Ordine, libertà e verità: la linea Piantedosi tra piazze in fermento e sfide globali

Il ministro dell’Interno respinge derive repressive: “Nessuna stretta sull’ordine pubblico. Le forze dell’ordine non vogliono entrare negli atenei”.

In un clima di crescente polarizzazione politica e sociale, tra proteste universitarie e allarmi sul terrorismo, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi si muove con passo misurato. Nessuna deriva securitaria, ma nemmeno sottovalutazione dei rischi. “Le regole dell’ordine pubblico non devono cambiare”, chiarisce in un’intervista concessa e riportata sul sito del Ministero dell’Interno. Una dichiarazione che suona come un messaggio distensivo, soprattutto se confrontato con le parole più dure pronunciate in questi giorni dalla ministra Anna Maria Bernini o dal presidente del Senato Ignazio La Russa. Il ministro rassicura che non c’è motivo per allarmarsi, ma sottolinea che occorre responsabilità. Anche e soprattutto da parte di chi scende in piazza.

Università e libertà di manifestare

Piantedosi riconosce il fermento che attraversa gli atenei italiani, ma lo legge come espressione fisiologica della vita democratica: «Le Università sono luoghi di pensiero critico e confronto». Invita però a vigilare affinché nessuna forza esterna possa strumentalizzare le proteste per innescare derive violente. Ferma la sua posizione su un punto: non sarà il Viminale a proporre una stretta normativa sulla gestione dell’ordine pubblico nei campus. Ed aggiunge quanto la libertà di manifestare sia intangibile. “La polizia interviene solo se costretta, per tutelare l’incolumità di persone o beni», precisa. Dunque, sembrerebbe che nelle intenzioni del ministro non vi sia nessuna volontà di criminalizzare le proteste studentesche, piuttosto un monito contro chi cerca di trasformare il dissenso in tensione permanente.

Israele e antisemitismo: “Non strumentalizzate il conflitto a Gaza”

Uno dei nodi centrali delle mobilitazioni universitarie è il boicottaggio delle collaborazioni accademiche con Israele. A tal proposito, il ministro la considera una battaglia ideologica sbagliata se non controproducente per chi afferma di volere la pace in Medio Oriente. L’allarme vero, a suo parere, è il ritorno dell’antisemitismo che si nasconde dietro forme ambigue di contestazione. Serve, una vigilanza culturale prima ancora che giudiziaria, per difendere il confine tra critica legittima e odio mascherato. Almeno questo traspare dalle sue parole.

Cortei, terrorismo e sicurezza senza allarmi, ma attenzione

Sullo sfondo resta la questione sicurezza. L’intelligence monitora la situazione, soprattutto dopo l’escalation mediorientale. Ma il ministro frena su ogni lettura che possa portare ad immaginare scenari catastrofici pur ammettendo le tensioni che persistono nel contesto internazionale. A suo dire serve senso civico e ricorda che l’ordine pubblico si garantisce con la responsabilità di chi manifesta. Quanto alla possibilità che si rivedano poliziotti all’interno delle università, assicura che le forze dell’ordine non hanno interesse ad entrare negli atenei. e che lo faranno o solo quando potrebbe esserci una minaccia concreta.

Pisa, Cutro e la gestione delle crisi

Interpellato sul caso Pisa, che ha suscitato la reazione critica anche del presidente Mattarella, il ministro lo liquida come episodio isolato ricordando che nel 2023 le manifestazioni sono aumentate del 40%, ma solo il 2% ha mostrato criticità. Questo dimostra la professionalità delle forze di polizia italiane.

Più delicata la questione Cutro. Una mail della Guardia Costiera avrebbe sollevato il sospetto di un livello politico nella gestione dei soccorsi. Piantedosi su questo punto diventa categorico evidenziando che le operazioni SAR (acronimo di Search and Rescue, cioè Ricerca e Soccorso) restano indipendenti da ogni indirizzo politico così come ha ribadito anche il ministro Ciriani in Aula nell’ambito della sua funzione di regista dei tempi e delle mediazioni politiche tra governo e Parlamento.

Le operazioni SAR in breve

Le operazioni SAR sono tutte quelle attività coordinate in mare (la forma più comune in Italia), in montagna, in zone impervie o isolate e in seguito a disastri naturali. Servono per individuare persone in pericolo, raggiungerle, salvarle e portarle in un luogo sicuro. Sono regolate da convenzioni internazionali, tra cui: Convenzione SOLAS (Safety of Life at Sea), la Convenzione SAR del 1979 e la Convenzione di Amburgo. L’Italia, come altri Paesi, ha una propria zona SAR di competenza, ma è obbligata a intervenire anche oltre, se riceve un’allerta e può agire più rapidamente di altri.

Le operazioni SAR diventano spesso oggetto di polemica perché si discute su chi debba coordinare il soccorso. Ci sono poi le accuse di alcuni governi che contestano alle ONG di favorire le partenze. Atri due elementi di criticità sono le diatribe su dove far sbarcare i naufraghi (il famoso “porto sicuro”) per non parlare delle tensioni tra il dovere umanitario e le politiche di contenimento dei flussi.

Immigrazione, Albania e Tunisia: la linea diplomatica

Sul fronte immigrazione, il ministro evidenzia segnali di miglioramento evidenziando quanto gli sbarchi siano in calo, frutto della collaborazione con i Paesi di partenza e transito. Sono di questi giorni gli incontri con i ministri di Algeria, Libia e Tunisia. Intanto, il progetto con l’Albania per l’apertura di centri d’accoglienza è ormai prossimo alla fase operativa: “non conta la data d’inizio, ma l’efficacia”. Esclude invece con fermezza la creazione di hotspot in Tunisia perché li considera inutili. E ricorda che in questo contesto come il ministero stia lavorando sulle procedure del rimpatrio volontario assistito.

Il ministro “tecnico” e la politica europea

Il ministro dichiara quanto sia infondata l’ipotesi di una sua candidatura alla presidenza della Regione Campania. Nel ribadire il suo ruolo tecnico ricorda di non essere mai stato iscritto a un partito senza con questo negare di avere ottimi rapporti di stima con Salvini, Meloni e Tajani. Il suo ruolo di servitore dello Stato non è in alcun modo in discussione.

(fonte Ministero dell’Interno)