Questione salariale e difesa dell’occupazione: i temi di una contro-narrazione urgente alle promesse improbabili del governo

“Rendere i contratti piú flessibili non aiuta l’occupazione”. A dichiararlo l’economista Emiliano Brancaccio, professore di Politica economica all’Università del Sannio e autore di molte ricerche pubblicate su riviste internazionali. “Il motivo, in sostanza, e’ che se è vero che i contratti flessibili inducono le imprese ad assumere un po’ di più nelle fasi di boom economico, e’ altrettanto vero che le spingono poi a licenziare appena si avvertono i primi cenni di crisi”. Sembra che ne siano convinte anche istituzioni come il FMI,l’OCSE e la Banca Mondiale che a lungo sono state fermi assertori della via della precarietà,  tranne poi nelle ricerche pubblicate ammettere che non ci sono evidenze attestanti l’effetto benefico sull’occupazione. E’ sempre Brancaccio a dare una risposta alla domanda di chi si chiede “ma a cosa serve una politica che punti sulla flessibilità del lavoro?”. La sua risposta: a ridurre i salari e ad accrescere i profitti e le rendite.Dall’Employment Outlook dell’Ocse emerge un dato incontrovertibile: l’Italia è il Paese che ha registrato il calo dei salari reali più forte tra le principali economie Ocse,calo dei salari maggiore ai livelli più bassi delle retribuzioni, dove la flessione in Italia tra il primo trimestre 2022 e il primo trimestre di quest’anno ha raggiunto il 10,3% (Ocse -3,5%), il dato peggiore dopo il -13,9% della Lettonia, mentre per i salari medi il calo è stato del 7,5% (3,8% media OCSE). Tornando all’occupazione, tra le 10 province più interessate dall’aumento della disoccupazione la classifica stilata dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre sulla base dell’ ultima elaborazione di dicembre dei dati Istat e delle previsioni Prometeia c’erano Napoli (+5.327 unità), Roma (+5.299), Caserta (+3.687), Latina (+3.160), Frosinone (+2.805), Bari (+2.554), Messina (+2.346), Catania (+2.266), Siracusa (+2.045) e Torino (+1.993). In questo quadro del Paese dove l’abbattimento delle tutele del lavoro ha favorito non l’efficienza ma le disuguaglianze si inserisce la manifestazione nazionale del 7 ottobre prossimo a Roma dal titolo ‘La Via Maestra. Insieme per la Costituzione’, che vede promotori tra gli altri Cgil, Acli, Anpi, Arci, Emergency, Fondazione Gimbe, Fondazione Disuguaglianze e Povertà, Legambiente, Libera, Sbilanciamoci, Medicina Democratica, Wwf Link, Rete Studenti Medi, Uds, Udu. All’appello hanno già aderito oltre un centinaio di sigle associative territoriali e nazionali di impegno civile, sociale e politico.”Dai prodotti di prima necessità ai costi per l’istruzione, per il tempo libero, per la salute, tutto è aumentato – sottolinea la Cgil – Fermi sono rimasti solo i salari – Si precarizza ulteriormente il lavoro con i voucher e la liberalizzazione dei contratti a termine, si premiano evasori e i redditi più alti con misure fiscali che non affrontano l’emergenza dell’evasione, si fa cassa ancora una volta sulla pensioni aggirando la piena indicizzazione rispetto all’inflazione, si taglia il Reddito di cittadinanza che ha funzionato per mettere al riparo molte famiglie proprio dal baratro della povertà (l’ha detto la Banca d’Italia, l’ha scritto l’Istat), si definanzia il fondo sanitario nazionale aggravando una situazione che già in molte regioni è al limite”.L’appello dei promotori vuole contrastare la deriva in corso: il modello sociale fondato su uguaglianza, solidarietà, accoglienza e partecipazione viene messo in discussione dal governo. L’attacco più preoccupante si chiama autonomia differenziata, rilanciata con il ddl Calderoli, che “porterà alla definitiva disarticolazione di un sistema unitario di diritti e di politiche pubbliche volte a promuovere lo sviluppo di tutti i territori”.