Proposte per una Italia migliore, Io? Io spero che me la cavo…
Di Fiore Marro
Caserta 21 giugno 2018.
Quello che urge in questo momento, in questo Paese, è il lavoro, perché solo attraverso il lavoro si può programmare il futuro di una famiglia, ambire a migliorare sotto ogni aspetto, anche quello morale, sociale, che spinge le persone a progredire e non certo come adesso che proprio per mancanza di lavoro sta spingendo l’uomo a combattere l’altro uomo, quello diverso e non solo diverso per il colore della pelle. Lavoro per tutti, ma soprattutto con investimenti nel Sud, non per partigianeria ma per necessità di cambiamento vero per un territorio che ancora soffre della mancanza in infrastrutture, con le ferrovie che viaggiano, in alcune sacche del meridione a livello di mulattiere, con strade in perenne condizioni di lavori in corso.
L’Italia è un paese a due velocità, che danneggia, ma non solo, chi è costretto a usufruire della peggiore delle due, perché la forbice che si dilata alla fine finisce per rompersi definitivamente.
La soluzione potrebbe essere una Banca Nazionale, che dreni danaro da parte dello Stato, ma pure da terzi, elargizioni da privati, nuovi mecenati per potere finanziare i migliori progetti dei nostri giovani, così da colmare quel gap che sta spingendo sempre di più le forze giovanili migliori ad abbandonare l’Italia, causando un vuoto di Mens sana, specie al Sud, una situazione da “notte delle matite spezzate” di videliana memoria.
A nostro sommesso avviso serve una tutela dei beni comuni e dell’ambiente , perché per nostra sorte, proprio nelle nostre terre c’è l’opportunità di lavorare grazie a ciò che i nostri avi ci hanno lasciato e a quello che Madre Natura ci ha donato; questo vuol dire intensificare il turismo quindi, migliorando l’accoglienza, agevolando ogni forma di benvenuto e non solo nel periodo vacanziero agostano, ma per l’intero anno, senza dovere tra l’altro fare sforzi enormi, vista la fortunata conformazione geografica che ci vede bagnati dal mare per i trequarti della nazione, accogliere con dovizia il forestiero che ha scelto di visitare la nostra Storia, la naturale bellezza del nostro straripante paesaggio.
Per quel che resta delle industrie, le oramai tante fabbriche in crisi, consigliamo una sorta di joint venture (associazione temporanea di imprese) ma non solo come contratto tra imprese che si accordano per collaborare al fine del raggiungimento di un determinato scopo o dell’esecuzione di un progetto, ma includendo uno spazio aperto, con collaborazioni autogestite dai lavoratori in cooperativa, invogliate con accordi tipo la legge Marcora (decreto del Ministro dello sviluppo economico 4 dicembre 2014 è stato istituito, ai sensi di quanto previsto all’articolo 1, comma 845, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e successive modificazioni e integrazioni) , così da favorire lo sviluppo economico e la crescita dei livelli di occupazione nel Paese, un apposito regime di aiuto finalizzato a promuovere la nascita e lo sviluppo di società cooperative di piccola e media dimensione.
Serve recuperare le miriadi di centri abitati abbandonati, popolati solo da poche decine di persone perlopiù anziane, zone da dare in gestione a imprese formate da tutti, sia italiani che stranieri, dare spazio di manovra sia ai rifugiati, che ai migranti, e soprattutto ai nostri disoccupati, intensificando così la rinascita di sacche del territorio oramai svuotate, da anni di bambini, giovani, futuro, con terziario e altre specificità tipo trattorie e alberghi etnici, produzione e vendita di oggetti e manufatti etnici, sale per ascoltare musica e studi di registrazione e location cinematografiche, strutture sportive con relativi esperti del settore.
Si deve imporre definitivamente e senza troppi indugi le royalties almeno del 25% ,alle multinazionali del petrolio che lo estraggono in Lucania, che oggi pagano un misero e incomprensibile 2% e aiutare con l’investimento dei proventi , le aziende locali che fanno ricerca e sviluppo nel settore delle energie fotovoltaiche, decretare la detassazione a chi fa azienda senza impatto ambientale.
Uno Stato nuovo dovrebbe nazionalizzazione l’ILVA di Taranto, accollandosi l’investimento assolutamente necessario per il drastico abbattimento delle cause inquinanti.
Tutto il resto, fa parte di una propaganda di un regime oramai morente, insostenibile, antica.
Quel che serve è aria nuova. Io? Io Speriamo che me la cavo.
