“Gli uomini non ne sapranno niente”: dalla pagina alla scena, il coraggio di riscrivere la storia

Nel cuore del Teatro De Filippo di Arzano è andata in scena un’opera che non è soltanto teatro, ma risveglio collettivo. “Gli uomini non ne sapranno niente”, commedia di Fiore Marro, ha trovato nuova vita grazie all’adattamento teatrale firmato dallo sceneggiatore Luigi Errichiello e alla regia di Marialuisa Ambrosino.

Il lavoro di Marro, traslato nella rappresentazione della regista Ambrosino e dello sceneggiatore Errichiello, ha trovato la sua migliore rivisitazione in tre serate presso il  teatro De Filippo di Arzano. È un progetto ambizioso e riuscito con lo scopo  di unire verità storica e potenza scenica, memoria identitaria e ricerca drammaturgica. Il tutto in un percorso capace di restituire dignità a una pagina spesso rimossa della storia del Sud Italia: il brigantaggio postunitario.

Un testo che è già teatro

L’opera originaria di Fiore Marro è un affresco potente e popolare, ambientato tra sogno e realtà. Due cugini, Nino e Sabatino Lepore, si ritrovano improvvisamente nel 1862 a Tufo in provincia di Avellino, nel pieno delle tensioni che seguirono l’Unità d’Italia. L’epoca, vissuta attraverso i loro occhi moderni, si rivela tutt’altro che gloriosa: è un’Italia spaccata, afflitta da repressioni, saccheggi, imposizioni fiscali, dove la “liberazione” assunse presto i contorni di una conquista violenta.

Marro ha realizzato un testo che alterna la leggerezza della farsa al dramma storico, senza mai perdere autenticità. La lingua è un miscuglio sapiente di dialetto napoletano e italiano, e i personaggi – come il brigante Cosimo Giordano, Michelina De Cesare, Donna Celeste – non sono stereotipi, ma simboli vivi di un’identità ferita. La verità rivelata nel secondo atto – quel sogno era realtà – scuote le coscienze. Le parole finali dei protagonisti risuonano come un atto d’accusa contro una storia ufficiale che ha raccontato solo una parte: “abbiamo sempre creduto che voi eravate i buoni e i briganti i cattivi”.

L’adattamento di Luigi Errichiello: tra rigore e passione

Il passaggio dalla pagina al palcoscenico ha richiesto sensibilità e coraggio. A spiegarlo è Luigi Errichiello, sceneggiatore e co-protagonista del progetto. «La nostra compagnia è attiva da trent’anni – racconta – con una vocazione comica di matrice napoletana, influenzata da Eduardo e da Viviani. A un certo punto abbiamo sentito l’urgenza di cambiare, di cercare un teatro di ricerca. L’opera di Marro ci ha colpiti subito, l’abbiamo trovata in rete ed è stato amore a prima lettura».

La sfida più grande è stata quella scenografica e strutturale: «Alcuni passaggi del testo non erano facilmente adattabili – continua Errichiello – ma l’entusiasmo dell’autore ci ha dato la spinta per superare ogni ostacolo. Abbiamo completato l’allestimento con parti musicali originali e curato ogni dettaglio, nonostante le difficoltà logistiche di una compagnia amatoriale».

Tre mesi di intense prove, selezione degli attori, adattamenti e studio dei personaggi hanno portato a un risultato sorprendente, accolto con calore sin dai primi minuti: «Dopo cinque minuti era già partito un applauso spontaneo. Il pubblico ha colto la qualità del nostro lavoro e il valore del messaggio, un racconto diverso, più vero, del nostro passato».

Un progetto in viaggio: la memoria che cammina

Il successo ottenuto ha aperto nuove prospettive. «Abbiamo già ricevuto richieste per portare lo spettacolo in altre città campane – rivela lo sceneggiatore Errichiello – e c’è un’idea, ancora in fase iniziale, di replicarlo a Caserta, proprio insieme a Fiore Marro». Ma l’obiettivo più alto è quello educativo: “Vogliamo entrare nelle scuole. Crediamo che questa rappresentazione possa aiutare i ragazzi a farsi un’idea più critica e completa del Risorgimento e del periodo che lo precedette”.

Il valore del collettivo

Dietro questo successo c’è un gruppo coeso e appassionato. Luigi Errichiello tiene a menzionare tutti coloro che hanno contribuito: Luigi Russo, Aldo Paolone e Luigi Errichiello. Poi, Federica di Girolamo, Luigi Paolone, Pasquale Silvestro, Onorina Piscopo e Gianna La Greca. E ancora Daniela Molero, Pietro Salamandra, Maurizio Tamburell, Marilena Vitagliano e Maria Luisa Ambrosino. Ricorda anche la partecipazione di Claudia Fedele, di Annamaria De Mare, di Tiziano Marino e  Francesca Bandiera. Senza dimenticare Silvia Mauro, Antonio Errichiello, Alessandro Iacono, Salvatore, Sabato De Rosa e Salvatore Caiazza.

L’essenza del lavoro teatrale

“Gli uomini non ne sapranno niente” è molto più di una commedia: è una dichiarazione d’intenti. Essa, attraverso la forza del teatro di Ambrosino e di Errichiello è riuscita a colmare un vuoto di memoria e restituire voce a chi l’ha persa nei meandri della retorica unitaria. È uno spettacolo che unisce passato e presente, cultura ed emozione, ricerca storica e denuncia civile. E se è vero, come diceva Eduardo, che “il teatro non è altro che il disperato sforzo dell’uomo di dare un senso alla vita”, allora questo lavoro ci è riuscito pienamente.