Striscione Milano: odio verso i napoletani e la città partenopea

Nessun tifo solo impoverimento culturale; è questa la chiave di lettura che va data allo striscione apparso a Milano che pseudo tifosi di una parte non identificata hanno esposto nella zona centrale della "città della Madunnina".

In una sera che l’Europa calcistica dedica alla bellezza del gioco, al gesto atletico e alla sfida sportiva, Milano regala, suo malgrado, uno squarcio inquietante su un’Italia che ancora fatica a emanciparsi da stereotipi e odi ancestrali.

Lo striscione della vergogna

Nelle scorse ore, nel cuore pulsante della città, è apparso uno striscione che incita all’odio verso Napoli e i napoletani. La frase, che volutamente non riportiamo per non amplificarne la portata offensiva, è stata immediatamente stigmatizzata da molti cittadini e osservatori.

La scelta della redazione

Abbiamo scelto di accompagnare questo articolo con un’immagine che riprende la scena, ma priva di scritte. Ciò per evitare qualsiasi forma di complicità involontaria con chi si fa promotore di tali messaggi.  Un modo per raccontare senza fomentare, e per ribadire che il dovere dell’informazione è anche quello di non fare da cassa di risonanza all’odio gratuito.

Gi autori dello striscione

Questo gesto, apparentemente circoscritto e figlio di una frangia estrema del tifo, merita di essere osservato per ciò che realmente rappresenta. Siamo di fronte non certo ad una banale manifestazione sportiva, ma ad un sintomo che porta a quel radicamento culturale che svela fragilità ben più ampie.

Le radici dell’odio

L’odio territoriale, infatti, affonda le sue radici nella paura dell’altro, nel bisogno di affermare sé stessi svalutando il prossimo. È un meccanismo primitivo, che torna ad essere sempre identico a sé stesso. Le epoche cambiano e con esse le maglie d’appartenenza, ma resta immutata la dinamica dello scontro.  Ed ecco che quel  “noi o loro”, si eleva a manifesto identitario a beneficio di chi ha ben poco altro a cui aggrapparsi che non ad azioni violente verbali o fisiche. Ed ecco che il fiume d’odio diventa inarrestabile.

La natura sociale del messaggio e la deriva culturale

Dietro un messaggio così rozzo si cela  un cortocircuito sociale: mentre il calcio evolve verso dimensioni globali, aperte e multietniche, parte del suo tifo resta ancorata a logiche tribali che impoveriscono non solo lo sport, ma anche il tessuto stesso della comunità civile. La città di Napoli e i suoi abitanti, come accade spesso nella storia recente e passata, diventano così il capro espiatorio di frustrazioni che nulla hanno a che vedere con il gioco del calcio e molto, invece, con il disagio esistenziale e culturale.

In questo senso, lo striscione non parla di calcio, ma parla di noi. Parla di un’Italia che ama raccontarsi come Paese unitario ma che, alla prova dei fatti, ricade ancora in antichi rancori e divisioni. L’odio espresso pubblicamente è lo specchio amaro di una società che deve ancora fare i conti con le proprie contraddizioni.

Inter – Barcellona a semifinale di Champions League

Questa sera, Inter e Barcellona si sfideranno a San Siro sul prato verde con l’obiettivo che dovrebbe accomunare tutti in quanto italiani. E quale se non quello per vincere e tifare insieme, per rispettarsi e per ricordare di appartenere ad una stessa nazione.

È su questo campo, quello del rispetto reciproco, che l’Italia intera è chiamata a una partita più grande e più difficile: quella della maturità sociale.  E sarebbe bello che, a partire da questa sera la vincesse, una volta per tutte.