I numeri non lasciano scampo: solo quest’estate, secondo uno studio di due istituti di Londra, oltre 16.500 persone sono morte in Europa a causa del caldo estremo. Milano è la città più colpita con più di 1.100 decessi, seguita da Roma con 835 e Napoli con 579. L’Italia, con 4.597 vittime complessive, si conferma il Paese europeo più esposto agli effetti letali del cambiamento climatico.
Una crisi sanitaria e sociale che chiede risposte
La maggior parte dei decessi è avvenuta in case e ospedali, a dimostrazione di quanto il sistema sanitario e le reti sociali non siano preparati ad affrontare emergenze climatiche di questa portata. Definire le ondate di calore “killer silenziosi” non è solo un’immagine scientifica, ma la fotografia di una fragilità collettiva che richiede interventi strutturali immediati.
Italia, capitale europea della vulnerabilità
Il nostro Paese guida la classifica negativa per numeri assoluti. Mentre a livello internazionale si discute di transizione energetica, le città italiane restano invece intrappolate in modelli di sviluppo inadeguati. Gli spazi verdi sono scarsi, l’edilizia è oramai obsoleta, con una dipendenza dai combustibili fossili che non accenna a diminuire a discapito delle energie rinnovabili.
Le responsabilità della politica
Il ritardo della politica equivale a corresponsabilità fino a quando le estati, sempre più calde, aumenteranno i disagi e i decessi. Non basta, dunque, invocare piani climatici sulla carta: servono azioni concrete, risorse certe e una visione di lungo periodo che oggi appare ancora debole.
Un bivio inevitabile
L’allarme lanciato dallo studio non è una previsione, ma un dato di fatto. Continuare a ignorarlo significa accettare che migliaia di morti diventino una normalità estiva. L’Italia non può essere ricordata come simbolo della vulnerabilità europea: deve diventare laboratorio di resilienza, innovazione e giustizia climatica. La scelta, oggi, è per la maggior parte politica.