Capua– Ieri doppio appuntamento al Teatro Ricciardi. Prima della proiezione del film “Ariaferma” di Di Domenico, con Tony Servillo e Silvio Orlando (disponibile al fino al 30 novembre) c’è stata l’esibizione del Maestro Domenico Rocco (Teatro Ricciardi heart sound orchestra), con una selezione delle colonne sonore che accompagnano i film che hanno fatto la storia del cinema.
Composizione dell’orchestra
– Violini I: Angela Pascarella, Monica Montella, Vinicio Squillacioti, Antonio De Rosa
– Violini II: Eleonora Fonzo, Marco Diana, Francesco Integlia, Antimo Glorioso
– Viole: M° Angela Musco
– Violoncelli: Ludovica Buzzanca, Valeria Melito, Carmela Di Lauro, Domenico Dipalma
– Contrabbassi: Ivana Pella
– Oboe: Pasquale Laorenza
– Flauti: Matteo Bonafiglia, Chantal De Felice, Martina Melillo
– Clarinetti: M° Alfredo Apuzzo, Matteo De Angelis, Nicola Berardi, Roberto Carbone, M° Carmelo Cimino
– Sassofoni: Gennaro D’Andreti, Ludovica Funaro, Raffaele Caruso, Roberta Squillace
– Trombe: Simone Morganella, Domenico Papa, Nicolamario Di Robbio
– Tromboni: M° Angelo D’Iorio, Matteo D’Ovidio
– Corni: Luca Liccardi
– Arpa: Federica Creta
– Pianoforte: Lorenzo Balasco
– Percussioni: Marco De Angelis, Francesco Santoro, Simone Laudieri
L’orchestra nasce nel 2018 da un’idea di Domenico Rocco e di alcuni ragazzi del conservatorio di Benevento ed oggi conta circa quaranta musicisti tra studenti, amatori e professionisti uniti dalla passione per la musica e la voglia di non smettere mai di imparare. L’orchestra basa il suo metodo educativo sull’apprendimento cooperativo. Per quanto riguarda il repertorio, spazia dalla musica impegnata a quella applicata (dal 1500 fino ai giorni nostri). All’occorrenza l’orchestra forma piccoli gruppi per eseguire anche musica da camera. Dopo tre anni di attività, sospesa in presenza a causa del coronavirus, i musicisti dell’heart sound orchestra avvertono il bisogno di crescere e di migliorare la loro offerta artistica. È in questo clima che Domenico Rocco ha incontrato Gian Maria, il direttore del Teatro Ricciardi, che, con la sua immensa sensibilità, ha accolto la loro proposta con entusiasmo, credendo nel progetto e fornendo all’orchestra la possibilità di mettere a disposizione i suoi talenti per il teatro.
Dopo aver studiato pianoforte per dieci anni Domenico Rocco si è appassionato all’organo ed è entrato entrato in Conservatorio per studiare “organo e composizione”, studia privatamente come direzione d’orchestra, frequentando anche dei master. Oltre alla musica, coltiva all’Università gli studi letterari e filosofici
Film “Ariaferma” di Di Costanzo.
L’aria ferma del titolo è quella che si respira nelle realtà carceraria. Quello del film, però, è un carcere sui generis, appare quasi una realtà sospesa che produce effetti di spaesamento. In questo luogo di detenzione, infatti, le distanze tra chi crede di essere l’incarnazione della giustizia e chi deve scontare la pena si accorciano. In un carcere situato probabilmente in Sardegna (verrebbe da pensare all’Asinara), stanno per essere trasferiti gli ultimi 15 detenuti, quando arriva un contrordine: il trasferimento è rinviato e i detenuti rimangono con pochi agenti, in una situazione di emergenza senza una fine precisa. Vengono trasferiti in una sezione circolare, al centro di una struttura gigantesca, sotto la responsabilità dell’ispettore (Toni Servillo). Di contro tra i detenuti spicca la figura di … (Silvio Orlando). Inizia così un periodo di sospensione, in cui si confrontano diversi modi di affrontare problemi quotidiani che rischiano di diventare vere tragedie. In ogni momento sembra possibile l’arrivo di una lacerazione, dello scoppio della violenza. Gran parte delle inquadrature sono primi e primissimi piani, in cui affiorano emozioni e tensioni che arrivano dirette al cuore, grazie ad attori straordinari. Da questa sospensione sembra affiorare anche la possibilità di un rapporto umano tra detenuti e guardie. Ma qualcosa ci ricorda che si tratta di un momento irripetibile. L’altro grande protagonista del film è il carcere fisico, abbandonato e cadente. Il regista lo racconta con riprese di grande bellezza formale, negli equilibri di linee, fughe, luci ed ombre. Ma proprio il percorso in quei corridoi, nelle scale, nelle celle vuote che diventano zone d’ombra inquietanti ci fa capire quanto sia disumana in sé la concezione del carcere, quanto sia degradante per chi è in prigione e per chi lo custodisce. L’aria ferma è stagnante, ma può anche essere una sospensione in cui nasce qualcosa di nuovo e inaspettato. Forse morirà presto, forse no. Resta la denuncia, non attraverso il racconto della violenza ma per sottrazione. Sarà proiettato al Ricciardi fino al 30 novembre.
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