La riforma della giustizia torna al centro del dibattito politico con la proposta di separare le carriere tra giudici e pubblici ministeri. Un cambiamento profondo che riguarda l’assetto stesso della magistratura e che, se approvato in via definitiva modificherebbe meccanismi di accesso, poteri, controlli e garanzie.
Un’unica scelta fin dall’inizio
Ma cosa prevede questa riforma e perché suscita così tante reazioni nel mondo giuridico?
Attualmente, chi supera il concorso in magistratura accede a un’unica carriera e può, nel tempo, passare da giudice a pubblico ministero o viceversa. La legge limita questi passaggi a una sola volta ogni nove anni e con trasferimento obbligatorio in un’altra sede.
Con la riforma, invece, il candidato dovrà scegliere fin da subito se intraprendere la carriera di giudice o quella di pubblico ministero. La scelta sarà vincolante per tutta la vita professionale, eliminando del tutto i cosiddetti passaggi tra funzioni.
L’obiettivo dichiarato è quello di specializzare i ruoli e rafforzare l’autonomia funzionale, separando nettamente chi giudica da chi esercita l’azione penale.
Due Consigli Superiori separati
Oggi esiste un solo Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), l’organo di autogoverno che vigila su tutta la magistratura, senza distinzione tra giudicanti e requirenti.
La riforma propone nella sostanza la creazione di due CSM distinti: uno per i giudici, l’altro per i pubblici ministeri. Ogni consiglio avrà autonomia organizzativa e sarà responsabile della selezione, valutazione e carriera dei propri membri. Per volere di correttezza di chi scrive, si evidenzia che questo aspetto non è ancora del tutto chiaro.
La scelta portata avanti dall’attuale esecutivo, risponde alla logica della separazione, ma implica anche una ridefinizione degli equilibri istituzionali tra le diverse funzioni giudiziarie. E da qui iniziano le discussioni che oramai da anni generano polemiche sulla questione e prese di posizioni, spesso rigide, tra politica e magistratura.
Nasce l’Alta Corte Disciplinare
Il progetto prevede l’istituzione di una nuova Alta Corte Disciplinare, che sostituirà la sezione disciplinare dell’attuale CSM. Non sono ancora noti i dettagli, ma questa corte dovrebbe avere una composizione innovativa con membri designati secondo criteri che mirano a rafforzare l’indipendenza e l’imparzialità del giudizio disciplinare. La finalità è evitare che le sanzioni ai magistrati possano essere gestite da organismi potenzialmente influenzati da logiche interne o da rapporti di colleganza. Staremo a vedere se in futuro avverrà effettivamente così.
Sorteggio contro le correnti
Un’altra novità riguarda il metodo di selezione dei consiglieri togati. Oggi sono eletti direttamente dai magistrati, ma la riforma introduce un sistema misto, che affianca all’elezione una quota di sorteggiati tra candidati idonei. L’obiettivo auspicato è quello di ridurre il peso delle correnti interne alla magistratura e contrastare fenomeni di favoritismo e autoreferenzialità. Secondo i promotori della riforma, il sorteggio aumenterebbe l’imparzialità e la rappresentatività degli organi di autogoverno.
Le riserve della magistratura
La proposta del sorteggio ha suscitato preoccupazione tra molti magistrati, in particolare all’interno dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), che teme un indebolimento dell’indipendenza della magistratura.
Uno dei timori principali riguarda la frammentazione culturale: oggi giudici e PM condividono un’identità professionale comune, basata sulla stessa formazione, sugli stessi valori e su una visione unitaria della giurisdizione. Separare rigidamente le carriere, a loro dire, potrebbe minare questo patrimonio condiviso.
Ma c’è di più. Una parte del dibattito ruota attorno al rischio che il pubblico ministero, una volta separato dai giudici, diventi più facilmente assoggettabile al potere esecutivo.
Sebbene non espressamente previsto nella riforma, alcuni temono che in futuro il PM possa essere reso gerarchicamente dipendente dal Ministero della Giustizia o dell’Interno, come avviene in altri ordinamenti europei.
Il cortocircuito con il principio di autonomia e indipendenza
Una simile evoluzione comporterebbe una rottura con il principio costituzionale di autonomia e indipendenza della magistratura, con il pericolo di un’influenza politica sulle indagini.
Anche il meccanismo del sorteggio divide la categoria: se da un lato può ridurre le dinamiche correntizie, dall’altro rischia di indebolire la selezione per merito, mettendo in discussione la qualità della rappresentanza all’interno degli organi di autogoverno.
Come funziona la magistratura negli altri Paesi europei
Il tema della separazione delle carriere è affrontato in modi diversi nei vari ordinamenti europei.
In Francia, ad esempio, le carriere sono separate fin dal concorso con il pubblico ministero formalmente dipendente dal Ministero della Giustizia, anche se non riceve ordini su singoli casi.
Il pubblico ministero in Germania, invece, fa parte del potere esecutivo ed è sottoposto gerarchicamente al Ministro della Giustizia; i giudici sono indipendenti. Altra differenza in Spagna dove il PM è autonomo, ma diretto da un procuratore generale nominato dal Governo, con obbligo di riferire al Parlamento.
Un nodo politico e istituzionale
La riforma della giustizia, e in particolare la separazione delle carriere, non è solo una questione tecnica, ma coinvolge il delicato bilanciamento tra poteri dello Stato. Le opinioni sono divise, anche al di là delle appartenenze politiche. C’è chi la vede come un passo necessario per rafforzare terzietà, trasparenza e specializzazione, e chi invece teme che si tratti di un disegno politico per controllare l’azione penale, riducendo in tal modo la capacità della magistratura di agire in piena libertà.
In un Paese come lItalia dove la giustizia ha spesso un ruolo centrale nel dibattito pubblico e nelle vicende politiche, ogni intervento su questi temi richiede attenzione, competenza e consapevolezza. Perché la giustizia, come la democrazia, si protegge anche con l’informazione e la conoscenza.