Celiaco si nasce o si diventa? La sottoscritta ha scoperto di esserlo dieci anni fa, dopo sei mesi di tour medici e 1.000€ di esami.
Non è facile andare avanti per mesi con la pancia che lievita, la gente ti chiede se sia incinta o ti dice che sei ingrassata, i medici non istruiti a riconoscerla, tour tra vari specialisti e, dopo ogni visita/esame, pensare: “OK, non è questo. Che diamine è, allora?”
Non è facile spiegare che non sei fissata e no, non puoi “Tentare ogni tanto, che fa…”
Devi imparare a cucinare tutto daccapo, devi comprare un forno solo per te, devi fare esperimenti con farine che non conosci, tentando vari dosaggi…tragicomico e vivido ancora il primo tentativo di pan di Spagna, ma con farina di riso. Il risultato? Una penosa piadina dolce e di un inquietante colore verde mela, con ingredienti (10 uova!) ed elettricità sprecati. Omettiamo il tentativo di struffoli con preparato per dolci: degno di un apposito gruppo Facebook per cuochi pasticcioni/negati.
Devi spiegare al cameriere che ti guarda male che la celiachia – che gli hai comunicato – non è compatibile con il tagliere di salumi e affettati su cui trionfa una bruschetta normale e che sì, te ne deve portare un altro.
Devi spiegare al vecchio sacerdote che non è un atto di fede: non puoi fare la comunione se non con la tua ostia senza glutine.
Devi imparare a leggere tutti gli ingredienti prima di compare qualunque cosa: nella migliore delle ipotesi, sintomi gastrointestinali per giorni.
Devi spiegare a ignoranti che la celiachia è una malattia e non una moda alimentare moderna.
Siamo nel 2025 d. C., ma https://www.youtube.com/@VivoGlutenFree scrive, in un reel: “Oggi è la Giornata Mondiale della Celiachia… ma di cosa stiamo parlando, davvero? Parliamoci chiaro, Family?: ogni anno si ripetono gli stessi discorsi, gli stessi contenuti triti e ritriti. La celiachia viene ancora trattata come un argomento “di nicchia”, spesso banalizzato, ridotto a meme, sketch veloci o post scritti solo per strappare qualche click. La verità? Non c’è più la voglia di emanciparsi davvero. E quello che fa più male è vedere che anche le associazioni, invece di essere un punto di riferimento, sembrano sempre più preoccupate di competere nel rumore social, piuttosto che aggregare chi può davvero portare valore e cambiamento. Sarebbero proprio loro, in un mondo ideale, a dare spazio e voce a chi ogni giorno si impegna per migliorare concretamente la vita di chi è celiaco. A chi non cerca visibilità, ma soluzioni. A chi non rincorre l’algoritmo, ma le persone. Scusate lo sfogo… ma oggi, mentre si colorano monumenti di verde e si servono pasti “senza glutine” nelle mense senza nemmeno spiegare il perché, mi viene da pensare che tutto questo sia solo scena. Scenografico, ma sterile. Siamo ancora al punto in cui ci si chiede se si può baciare un celiaco. E questo, nel 2025, fa male”.