AVS: Bonelli e Fratoianni, quando il gatto e la volpe si interscambiano i ruoli

Da coalizione “alternativa” a laboratorio di compromessi: la sinistra riformista di AVS non rappresenta più chi lotta, ma solo chi cerca di restare a galla.

C’è qualcosa di quasi teatrale nella politica di oggi, e AVS,l’Alleanza Verdi e Sinistra, sembra la scena perfetta per questa commedia degli equivoci. Bonelli e Fratoianni, il gatto e la volpe della sinistra riformista, si muovono tra annunci, candidature e tatticismi con una disinvoltura che ormai non sorprende più nessuno. Solo che, col passare del tempo, non si capisce più chi dei due inganni l’altro, o se in fondo ingannino entrambi gli stessi elettori che ancora si ostinano a credere nella parola “sinistra”. La candidatura di Ciro Varriale, ex uomo del centrodestra, noto per le sue crociate contro i centri sociali, è il simbolo più chiaro di questa deriva. È una scelta che grida incoerenza, eppure è passata come se niente fosse. Nessuno ha battuto ciglio. Niente discussioni, niente indignazione, solo silenzio, come se fosse normale, persino logico, candidare chi fino a ieri era dall’altra parte della barricata. È il segno di un malessere profondo: la sinistra riformista, pur di restare in gioco, ha imparato ad assorbire tutto, a digerire qualsiasi contraddizione.

Essere “verdi”, oggi, è diventato un’etichetta che non spaventa più. È un brand, un colore che puoi indossare anche se non hai mai messo in discussione il sistema economico e sociale che distrugge il pianeta. Un’ecologia senza politica, buona per tutti, anche per chi di politico non ha più niente. E in questo clima di grande confusione, Bonelli e Fratoianni si alternano nei ruoli. A volte l’uno fa la volpe, scaltro e attento a preservare l’equilibrio con il PD; altre volte è l’altro a indossare i panni del gatto, che promette rivoluzioni e candidature simboliche, Lucano, Salis, Khalil, per poi ridurle a strumenti di consenso, a mosse di tattica più che di visione. È un gioco sottile, quasi ipnotico: mentre parlano di diritti e transizione ecologica, la vera preoccupazione è il prossimo seggio, la prossima alleanza utile, la prossima sopravvivenza. Intanto, fuori da quel teatrino, esiste ancora una sinistra radicale, non rappresentata nelle istituzioni, che continua a fare ciò che la politica ha smesso di fare: lottare. È nei collettivi, nei comitati ambientali, nei movimenti per la casa, nei centri sociali che resistono nonostante tutto. Lì la parola “sinistra” non è una formula da campagna elettorale, ma una pratica quotidiana, spesso invisibile. Ed è lì che si misura la distanza siderale tra chi ancora crede in un’idea di cambiamento e chi si è rassegnato a gestire il presente. Il paradosso è che AVS nasceva proprio per unire queste due anime, quella istituzionale e quella sociale ma ha finito per rappresentare solo la prima. La seconda è rimasta fuori, guardando con un misto di rabbia e rammarico a ciò che viene spacciato per alternativa. Così, la sinistra “verde” si ritrova prigioniera dei propri compromessi, mentre chi ancora si riconosce in un’idea più radicale e coerente viene lasciato ai margini, senza rappresentanza. Bonelli e Fratoianni, il gatto e la volpe, si alternano sul palco. A volte si fingono avversari, a volte alleati. Ma il copione è sempre lo stesso: far credere che qualcosa si muova, mentre tutto resta immobile. E intanto, il pubblico, quel poco che è rimasto, continua a sperare che prima o poi arrivi un colpo di scena.