Di Carmine Posillipo
Una boccata di cultura questa nella serata di venerdi 30 giugno, ha allietato i presenti nella sala consiliare del comune di Marcianise, per le conversazioni su Alessandro Manzoni, organizzate dalla proloco di Marcianise.
Dopo il saluto dei nuovi padroni di casa, il sindaco Antonio Trombetta, il Presidente del consiglio comunale Antimo Zarrillo e l’assessora alla cultura Elisabetta Froncillo, il relatore Mimmo Rosato, coadiuvato dal professore Tommaso Zarrillo, ha introdotto il professore Ciccio Piccolo, che ha delineato la biografia letteraria e di vita del Manzoni, descrivendone la vita e le opere, soffermandosi su quelle principali che hanno influenzato la cultura italiana.
Lo scrittore, Alessandro Francesco Tommaso Antonio Manzoni, questo il nome completo all’anagrafe, nasce a Milano il 7 marzo 1785 dove termina anche la sua esistenza il 22 maggio 1873. Nipote, da parte materna del giurista Cesare Beccaria, autore del celebre trattato, “Dei delitti e delle pene”, nonostante fosse ufficialmente figlio di Pietro Manzoni, probabile, che il vero padre sia tal Giovanni Verri, amante della madre.
La vita dello scrittore si sviluppa a cavallo tra due secoli e vive la contrapposizione dell’illuminismo, che sta lasciando il passo al romanticismo, le sue idee liberali lo avvicinano al giacobinismo esaltando la rivoluzione francese.
Mimmo Rosato da la parola a Tommaso Zarrillo, che inizia la sua esposizione con un piccolo ponte tra Marcianise e Manzoni, in quanto il nostro celebre concittadino Raffaele Musone per un amicizia con la poetessa teramana Giannina Milli, a sua volta vicina al Manzoni, fu probabilmente il primo divulgatore e sostenitore della più grande opera manzoniana, “i Promessi sposi” nelle nostre terre.
Secondo il Zarrillo, Manzoni era un mero sostenitore della verità storica e al contempo lo definisce un autore storicamente difficile da collocare, almeno nella sua epoca, dove di sicuro era un innovatore culturale rivoluzionario, sostenendo la formazione del lettore anziché l’intrattenimento.
Questo lo porta in qualche modo anche a fare se non retromarcia, una certa rivalutazione della sua opera più importante dal punto di vista storico-narrativo della vicenda. Anche Benedetto Croce definisce i promessi sposi una innovazione rivoluzionaria.
Il liberismo del Manzoni sfocia nell’avvicinamento alla religione, anche per effetto di una convinta devozione della moglie Enrichetta Blondel, da cui per certi versi dipendeva essendo Alessandro affetto da agorafobia quindi costantemente accompagnato nelle sue uscite. Fobia però sembra superata, per un tumulto improvviso, che lo avrebbe allontanato dalla moglie nel fuggi fuggi generale, alla festa di San Rocco. Avrebbe fatto voto di superare questo disagio se avesse prontamente ritrovato la moglie, cosa che avvenne prontamente.
La sua fede religiosa lo introdusse, ben presto alla convinzione del governo divino di ogni cosa e all’utilizzo specie nei promessi sposi del disegno continuo della Divina provvidenza, che animerà costantemente il suo romanzo, accompagnando le gesta di Renzo e Lucia lungo lo snodarsi degli eventi.
Durante la serata emerge un accostamento molto singolare tra il Manzoni e Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, in quanto il pittore era figlio di Fermo Merisi e Lucia Aratori, non a caso il primo titolo dei promessi sposi era esattamente fermo e Lucia. Ma ad avvicinare ancor di più il pittore allo scrittore è anche la visione chiaro scura degli eventi e la luce, che mette in risalto i particolari della narrazione così come dei dipinti.
Nella discussione, inoltre si evidenzia, come il Manzoni ritenga fondamentale il ruolo del popolo, in quanto depositario e desideroso di giustizia, che gli viene negata o assottigliata spesso, dalla demagogia della politica. Testimonianza del pensiero manzoniano ne sono i suoi personaggi, quali ad esempio, il cancelliere Ferrer, Don Abbondio nonché l’avvocato Azzecca-garbugli, che, anziché risolvere i problemi, li tamponano, li filtrano, come a preservare il potere dal fastidio del popolo, che chieda pane o giustizia.
Il tema predominante della conversazione è stato ovviamente anche la questione della lingua, che Manzoni nell’idea filologica vorrebbe unica e italiana, per preservare la nazione a fronte delle infiltrazioni e dominazioni straniere. Punta su una unità di lingua italiana, che seppur parlata è ancora molto distante dalla lingua scritta, che si sta avviando a diventare una lingua morta, ovviamente come il lettore sa, il suo soggiorno fiorentino dove va a sciacquare i panni nell’arno, influenzerà per sempre la nostra vulgata. In questo molto hanno fatto, gli scritti manzoniani, che hanno contribuito ad integrare la lingua scritta a quella parlata. Certamente la sua non fu una battaglia solitaria, anche se fu messo a capo di una commissione statale che contribuisse allo studio e al perfezionamento della lingua italiana, fu affiancato nel suo studio da linguisti del calibro di Graziadio Isaia Ascoli, Giacinto Carena, che compose un piccolo dizionario di italiano etc. La serata si ferma alle considerazioni conclusive, nella convinzione, che molti altri aspetti sarebbero da approfondire nelle opere del Manzoni, tra cui anche l’aspetto e la narrazione della condizione femminile ovviamente rapportata al contesto storico dell’epoca, nonché della forza di alcune protagoniste delle sue composizioni.
La serata si chiude, nella convinzione che abbia contribuito ad approfondire qualche tema inerente il vissuto manzoniano e nella certezza, che il suo spirito sia stato appagato dalla dissertazione.