A poche settimane dal voto, la scena politica campana sembra uno spettacolo di illusionismo. Scompaiono simboli, si moltiplicano i sorrisi, si cambiano casacche con una disinvoltura che lascia attoniti. Eppure, è proprio questa leggerezza che sta svuotando le urne. Non è disaffezione: è stanchezza. Perché votare, se non si capisce più chi rappresenta cosa? Nelle strade della provincia di Caserta, come in tutta la regione, i manifesti raccontano sempre la stessa storia: volti in posa, slogan generici, nessun programma chiaro. I simboli di partito spariscono (solo in pochi casi sono presenti) come se fossero diventati un imbarazzo, e restano solo i volti dei “trasversali”, pronti ad accomodarsi ovunque ci sia una poltrona libera. Così, chi ieri militava a sinistra oggi si ritrova serenamente a destra e viceversa senza una parola di spiegazione, senza dibattito, senza coerenza. Il messaggio che arriva ai cittadini è desolante: “votate me, perché potrei essere chiunque”. Nel frattempo, la Regione continua a spendere spesso più di quanto incassi accumulando un saldo negativo che sfiora centinaia di milioni. Ma nessuno, tra i candidati, sembra voler affrontare davvero il tema. Come vengono gestite le risorse pubbliche? Dove finiscono i fondi? Quali sono le vere priorità?
Domande semplici, ma scomode. E forse proprio per questo, restano senza risposta. Ecco, allora, su cosa i cittadini campani e in particolare i casertani meritano risposte concrete, non slogan. Aeroporto di Grazzanise: dopo anni di annunci e rinvii, si torna a parlare di un’apertura al traffico civile e cargo. Ma un decreto non basta: serve un piano operativo chiaro, infrastrutture di collegamento, un impatto ambientale trasparente e un progetto industriale credibile. Altrimenti, resterà l’ennesima promessa da campagna elettorale.
Nuovo Policlinico di Caserta: sono passati più di 20 anni dalla posa della prima pietra. Tra tagli di nastri e inaugurazioni parziali, la struttura è diventata un simbolo di occasioni mancate. Il nuovo ospedale e la piastra operatoria sono un’occasione storica per la sanità casertana ma solo se accompagnati da personale stabile, servizi efficienti e una gestione capace di fermare l’esodo sanitario verso Napoli e Roma. Le mura non bastano: la sanità è fatta di persone e competenze. Casello autostradale di Maddaloni e viabilità locale: ad ogni tornata elettorale torna puntuale la promessa, questa volta sarà la volta buona: “apriremo il casello” aspettiamo le elezioni regionali 2025 e il personaggio di turno per inaugurarlo. Nel frattempo, strade dissestate e trasporti carenti isolano i comuni interni, rendendo impossibile lavorare, studiare o anche solo spostarsi con dignità. Senza infrastrutture, nessun piano di sviluppo può essere credibile. Ambiente e sicurezza del territorio: rifiuti abbandonati, discariche dimenticate, allagamenti, frane, smog. Problemi storici, che si ripresentano ad ogni temporale o cambio di stagione. La Campania ha bisogno di una politica che non viva solo di emergenze, ma di pianificazione, prevenzione e manutenzione. L’ambiente non è una voce di bilancio: è la nostra casa. Digitalizzazione e sviluppo green: ci sono ancora intere aree senza fibra o rete mobile stabile. Nel 2025, è inaccettabile. L’innovazione non è un lusso per pochi, è una condizione per creare lavoro e sviluppo. Serve una vera strategia su energie rinnovabili, efficienza energetica, microreti locali e incentivi per le imprese green. Formazione, lavoro e Giovani: la Campania è la regione più giovane d’Italia, ma anche quella con il maggior numero di ragazzi che non studiano e non lavorano. Scuola, università e impresa devono parlarsi, costruendo percorsi formativi che rispecchino le realtà produttive locali — dall’agroindustria alla logistica, dall’artigianato alla tecnologia. Non bastano slogan sui “cervelli in fuga”: servono opportunità vere per restare. Legalità e trasparenza: Ogni promessa elettorale dovrebbe essere accompagnata da un piano di verifica pubblica: bilanci chiari, spese tracciabili, rendiconti semestrali.
Senza controllo, la parola “cambiamento” resta solo un ritornello buono per i comizi. Alla fine, la rivoluzione parte da chi vota. E allora, prima di mettere la croce sulla scheda, ogni cittadino dovrebbe chiedere ai candidati a cui darà il voto:
1. Qual è il mio bisogno concreto che intendi soddisfare nel mio territorio?
2. Con quali risorse regionali, statali o europee prevedi di farlo?
3. Come controllerai la qualità del tuo operato?
4. Perché dovrei fidarmi di te, e non di chi prima di te ha già promesso e fallito?
Se a queste domande non arrivano risposte, la colpa dell’astensionismo non è dei cittadini. È di una politica che ha smesso di parlare alle persone.
E allora sì, la gente non vota. Ma forse, semplicemente, non trova più nessuno per cui valga la pena farlo.