parola quello che sento per Napoli, parlerei di innamoramento. Analizzare il motivo per cui ho deciso di aprire il mio museo qui sarebbe un tradimento terribile. L’innamoramento è follia, tradurlo significherebbe banalizzarlo. Innamorarsi di un luogo significa renderlo moltiplicatore di qualcosa di sconosciuto. Questo avviene sia nella dimensione delle ombre, sia in quella delle luci. Poi c’è la dimensione del mistero, e quella va protetta. E io difendo questa città”.

Le opere di Jago sono realizzate con le tecniche del Rinascimento italiano, ma sono inculturate nel nostro tempo.

Esempio di ciò è il busto in marmo di Papa Benedetto XVI in abiti talari, che gli ha meritato la Medaglia Pontificia. Quando, poi, il Papa nel 2013 annunciò la sue dimissioni, l’opera fu “svestita” degli abiti del ministero pietrino, prendendo il nome di Habemus Hominem

Nelle sculture di Cardillo il marmo fissa il divenire ed ha vocazione di simbolo del fallimento collettivo e personale, come esprime il bambino in posizione fetale incatenato al suolo, opera apparsa sempre a Napoli, in Piazza Plebiscito, una mattina di novembre del 2020, a rappresentare le catene dell’emarginazione.

 

 

 

 

 

Piccola annotazione finale, degna a mio avviso di sottolineatura, è che le opere del maestro Cardillo, il comune di Napoli non ha dovuto pagarle, come è stato necessario fare con la “Venere degli stracci”, acquistata per circa 180 mila euro.