Rischio desertificazione commerciale per l’Italia, con la Campania in testa.

Il futuro senza vetrine

Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, durante la 38ª Assemblea generale a Roma della Confederazione Generale Italiana delle Imprese, ha espresso forte preoccupazione per la riduzione del numero di negozi nei territori: la media è di 1 negozio su 4 che chiude nell’ultimo decennio.

In Italia la Campania ha il triste primato della cessazione di 1.225 attività commerciali; a seguire la Lombardia con 1.154 e il Lazio con 1.063.

La grande distribuzione e il commercio online sono le cause principali a cui imputare la responsabilità di tale fenomeno.

Favorite, in questo gioco al massacro dei piccoli esercizi, sono le multinazionali, anche perché avvantaggiate da regole fiscali e commerciali sperequative.

“Va livellato il campo di gioco: stesso mercato, stesse regole. – incalza Sangalli ­- Lo ripetiamo ancora una volta: non è giusto che un imprenditore, piccolo, medio o grande che sia, debba pagare le tasse tutte e subito, mentre questo non vale per le grandi piattaforme digitali”.

La diminuzione dei servizi commerciali di prossimità implica la diminuzione di posti di lavoro ma anche della base imponibile per il fisco. La perdita è stata calcolata nell’ordine di 5,2 miliardi di euro in tasse negli ultimi dieci anni, la chiusura di oltre 92 mila imprese, ha comportato la sottrazione alla comunità dei relativi tributi come Irpef, Tari, ecc.

Procedendo in questo modo sarà difficile prevedere uno sviluppo basato sul terziario e piccole imprese che andranno progressivamente sparendo, insieme alla sovranità commerciale.