La Bibbia al centro: riflessioni spirituali nella Domenica della Parola di Dio

Rubrica “Spiccioli di spiritualità” a cura di Michele Pugliese

Nella giornata dedicata alla celebrazione della parola il prof. Michele Pugliese, per la rubrica “Spiccioli di spiritualità” diretta dal prof. P. Vitale, ci parla della parola per eccellenza: la Bibbia
“In principio Dio creò il cielo e la terra… Dio disse sia la luce! E la luce fu”. E poi Dio “disse” per altre sei volte e in questo modo creò tutto il resto, in ultimo l’uomo. Chi non ha mai letto il bellissimo incipit della Bibbia, pura poesia. Il libro è quello della Genesi, come lo chiamano i cristiani, ma restiamo un po’ sorpresi dal fatto che Dio crea le cose non con un atto magico, ma con la Parola, una parola creatrice, che in ebraico è detta Dabar (si pronuncia Davar). Al di là della non-storicità del fatto, su cui non ci soffermiamo per la complessità dell’argomento, ma che magari riprenderemo in un prossimo articolo, dal punto di vista esegetico riscontriamo che questo termine ebraico – Dabar – che noi traduciamo con “parola”, significa anche “fatto”, oltre ad altri significati collaterali, come “cosa, oggetto, evento, comandamento, rivelazione”.
L’uso di questa parola nella Bibbia è impressionante: il sostantivo ritorna nel Primo Testamento 1.440 volte, mentre il verbo relativo 1.125 volte. In tutta la Bibbia la parola detta è considerata efficace e non può essere ritirata o cancellata perché crea, genera, produce effetti. Si ricordi, ad esempio, il caso clamoroso del vecchio Isacco che, dopo aver benedetto il figlio Giacobbe, in pratica assegnandogli l’eredità della primogenitura a cui non aveva diritto, non può più correggere il suo “detto” in favore del vero destinatario, Esaù (Genesi 27). La “dabar” fu rivolta anche ad Abramo nel suo costante colloquio con Dio. Il re Salomone dichiara solennemente: “Il Signore ha attuato la parola (dabar) che aveva detto (dabar): sono succeduto infatti a Davide, mio padre, e siedo sul trono d’Israele» (1 Re 8,20).
Dio dunque dice e realizza: stupendo è, al riguardo, l’oracolo divino presente nel libro del profeta Isaia: “Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, così sarà della mia parola (dabar) uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza avere operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Isaia 55,10-11).
Ma la parola fu effusa anche nel deserto del Sinai quando il Signore ordinò a Mosè: “Scrivi queste parole (dabar), perché sulla base di queste parole (dabar) io ho stabilito un’alleanza con te e con Israele» (Esodo 34,27). In questo modo fu data al popolo una Legge che noi erroneamente chiamiamo “Dieci comandamenti”, ma a volte più opportunamente, dal greco, “Decalogo” (le dieci parole) evidenziando in questo modo non il carattere legalistico delle parole ma la loro forza creatrice capace di cambiare l’animo umano.
Nel Nuovo testamento poi il Vangelo di Giovanni si apre con lo stupendo inno in cui Cristo viene definito “la Parola, il Verbo” per eccellenza, per indicare che Egli ha in sé tutta la potenza divina, ma è anche realtà umana: “In principio era il Verbo (in greco Lógos) e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio… Tutto è stato fatto per mezzo di lui… In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini… E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Giovanni 1,1-14) e – aggiunge poi l’evangelista – ogni cosa è stata fatta per mezzo della Parola.
Oggi 26 gennaio la Chiesa celebra la “Domenica della Parola di Dio”, giornata istituita da Papa Francesco il 30 settembre 2019 per ricordare l’importanza delle Sacre Scritture nella vita dei cristiani. Il motto di questa edizione è ripreso dai Salmi: “Spero nella Tua parola”. La speranza è anche il tema del Giubileo di quest’anno. La ricorrenza è meritevole perché pone l’accento su un aspetto troppo spesso trascurato da parte di molti cristiani: la lettura, lo studio, la meditazione della Parola-Dabar-Bibbia. Questa è la fonte della nostra fede in Gesù Cristo e, se non la conosciamo, come facciamo a credere e a mettere in pratica il suo messaggio? È auspicabile che la giornata non sia solo una ricorrenza annuale, ma la spinta per un fecondo approfondimento della Parola per tutto l’anno, per tutti gli anni, per tutta la vita. Solo abbeverandoci alle fonti della Sacra Scrittura potremmo essere cristiani autentici e credibili. Del resto San Girolamo, già nel IV secolo, ammoniva coloro ai quali tradusse la Bibbia nella lingua del suo tempo che “L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”, orientandoli verso ciò che dà origine e senso a tutte le cose, piccole o grandi che siano: la Parola-Dabar del nostro Dio.