Ad esser sinceri avrebbe dovuto essere un articolo leggermente differente ma poi, dopo un interessante confronto con Valerio Moggia il taglio è leggermente cambiato. Beninteso il cuore dell’argomento ed il risultato finale sono gli stessi: avanzare una critica riflessiva su Diego.
Mi ci è voluto un bel po’ per trovare la giusta ispirazione per provare ad argomentare la presente critica perché non è semplice farlo e quando lo si fa si vien subito tacciati – a torto – di lesa maestà (ma tant’è…). Ad ogni modo dopo aver raccolto alcune informazioni si può tranquillamente affermare che sì, criticare Maradona si può. Ma prima di giungere a conclusioni affrettate è consigliato al lettore di leggere fino in fondo.
Innanzitutto è bene specificare subito che non si vuol criticare il calciatore, D10S: quello è davvero inarrivabile per tecnica, leadership, personalità e altro ancora. Né tantomeno si intende criticare l’uomo Diego in sé con tutte le sue fragilità, anche perché tutti ne abbiamo. Quindi ci ritroviamo nuovamente all’assunto cristiano di non poter scagliare la prima pietra perché nessuno di noi è senza peccato!
Allora di che cosa parliamo? Andiamo con ordine.
La riflessione nasce dopo aver ascoltato l’interessante podcast “Pallonate in faccia” del già citato Valerio Moggia. Va anticipato che il podcast in questione analizza il mondo del calcio relazionandolo con gli aspetti socio-politico-culturali, il che lo rende unico nel suo genere.
L’episodio incriminato è il numero 106 dal titolo eloquente “Maradona”.
Nell’episodio si affrontano i diversi aspetti della persona di Diego da quelli più conosciuti e citati, come la sua bravura nel rettangolo di gioco con un rapido passaggio sulla vita privata ed i vizi, ed aspetti che spesso sono passati in secondo piano ovvero la figura politica di Maradona.
Invero quando si accosta Diego alla parola “politica” il pensiero non può che andare al gol di mano contro l’Inghilterra a Messico 86 inteso come risposta calcistico-politica alla crisi politico-militare delle Malvinas, alle critiche mosse negli anni contro la FIFA di Blatter, all’amicizia con Chavez o, ancora, al viso di Ernesto Che Guevara tatuato sul suo braccio, giusto per fare qualche esempio.
Dunque stando a tutto ciò si è sempre stati portati ad inquadrare Maradona come una persona di sinistra, alcuni dicono addirittura comunista immaginandolo talvolta quasi come uno pseudo leader-politico di sinistra.
Tutto ciò è chiaramente un bias cognitivo, ovvero un errato luogo comune creato dal nostro cervello: Maradona non può essere assolutamente dipinto come un leader di sinistra fuori dal rettangolo di gioco.
Non basta infatti il tatuaggio del Che o l’amicizia con Castro o la critica al regime USA per poter essere definiti di sinistra e troppo poche restano le critiche mosse contro il regime militare che comandava in Argentina nel 1978 (l’anno del primo mondiale vinto dalla Selecciòn Argentina) o, contro il regime cileno di Pinochet (1973-1990); ancora, non molte le parole spese in favore dell’associazione delle Madri di Plaza de Mayo, le madri dei desaparecidos.
E che dire delle critiche mosse al regime degli EAU che l’ospitarono come allenatore di calcio nell’ultimo strascico della sua tormentata vita? Quelle non pervenute assolutamente.
Sorvoliamo infine su alcune altre amicizie/simpatie.
Quindi tutto (ed il suo contrario) si può raccontare di Maradona, come sempre accade per personaggi come lui ma non che fosse un simbolo di lotta di sinistra, magari con un tocco terzomondista. A lui forse non ha mai interessato questo aspetto della vita.
Parliamoci chiaro, l’uomo Diego non è l’uomo Socrates: Socrates proveniva da una famiglia più benestante, aveva conseguito la laurea in medicina, leggeva Platone e studiava Gramsci (uno dei motivi per cui venne in Italia, l’altro motivo era la dittatura brasiliana). Al Corinthias fu uno degli artefici della cosiddetta Democrazia Corinthiana (episodio 96 del podcast Pallonate in faccia) ed aveva più volte criticato il regime dittatoriale brasiliano. Socrates presentava pertanto un background molto più strutturato di Diego.
Diego è stato piuttosto sempre strumentalizzato da tutti, vittima talvolta anche di se stesso.
Ha sicuramente avuto delle fragilità (come tutti quanti noi), è stato vittima di alcune ingenuità che ha subito passivamente e non ha mai avuto la forza per poterle affrontare veramente.
Questa sua debolezza nasce ovviamente dal suo retroterra culturale (background per chi ama gli inglesismi) di provenienza: un contesto culturale molto povero con una famiglia molto numerosa ed umile che sopravvive e con una scuola abbandonata molto presto per inseguire un sogno.
Non meraviglia quindi che la persona di Diego non avesse la preparazione adatta, gli strumenti culturali, per poter approfondire alcune tematiche (che oggi gli vengono appiccicati addosso) e per fronteggiare determinate situazioni.
Tutto ciò dunque conferma l’assunto che un background forte è sicuramente di stimolo e di aiuto per raggiungere certi risultati nella vita.
Ovviamente la critica/riflessione su Diego non si indirizza direttamente a lui, che purtroppo è anche impossibilitato a replicare, e neppure è rivolta alle sue personali preferenze ideologiche, politiche e di voto che restano personali ma si rivolge all’immagine che di lui ci siamo fatti negli anni, anche con la complicità dei media che sono stati sempre pronti a stuzzicarlo e a registrarne le reazioni e le emozioni.
Quindi volendo parafrasare Stefano Massini: io non critico Maradona in sé, critico il Maradona (l’idea) in me!