In occasione della Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, la redazione di Belvederenews non poteva non essere rivolto a tutte le vittime della violenza di genere. Le cifre purtroppo sono in continuo aumento, nonostante le leggi di questi ultimi anni e il contributo delle tantissime associazioni operanti sull’intero territorio nazionale. Il confronto sull’argomento rappresenta anche per noi l’occasione per inaugurare la nuova stagione della nostra rubrica, “Per ogni donna….e non solo”, diretta dal professor Pasquale Vitale e curata dalla dottoressa Anzia Cardillo. Prezioso per noi il contributo, ora come in passato, anche dell’avvocato e psicologa Lucia di Bello, che si è espressa sull’argomento.
Intervento della dottoressa Speranza Anzia Cardillo, giurista e criminologa. –
LE DIVERSE FORME DI VIOLENZA CONTRO LE DONNE.
I recenti accadimenti di violenza ai danni numerosissime donne hanno davvero scosso l’Italia e sollevato tanti dibattiti sull’argomento. Il campanello d’allarme, ormai, ha un suono assordante, che non può essere assolutamente ignorato. Da qui la necessità per intere comunità di gridare “Basta” a questo triste fenomeno, che non tende a diminuire ma ad aumentare, se consideriamo le cifre. La violenza di genere si manifesta in tanti modi, in tante forme e soprattutto in tanti luoghi e in tanti contesti. A tal proposito, però bisogna precisare che la maggior parte dei reati contro le donne sono consumati all’interno di una coppia oppure, ancor di più, durante la fine di un rapporto. Il reato vero e proprio è, quasi sempre, preceduto da una serie di segnali che non andrebbero sottovalutati al fine di salvare la vita a tante donne. La gelosia ossessiva, la mania del controllo, la violenza psicologica, la violenza virtuale, la violenza economica, i ricatti di ogni tipo, la tendenza ad escludere la donna da ogni forma di decisione, sono tutti atteggiamenti, che non andrebbero mai sottovalutati perché sono la prova che ancora esistono realtà che non sono fondate sulla parità tra uomo e donna. Esistono ancora contesti sociali in cui è inammissibile che una donna possa ribellarsi a determinate restrizioni oppure troncare una relazione. In questi casi una donna non si perdona, viene perseguitata e colpita fisicamente e psicologicamente, talvolta anche fino alla morte. Tutto questo, così come è stato detto tantissimo in questi giorni, anche a causa del modello patriarcale che, per certi versi, ancora sopravvive a livello culturale e sociale, nonostante le riforme legislative degli ultimi decenni. Le violenze e le morti, alle quali continuamente assistiamo, sono la prova che certi modelli comportamentali ancora esistono anche inconsciamente in tante famiglie e vengono appresi anche dagli adolescenti. La scuola può sicuramente aiutare ad impartire ai giovani nozioni finalizzate a smantellare certi modelli, ma questo non basta . La verità è che i nostri giovani, gli uomini e le donne di domani, anche se viene insegnato loro il rispetto per l’altro, sia a scuola che a casa, sono e saranno sempre ciò che vivono, ciò che vedono nelle loro famiglie.
Intervento Avvocato e dottoressa in psicologia, Lucia di Bello, già autrice di pubblicazioni giuridiche, di opere monografiche e collettanee per riviste e case editrici di rilievo nazionale. Relatrice in convegni su temi giuridici e sociali.
VIOLENZA DI GENERE
La violenza di genere è un fenomeno che affonda le sue radici nella disparità, di matrice socio-culturale, tra uomini e donne.
Riconoscere i meccanismi che stanno alla base della violenza e quanto essi siano radicati culturalmente, seppur inconsapevolmente, in ogni individuo è essenziale per riflettere su quanto essi influiscano sul nostro comportamento, sulle relazioni che intessiamo e, in generale, sulle scelte personali che compiamo.
Stereotipi e pregiudizi condizionano pensieri ed azioni, costituiscono i mattoni con cui vengono costruiti i muri che separano le persone, impediscono la reciproca conoscenza e incentivano dinamiche di giudizio e di conseguente non accettazione nei confronti di ciò che è diverso. Essi rappresentano, dunque, un ostacolo alla libera espressione di pensieri, emozioni, convinzioni personali, contribuendo a costruire una società basata sui limiti imposti da una rigida definizione dei ruoli, che si traducono in un terreno di facile sviluppo di comportamenti violenti.
Per educare alla non violenza è necessario, pertanto, lavorare fin dall’infanzia al fine di creare relazioni positive e paritarie. L’esercizio della cooperazione e della condivisione, l’abitudine all’ascolto partecipe, all’empatia, al rispetto, soprattutto se promossi sin dalla tenera età, incentivano lo sviluppo di un clima di accoglienza, prevengono fenomeni di discriminazione ed esclusione e favoriscono la capacità di stare in una relazione in cui la forza personale non si traduce e non si esprime nel dominio sull’altro. Occorre creare occasioni di confronto per educare alla non violenza fin dalla più tenera età, attraverso lo sviluppo di capacità in grado di costruire relazioni basate sui principi di parità, equità, riconoscimento e valorizzazione delle differenze, in modo da promuovere una società in cui il libero sviluppo di ciascun individuo avvenga in accordo col perseguimento del bene collettivo. L’azione di prevenzione deve articolarsi in percorsi educativi, orientati soprattutto a bambini e adolescenti, volti all’esplorazione, all’identificazione e alla messa in discussione dei modelli di relazione convenzionali e dei meccanismi di minimizzazione e razionalizzazione della violenza.
La scuola svolge un ruolo decisivo in tal senso e, solo attraverso l’attivazione di percorsi specifici sul tema, si potranno educare cittadini davvero consapevoli e operare gli opportuni cambiamenti culturali e sociali affinché si modifichi la prospettiva delle cose.