di Marco Natale
Un nuovo dialogo apre il Vangelo di questa domenica. I protagonisti sono gli apostoli Giacomo e Giovanni insieme a Gesù. Essi gli rivolgono una richiesta ben precisa: «Maestro,vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo, concedici di sedere nella tua gloria». Una richiesta ardita. Il loro atteggiamento, in realtà, non è del tutto comprensibile. Non si sa se formulano questa richiesta per una pura ambizione umana o perché non vogliono allontanarsi dal loro Maestro. Fatto sta che essi non hanno recepito fino in fondo ciò che lo stesso Gesù aveva loro comunicato qualche tempo addietro, ossia che doveva soffrire molto ed essere ucciso. Il loro atteggiamento è “desolante”. Ambiscono a posti di potere. Forse sperano che saranno accontentati solo perché rientrano nel gruppo dei dodici. “Voi non sapete quello che mi sta chiedendo, gli risponde con una grande calma, Gesù. Si potrebbe arrabbiare e potrebbe sbottare. Invece no, il suo atteggiamento è quello di educare e correggere e per far ciò sa bene che non può perdere la pazienza altrimenti otterrebbe semplicemente un risultato contrario. Successivamente ritorna ad affrontare ancora una volta, anche se in maniera velata, il tema della sua passione. «Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?» Essi rispondono a questo interrogativo, senza riflettere sul significato profondo che conteneva, con un si. Probabilmente erano convinti che il calice al quale il Cristo faceva riferimento era quello umano e non il sangue che doveva versare per la loro e la nostra salvezza. Il testo poi prosegue facendoci notare la gelosia degli altri apostoli i quali si erano indignati per la richiesta di Giacomo e Giovanni. Per nessuno di loro era comprensibile il perché di questa richiesta formulata da parte di Giacomo e Giovanni. La interpretavano come una richiesta che voleva escluderli e sottovalutarli agli occhi del Cristo. A calmarli è ancora una volta il “Maestro” nel momento in cui invita tutti a non ragionare secondo le usanze degli uomini, ma secondo la volontà di Dio: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono». Con queste ultime parole egli li invita ad apprendere l’atteggiamento dell’umiltà. Il cristiano, ci sta dicendo, deve essere colui il quale deve diventare “schiavo di tutti”. Non significa che deve umiliare se stesso, ma deve comprendere che solo attraverso il raggiungimento dell’uguaglianza si potrà costruire un modo migliore.